Gioventù bruciata

In due, poco più che scugnizzi per età e straniamento dalla normalità, quindicenni senza nessun precedente penale, figli di una società avvelenata dall’anarchia di comportamenti pericolosi, per effetto di decine di racconti della cronaca nera sono informati, sanno che rapinare un ‘rolex’ rende bene, retribuito adeguatamente dai ricettatori. Ne ha uno al polso un giovane carabiniere, che anagraficamente potrebbe essere un loro fratello maggiore. Uno dei due ragazzi (quindici anni) minaccia il militare con una pistola che imita alla perfezione un’arma vera. Il carabiniere, in borghese, impugna la sua Beretta e spara tre volte. L’altro ragazzo sostiene che il primo proiettile colpisce il complice al petto, un secondo alla nuca e un terzo alle spalle.
Non c’è da arzigogolare, da usare chiavi di lettura tra loro in  conflitto per commentare il ‘fatto di sangue’ avvenuto a Napoli, nell’amena area di Santa Lucia.  Omicidio o omicidio colposo per eccesso di legittima difesa? La risposta la daranno l’autopsia e le immagini riprese dalle telecamere di sorveglianza, se hanno filmato l’accaduto. Indaga la Procura e un’inchiesta è affidata ai carabinieri. Con tutta la stima per l’arma, si fa strada qualche dubbio sull’opportunità della decisione. Ripropone la contraddizione dell’esito di indagini in cui coincidono controllati e controllori. Ha un suo estremo nel compito di magistrati chiamati a giudicare reati di altri magistrati.
Tempo fa, lo ha raccontato la cronaca nera, un ragazzo, in provincia di Napoli, fu ucciso con un colpo di pistola alle spalle mentre si allontanava in motorino per sfuggire alla polizia. Più di recente hanno fatto scalpore in Italia, le assoluzioni di  persone, che con furti o rapine  in corso, hanno ucciso i responsabili sparando dall’alto, da un balcone del primo piano o, colpendo alle spalle un ladro in ritirata. In altre parole, l’ipotesi del reato di omicidio del ragazzo napoletano potrebbe diventare un caso e forse, con tutte le differenze del caso, sollevare dubbi sulla legittimazione di  componenti giustizialiste della politica che inducono a considerare lecito, talvolta perfino eroico, fare giustizia da sé.
Sconcerta il background di Ugo Russo. Il padre traccia il suo profilo: non si drogava, ha svolto una serie di lavori precari, incensurato e vissuto  in  un contesto sociale privo di valori, certezze, di futuro, anche per questo, probabilmente permeabile alle suggestioni del ‘gomorrismo’. Il resto è un corollario inverosimile dell’episodio, che replica, anche se con motivazioni diverse, la violenza subita da medici e infermieri, assaliti da parenti e amici di pazienti, la malvagità di dottoresse aggredite sessualmente durante i turni di notte: un gruppo di giovani e di adulti ha letteralmente devastato il Pronto Soccorso dell’‘ospedale napoletano dei Pellegrini’, dov’era stato trasportato il ragazzo ucciso e  ha sfasciato apparecchiature medicali, computer, tutto quello che si trovava nei locali. Domanda senza risposta: cosa può giustificare l’assalto a una struttura che nulla aveva a che vedere con la morte del ragazzo? E il raid, gli spari contro la caserma sede del napoletana dei carabinieri? Rabbia pura, accumulata nel tempo per altri omicidi (una ragazzo di 17 anni, sei anni fa) o un messaggio al complice di Ugo Russo, per condizionare l’interrogatorio a cui è stato sottoposto dai carabinieri? Qualunque sia la risposta agli interrogativi sollecitati dall’ultimo episodio, il tema di fondo è lo smarrimento collettivo delle generazioni private del futuro, di progetti spendibili, di normalità.

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