GIUSEPPE SALA / APPELLO IL 16 MARZO PER LA PIASTRA EXPO

Il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, a processo il 16 marzo davanti alla quarta sezione della Corte d’Appello di Milano per l’affaire Expo.

In primo grado Sala è stato condannato a sei mesi, convertiti in pena pecuniaria da 45 mila euro.

L’accusa è di aver firmato due verbali retrodatati, che servirono a sostituire due commissari incompatibili in occasione della gara d’appalto per la “Piastra dei servizi” all’Expo milanese, per la cui organizzazione l’attuale primo cittadino ricoprì la carica di amministratore delegato.

L’accusa di falso materiale ed ideologico, che risale al maggio 2012, si è prescritta a fine novembre 2019. I giudici, dunque, nel processo, anche a carico di altri tre imputati, dovrebbero dichiarare la prescrizione del reato. La sempre miracolosa prescrizione, salvagente ad hoc per imputati eccellenti.

Beppe Sala. In alto la Piastra Expo

I legali di Sala possono anche rinunciare alla prescrizione, per ottenere l’assoluzione. In teoria, la difesa potrebbe anche chiedere alla Corte di applicare la norma che prevede di assolvere, malgrado il reato prescritto, se è “evidente” l’innocenza dell’imputato: ma avranno mai il coraggio di farlo, gli avvocati del primo cittadino milanese?

Il sostituto pg Massimo Gaballo ha impugnato la sentenza sulla concessione dell’attenuante dell’aver agito per motivi di “particolare valore morale o sociale”, invece riconosciuta in primo grado a Sala.

Il pg Gaballo, invece, aveva chiesto una condanna da 13 mesi per l’ex numero uno di Expo, accusato di aver agito al solo fine di evitare ulteriori ritardi per l’evento, il che – di tutta evidenza – non può essere considerato un motivo di particolare valore, né morale, né civico, né sociale: perché certo non tutta la collettività lo considera prevalente sul bene giuridico della fede pubblica e della trasparenza dell’azione amministrativa.

Il sindaco – hanno scritto i giudici di primo grado nelle motivazioni della sentenza – aveva messo la firma sui due verbali incriminati ben sapendo che erano retrodatati, ma lo aveva fatto con un unico obiettivo: evitare ulteriori ritardi dovuti alla “paventata incompatibilità dei due componenti della commissione di gara”, ritardi che avrebbero messo a rischio la buona riuscita dell’Expo, evento di “evidente interesse nazionale” al quale lo Stato italiano ha dedicato attenzione per via della sua “rilevanza internazionale e degli interessi, economici e non, in gioco”.

Il pg ha impugnato anche l’assoluzione l’ex manager dell’Expo Angelo Paris, che era imputato per il falso.

La parte più corposa dell’atto di impugnazione riguarda però l’assoluzione dell’ex direttore generale di IIspa Antonio Rognoni, alle prese con l’accusa di turbativa d’asta.

L’ultimo motivo di appello è poi contro l’assoluzione dello stesso Paris e di Piergiorgio Baita, ex presidente della Mantovani spa, per l’accusa di tentato abuso d’ufficio.

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