…E non c’è più religione…

Lunga e felice vita: è il sincero augurio degli italiani ‘perbene’ al Presidente della Repubblica. Mattarella ha esemplificato la laboriosa, impeccabile interpretazione del ruolo, così come l’ha disegnato la Costituzione e forse anche meglio, protagonista di saggezza nell’esserci quando lo ha richiesto l’attributo di autorevolezza e sempre garante dell’imparzialità, della gestione con saggio equilibrio. Nelle more di un difficile ritorno alla normalità post pandemia è in primo piano la scelta della Fiat di esibire il gioiello di famiglia, epigono a dimensione avveniristica del mito 500 a trazione elettrica. Il presidente ha risposto all’invito di rendere evidente l’intraprendenza della produzione italiana con la sua prestigiosa presenza alla presentazione. Niente da dire, in chiave istituzionale e invece un commento critico, quanto rispettoso di altro genere: a Mattarella non fa certo difetto l’accesso all’informazione e dunque non poteva non essere edotto del prestito di 6 miliardi e trecento milioni di euro concesso dal governo alla Fabbrica Italiana Automobili Torino in cambio di niente, ovvero mantenendo la sede legale e fiscale oltre i confini del Paese, dunque fregandosene della richiesta di ri-italianizzare il gruppo. E c’è un peggio. All’indomani del via libera all’imponente iniezione finanziaria, arriva l’annuncio Fca di saracinesche di unità produttive del Paese da abbassare a breve. Ecco, in questa circostanza, il Presidente avrebbe forse potuto rifiutare la promozione della nuova ‘500’ elettrica, e optare per la ‘distanza istituzionale’ dall’affare ordito dalla ‘Fiat Chrysler Automobiles’. Assordante il silenzio di governo e opposizione sullo ‘sgarbo all’Italia.
Non è il pensiero dell’anonimo ambasciatore di un accomodante ‘volemose bene’ pronunciato da un quadro di partito periferico, ininfluente: a gettare questo pesante sasso nello stagno della calma piatta in cui nuota la sinistra, è ‘nientedimenoche’ il numero due del Pd Andrea Orlando. Il tempismo della dichiarazione sfiora la perfezione e coincide con tre o quattro eventi quasi in contemporanea di Casa Berlusconi. In ordine cronologico: le invettive parlamentari dei forzitalioti, talvolta ai limiti della querela, rivolte con toni da guerriglia ai banchi del governo di cui i dem sono soci al 50%; la sbandierata compattezza della destra, a cui certo non si sottrae la compagine di Tajani (“mai col Pd”) e il cheek to cheek di piazza Salvini-Meloni-Berlusconi. Dice Orlando che “Su temi fondamentali il dialogo con Forza Italia va coltivato (!) con attenzione. Stiamo progettando i prossimi decenni (accidenti, che lungimiranza!) elL’unità delle forze che si riconoscono nella prospettiva europea è un valore”. La serenata al balcone della ex villa di Zeffirelli, nuova sede romana del berlusconismo, avvien in perfetta sintonia con la rabbiosa vendetta dei sudditi del pluri-indagato e condannato uomo di Arcore, che addebitano alla sinistra il ‘complotto’ della sentenza Mediaset, che le sconclusionate indiscrezioni di un magistrato, tra l’altro morto da tempo, metterebbero in discussione.
L’ammucchiata che Orlando pronostica con dovizia di elucubrazioni ‘associative’ collaterali, racconta quanto poco nel Pd c’è di residuale della sinistra, che non a caso hanno generato il liberal-moderatismo di Italia Viva. A chiarire i lati oscuri dell’azzardo proposto da Orlando, ma che si suppone condiviso da Zingaretti, arriva lo ‘sdegnato’ responso di Tajani al raduno destrorso di Piazza del Popolo: “Mai col Pd”.
Niente di personale con il calcio, o meglio, sconcerto per quanto c’è di iperbolico nella dimensione finanziaria, pubblicistica e perciò ipnotizzante nello scenario del ‘gioco più popolare del mondo’: smarrimento per l’enfasi adottata dai media nell’informare i fruitori, non solo gli appassionati in stato di dipendenza patologica, dell’ ‘evento  cosmico’ che Lionel Messi, fenomeno della pedata, ha involontariamente divulgato  e reso pubblico sull’amletico dubbio “resto o non resto” in forza al Barcellona. Pagine e titoloni di quotidiani non solo sportivi? Passi, il tipo di gossip calcistico rende in vendita di copie, ma lo storico Tg1 no. Oltre all’esagerata ospitalità di Salvini e soci della destra, ieri sera nei titoli dell’edizione ore 20, ha sacrificato ogni altra priorità per far posto allo ‘scoop’ sulle incertezze del ‘pallone d’oro’. Mamma mia, che impressione, il buon giornalismo dov’è finito?

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