COVID 19 / SCIENZIATI TEXANI, IL J’ACCUSE CONTRO BIG PHARMA

Un pesante j’accuse arriva da un gruppo di scienziati e ricercatori texani: il vaccino anti Covid 19 poteva essere pronto fin da subito, è colpa dei tagli ai fondi pubblici per la ricerca e della volontà di favorire Big Pharma nella sua continua caccia di malati da assistere con cure e farmaci sempre più cari.

Peter Hotez, co-direttore del Center for Vaccine Development al Texas Children Hospital e rettore della National School of Tropical Medicine al Baylor College of Medicine di Houston, lancia pesanti accuse al “sistema” a stelle strisce davanti alla Commissione Scienza, Spazio e Tecnologia del Congresso americano.

Ecco le sue parole per descrivere il clima negli ambienti post Sars e post Mers: “Avevamo cercato disperatamente di convincere investitori o di ottenere finanziamenti per muovere la ricerca verso la fase dei test clinici, ma senza successo. Avremmo potuto avere tutto pronto (per fronteggiare il Covid 19, ndr) e sperimentare la sua efficacia agli inizi della nuova epidemia in Cina, ma così non è stato”.

Hotez abbozza delle cifre e sostiene che sarebbero bastati appena 3 milioni di dollari per dare un impulso decisivo a quei test. Briciole al cospetto delle tragedie di oggi e alle immense cifre che ruotano ora intorno a Big Pharma.

“E’ tragico non avere un vaccino pronto per questa epidemia”, incalza Hotez. Il che significa – chiarisce – che “combatteremo questi focolai con una mano legata dietro alla schiena”.

Aggiunge: “Esiste un problema con l’ecosistema dello sviluppo dei vaccini e dobbiamo risolverlo”.

Non solo il direttore-rettore in trincea per denunciare i buchi nel sistema sanitario statunitense. Il direttore del Galveston National Laboratory, James LeDuc, sottolinea che ora (ma solo ora) stanno ricominciando le ricerche sul vaccino anti Sars al quale ha collaborato con il team capeggiato da Hotez.

“Come Paese e come società – rileva – dobbiamo essere più agili nel riconoscere che nuove malattie arrivano e che quando arrivano potrebbero tornare, magari non esattamente identiche ma molto simili. E’ stato un peccato dover smettere quel lavoro (post Sars e Mers, ndr) e doverlo ricominciare”.

Jason Schwartz, in prima fila alla Yale School of Public Health, sottolinea che “ricerche sulle strategie più efficaci per un vaccino avrebbero di sicuro potuto essere completate prima dello scoppio della nuova epidemia”.

Ribadisce Schwartz: “Se non avessimo parcheggiato il programma di ricerca sul vaccino per Sars, avremmo oggi molto di più”.

Punta l’indice contro le gravi mancanze nel campo della ricerca, diventata – a suo parere – “sempre più reattiva anziché proattiva, troppo dipendente dalle strette logiche del mercato. Le società farmaceutiche non possono essere lo strumento per finanziare iniziative che spesso rischiano, dal loro punto di vista, di non generare adeguati guadagni”.

Secondo Schwartz, “occorre essere certi che ci siano incentivi al di fuori del nostro tradizionale modello di business che possono portare a maggiori investimenti in ricerca essenziale”.

 

Nella foto Peter Hotez

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