Letargo a 5 Stelle

Come gli orsi,  le marmotte, i ghiri, il letargo sembra il limite fisiologico che priva di intelligenza attiva il tandem Grillo-Casaleggio junior: peggio, loro hanno anticipato la stagione del sonno invernale. Come definire altrimenti i fondatori del Movimento 5 Stelle che assistono inermi alla frana in corso da mesi e ancora prima allo scellerato matrimonio con il Carroccio? Bisogna forse consultare un trattato di psichiatria per legittimare il percorso sadomasochista di Di Maio e del suo sconclusionato entourage. Sta di fatto che il Movimento, come racconta il detto ‘dalla padella alla brace’, ha subito parte del proprio sgretolamento per lo scellerato sodalizio gialloverde e un secondo flop ancorandosi al Pd, a dispetto  di una consistente ostilità interna al nuovo sodalizio.  A nulla sono valsi lo sgretolamento del  consenso popolare, il penoso ricorso a reiterate espulsioni, l’esplodere di fronde interne, di recente sul punto di  completare l’erosione del Movimento, i default elettorali. Due punti estremi del grande caos destinato al the end dei 5Stelle: alleati di governo con il Pd, i grillini viaggiano spediti verso un nuovo crac elettorale in Emilia-Romagna, perla scelta di competere con una lista propria e nessun candidato in possesso di  una dignitosa affermazione. In parallelo, mentre Di Maio espelle Paragone, da sempre leghista camuffato da pentastellato, l’ex gemello Di Battista definisce la quinta colonna “un vero grillino”. E Grillo-Caseleggio? Ronfano nella fase rem dell’antico letargo.
“Ha parlato come uno di noi”. Così il portavoce del movimento sul discorso di fine anno del presidente della Repubblica: “Bello, condivisibile in tutto…un discorso da sardina”…lo spartito è sempre lo stesso, la destra vuole la dittatura  e noi lo impediamo”. C’è forse una velata forzatura in questo parallelismo imperfetto, ma che Mattarella abbia riconosciuto ai giovani (sardine, ambientalisti) il protagonismo per il futuro del mondo è inequivocabile.
Citazione a vantaggio di chi per una lettura faziosa del fenomeno non distingue l’ebraismo dal regime israeliano, che opprime con le armi della dittatura militare il popolo palestinese e fa valere nell’area medio orientale il ruolo di potenza nucleare, che tollera al vertice istituzionale un personaggio come Netanyahu. incriminato per corruzione, frode e abuso d’ufficio e tuttora influente soggetto delle politica israeliana, nonostante la recente sconfitta elettorale. Un Paese normale avrebbe già concluso da tempo il buio percorso di un leader indegno, che protervamente conferma di non aver nessuna intenzione di dimettersi (“non sono obbligato  farlo!”), che invoca come è in uso tra politici corrotti il sospetto di un complotto e dichiara di rifugiarsi nell’immunità  parlamentare. Tutto qui? No, il corrotto ex presidente, in carica per dieci anni, che ha governato il Paese con l’appoggio di una coalizione di destra nazionalista, all’apice di una delirante autodifesa “invita i cittadini a processare i magistrati che si occupano dei suoi reati”.

Lascia un commento