Dante docet

Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura ché la diritta via era smarrita / Ahi quanto a dir qual era è cosa dura esta selva selvaggia e aspra e forte che nel pensier rinova la paura!
[lo smarrimento nel cammino alla ricerca della verità è la consapevolezza laica, per nulla dantesca,  di abitare un pianeta imperfetto, progressivamente invivibile per la più netta imperfezione di un suo evolvere in involuzione, di attraversare la selva oscura di chi ha smarrito la via in un  mondo che si dibatte nel disordine morale e civile di tortuosi percorsi senza disporre di indicazioni per la direzione certa]
Ma poi chi’ fui al piè d’un colle giunto, là dove terminava quella valle /  che m’avea di paura il cor compunto / guardai  in alto e vidi le sue spalle vestite già de’ raggi del pianeta che mena dritto altrui per ogni calle / Allor  fu la paura un poco queta, che nel lago del cor ,’era durata…
[libera, laicissima e arbitraria interpretazione: il sole, il suo calore terapeutico, sanificante,  salirà alto allo zenit a purificare l’aria della Terra, a liberarla da pandemiche impurità]
Scomodare Dante, che azzardo!, ma in questo folle smarrimento dell’umanità  ogni cosa è lecita per scremare il compatto flusso di numeri, percentuali di contagiati, sani e morti, di raffronti con il passato remoto e quello recente di Wuhan e sudcoreano, che campeggiano nei bollettini sul Covid-19, e raccontare altro, per fare ‘queta la paura  nel lago del cor’.
E allora, il crescere quotidiano di concreta generosità dei donatori, in testa i miliardari di quote delle economie avanzatee, dell’informatica, del vendere on line, del sistema bancario, di imprese multinazionali dell’alimentazione, della moda, della farmaceutica, di big dello spettacolo e dello sport. E dei Gennaro Esposito, che in regime di anonimato cliccano su smartphone e telefoni fissi per inviare due, cinque, dieci euro alle istituzioni impegnate a combattere la pandemia virale.
È quantificabile il valore di medici, infermieri, volontari, uomini e donne delle forze dell’ordine, dell’esercito di lavoratori che garantiscono i servizi essenziali, l’approvvigionamento alimentare all’ingrosso e al dettaglio, il trasporto pubblico, la produzione di farmaci e di altri presidi sanitari, la vendita dei medicinali, di  giornali e tabacchi? Non lo è. Quando questa pandemia sarà argomento da archivio storico dell’umanità, anche la più sofisticata stima dell’accaduto racconterà solo la cifra complessiva della risposta fornita alla spaventosa diffusione del coronavirus. In questo 22 marzo, incipit della primavera, è però possibile, senza retorica, riproporre alla visione collettiva le espressioni stupefatte dei redattori di reti televisive pubbliche e private nel rendere noto che oltre ottomila medici (pensionati, neolaureati, generici e specialisti) hanno detto “eccoci” in risposta al drammatico appello per arruolare trecento medici nell’opera di contrasto al virus. Sono uomini  e donne consapevoli di andare al “fronte”, dove la fatica è massacrante e incombe il rischio di essere contagiati. Ecco un’altra la ragione per condividere la ferrea severità nel reprimere la disobbedienza incivile di quanti trasgrediscono all’ordinanza di restare a casa, scelta rispettata,  decisiva, di cinesi e sudcoreani che hanno sconfitto il virus rispettando il completo isolamento dell’auto quarantena e agevolando il compito dei loro medici. .

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