Iesce sole, nun te fa cchiù suspirà” (Esci sole…)

L’isolamento-quarantena da coronavirus si sopporta anche con la lettura. La nota di oggi 2 Aprile coincide con il ‘Racconto della domenica’ (del prossimo 5 Aprile) che pubblico su ‘La Voce delle Voci’, erede on line della storica Voce della Campania’
Il sole è uguale a se stesso, da sempre, eppure diversissimo se attraversa l’atmosfera che lo accoglie. Muta in spessore, trasparenza, nebulosità, se offesa da smog, se sovrasta nord o sud, ovest o est della sfera che abitiamo per sua benevolenza. Ma quanta influenza generano i raggi se cadono da zenit o da nadir, se ‘piovono’ all’equatore o sulle calotte artiche, su boschi o steppe, deserti, isole, monti e pianori, tetti di paglia e coperture in cemento, se investono di energia erba, piante, alberi, o uccidono bruciando zolle di terre brulle per millenni di siccità: quanta?. Il sole compete con i veleni del nostro respiro. Catturato da speciali pannelli, restituisce carburante ‘pulito’ per alimentare la tecnologia del presente e del futuro. Chi può permetterselo insegue le stagioni del sole nei cinque continenti.  Emigra l’astro dove riscalda un frammento del pianeta e mette in stand by, a turno, i luoghi stagionali del freddo.
Il sole mi sta addosso come un plaid di cachemire. Alle dieci di  questo mattino d’Aprile mi parla di primavera, di opportunità bio-sanificanti. Vero e quanto vero, che sia antagonista planetario della pandemia coronovirale? Sì, no, ni, forse.  Comunque, male non fa, e pazienza se per sentirlo sulla pelle rischio il rituale, fastidioso incontro con l’agente allergeno, infestante, della parietaria, che va aggredendo il mio campionario di rose, gerani, spine di Cristo, bouganville. Dall’impianto stereo ‘Iesce sole’ e oltreapassa il vano della finestra spalancata. A volume massimo il canto si fonde con le note di ‘Volare’, ‘Bella ciao’, ‘Il cielo è sempre più blu’, l’inno di Mameli, che all’ora ics invadono strade e piazze tinte di tricolore. ‘Iesce sole, nun te fa’ cchiù suspirà’: Napoli si connette così al pensiero positivo dell’Italia offesa dall’epidemia, con la prima canzone scritta nella lingua di Eduardo, Viviani, Scarpetta, filastrocca datata 1200, testo attribuito a Federico II.
Grazie sole: di questo due Aprile fai un giorno normale, un Paese normale, silente come ovattato, intimista, abitato da parole inconsuete: altruismo, solidarietà, pietas, eroismo, tenacia, perfino ottimismo.
Milos, fratello più che amico, regista televisivo croato, compagno prezioso di un mini docufilm che ho girato sul conflitto fratricida serbo-dalmata, da inviato nella terra belligerante del post Tito. Senza la sua guida cosa avrei filmato? “Milos, ti chiamo da Napoli, come puoi intuire per sapere che stai bene, se il virus finora ha risparmiato Spalato, la tua fantastica città”. È  tutto ok per Milos.
“Bruno, finito il lavoro di editing del tuo ultimo libro? Sì? Bene, Spero di leggerlo presto”
“Antonella,  sardine in quarantena?”
“Claudio ho letto ‘Fascismo, antifascismo e continuità dello Stato’, storia del generale Mario Roatta, di Davide Conti, saggio edito dall’Associazione Nazionale Perseguitati Politici Italiani Antifascisti. Mi  piacerebbe se diventasse un testo adottato dalle scuole”
“Marta, pazienza. La quarantena finirà. Ascolta i cd che ti ho donato prima del Covid-19 e specialmente ‘The Koln Konzert di Keith Jarret. Esplora il canale Ski Arte, mantieni la forma con gli esercizi del metodo ‘Pilates’”
Colleziono risposte al “Come va?” di Diego, Mauro, Roberto, Liliana, Tonino, Maria Pia, Patricia da New York. “Io? Sì, anch’io bene”
Bene? Ma sì. Scrivo, disegno, dormo quanto basta, tiro via dagli scaffali bellissimi libri d’arte, di eccelsi pittori d’ogni epoca e cataloghi di artisti napoletani, la monumentale Storia Fotografica di Napoli edita da Intra Moenia, i corsivi di Fortebraccio pubblicati da l’Unità, raccolti in una serie di ‘tascabili’. Ascolto la musica popolare e impegnata degli ‘Zezi’, impegno i venti minuti dopo il primo caffè di giornata per i miei imprescindibili esercizi di  ginnastica, dò un’occhiata a la Repubblica, ma oltre le pagine del tormentone ‘coronavirus’, quindi agli interni,al comparto ‘Arte’, al corsivo quotidiano di  Michele Serra, alla cronaca di Napoli.
Il vento. Oggi è brezza sostenuta, propaggine dell’impeto freddo che ha scavalcato la diga delle Alpi e viene giù a contrastare l’ottimismo per il caldo in fieri che potrebbe infastidire la pandemia e chissà, spegnerla. L’aria muove le foglie lanciformi dell’ulivo che cresce rigoglioso  nel mega vaso di terracotta in un angolo dell’ampio terrazzino curato dal mio pollice verde. Poche foglie, ingiallite dall’inverno, volano, la vite americana si sveglia dal sonno della stagione ‘morta’ e chiede nutrimento per i primi segni di rinascita. L’alimento con la polvere di caffè delle cialde sfruttate, che nonna Angela Ha usato come fertilizzante. Una piccola colonia di gabbiani,  emigrata fin quassù a caccia di prede, insidia colombi e merli e  spaventa con il verso gutturale del suo linguaggio aggressivo.
È tempo di mandar via il mix di ansia, timori a tratti di angoscia indotto dalla tragica lotteria di contagi, deceduti e guariti dal Covid-19, che satura  l’arcipelago mediatico di news, vere, false, in antitesi o concordanti sullo status del virus. Ma come?
Provo a selezionare, dall’intrigo di gangli che affollano l’emisfero destro, il nucleo che ha collezionato alla rinfusa milioni di flash, frammenti di vita fin dove riesce a risalire la memoria. Uno dopo l’altro, tassello dopo tassello, opero l’oscuramento di quanto percepito dal momento del primo allarme coronavirus e li sostituisco con i mille ricordi rasserenanti che vivono dormienti nelle profondità della coscienza: affetti, attimi di serenità, allegria, benessere, amore, spensieratezza, gioco, viaggi, vacanze, successi, emozioni.
Quella volta della ‘corriera’, che impiegò circa cinque ore per raggiungere la costa del Cilento, appena prima della proiezione nel mare Tirreno di Palinuro, leggendario nocchiero: chilometri di spiaggia ‘vergine’, incontaminata, tutta per noi, a piedi nudi per l’intera estate, il costume di tela grezza confezionato da Marcella, splendida donna e dolcissima madre. Poi sempre lì le vacanze, dalla fine dell’anno scolastico alla ripresa del lezioni in Settembre e il rapporto confidenziale con don Pietro, parroco trentino finito chissà come e perché dalle nostre parti. La sua cabina balneare l’aveva collocata in un tratto remoto di spiaggia, per ragioni di giustificato riserbo. Di buon mattino scavammo un fosso profondo all’ingresso della cabina, coperto con giornali e sui giornali con l sabbia, per nasconderlo. Risuonò a squarciagola l’urlo del prete, finito nel piccola voragine e anche un “cazzo”, imprecazione per nulla ‘pastorale’ che abbiamo minacciato di divulgare alle pie del paese, ma solo per vederlo sbiancare in volto.
Compiti i vent’anni tutt’altro: spiaggia affollata, nuovi alberghi, nuovo prete e l’arrivo senza chiederci perché di fanciulle della svizzera italiana. Una delle due era scultrice, bellissima o forse solo bella, ma per me   bellissima perché bionda e disinibita. Estate da ricordare per tutta la vita con lei. Notti magiche, euforia, sesso, l’addio-arrivederci di fine estate, un paio di lettere, una ‘impegnativa’, la sua: “Vengo a Napoli e ci sposiamo”. Fine di una storia da settimanale di gossip, conclusa con il mio spaventato  stop a lettere e piacevoli ricordi. Ora, è distrazione strategica, per scalzare titolo e  capitoli ossessivi  del coronavirus come altre storie: gli ‘eravamo quattro amici al bar’, ovvero le allegre ragazzate di quelli della funicolare di Chiaia, raduno goliardico di giovani vomeresi o il 21 a 3 calcistico inflitto da noi studenti di Architettura ai ‘nemici’ di ‘Lettere’, la vittoria con il Gian Battista Vico nella finale del torneo studentesco di basket, contro ‘quelli della Nunziatella’. Il mio amore per la vita, due figlie infinitamente belle, il giornalismo, anche in giro per il mondo.
Dal televisore la riconoscibile voce di uno dei conduttori di TG Rai: “…Bollettino giornaliero. Contagiati…, guariti, deceduti…”. Clic su ‘off’ e video in nero. È l’ora del disegno di una nuova ‘sardina’ parlante, da postare su Facebook.

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