Capelli bianchi: colpa o meriti

Si ragiona, appena sottovoce, della  vulnerabilità al Covcid-19 di chi ha i capelli banchi, magari pochi, acciacchi, magari molti ed è di sesso maschile, che l’impressionante statistica dei morti da coronavirus cita come più esposti al rischio di soccombere. Si sussurra  che nelle fasi deficitarie di posti ospedalieri, di ventilatori, di ossigeno, ‘lex, dura lex’ , la priorità di accesso alla terapia  estrema spetti ai più giovani. Tremenda realtà. In obbedienza al fondamentale principio della carità cristiana e forse immaginando di essere premiato nell’al di là per la coraggiosa scelta, un prete, lo ha raccontato ieri la cronaca, colpito dal coronavirus  ha donato la vita a un giovane ammalato. Ha destinato il respiratore a un giovane positivo al contagio e in gravi condizioni.  La morte del sacerdote sollecita una riflessione severa sul ‘mors tua, vita mea’ che connota l’episodio specifico e globalmente sul dolore di chi ha giurato di dedicare la nobile professione di medico alla tutela della salute e a qualunque prezzo. Quanti camici bianchi hanno subito il trauma di non poter curare tutte le vittime della pandemia, a prescindere dalla loro età? Quanti figli, mariti, mogli, amici, hanno pianto la morte in tragica solitudine di padri, mogli, mariti, amici, di persone private del fondamentale presidio sanitario del respiratore? Ma poi, chi può negare saggezza, maturità  e sempre più i frequente lucidità intellettuale degli ultraottantenni, numerosi per il balzo in su delle aspettative di vita? Sempre più spesso, additando una persona con i capelli bianchi come la neve viene da dire “Ma ci pensi, ha novant’anni e mentalmente ne dimostra la metà”. La riflessione rischia di sprofondare in una difesa a oltranza della quarta età e per ricondurla sui binari della ragionevolezza, il passo successivo è: chi vive ai piedi o sui tornanti di un vulcano silente, ma attivo, non usa di sicuro il cervello, pur avvertito dell’ineluttabilità di eruzioni periodiche, distruttive e letali: per analogia, appare incosciente e sprovveduto il mondo che subisce l’attacco  ciclico di malefici virus con la diffusione di pandemie e la conseguenza di  vittime causate non solo dall’aggressività dell’infezione specifica, ma anche per non aver  provveduto nel tempo della  pausa tra un epidemia e la successiva, a dotarsi di strutture e presidi sanitari adeguati alla domanda di assistenza in condizioni di emergenza.
Il the end di questa nota è simbolicamente connesso con un inaspettato antidoto all’infinita tristezza dei bollettini sanitari, specialmente se evidenziano la quota di vittime del Covid-19 in età da capelli bianchi: l’Ospedale di Rimini ha dimesso il signor P. di anni 101, salvo dopo aver subito l’aggressione del coronavirus.
‘Arrivano i nostri’, sbarcano dall’aereo militare Ilyushin, decollato da Mosca. A bordo attrezzature per la diagnosi del virus e la disinfezione, mezzi speciali per combattere il Covid-19, 150 medici militari specialisti in virologia. In totale sono atterrati 15 aerei da trasporto ‘IL-76’ carichi di uomini e mezzi, camion Kamaz per la disinfezione e ospedali modulari da campo, 100 ventilatori polmonari e mezzo milione di mascherine chirurgiche. Opereranno nella zona rossa di Bergamo. Si aggiungono ai sanitari e agli aiuti inviati dalla Cina e da Cuba. Polemica reazione dei radicali italiani: “Sembrano un cavallo di Troia!” e gli aiuti dalla Cina sono forniture pagate non donate. Gli aiuti russi arrivano 24ore dopo la telefonata di Conte a Putin”.  I radicali temono il colonialismo russo del nostro Paese?

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