Chi ha rotto il “giocattolo”?

Disfattismo infantile. Non sono pochi i bambini che s’ingegnano a rompere il giocattolo preferito. Il loro vandalismo è largamente giustificato dalla curiosità. Vogliono capire come funziona, cosa c’è dentro. L’operazione è solitamente priva di  ritorno allo stato iniziale, sempre che non ci sia un papà di buona manualità che lo ripara. Se a rompere il giocattolo sono gli adulti e non c’è un padre restauratore, l’alternativa è affidare l’intervento di rispristino a un riconosciuto esperto, a un aggiustatore di professione. È quanto resta da fare al vertice del Napoli calcio che sta raccattando i pezzi di un giocattolo che solo un anno fa era vicino alla perfezione ludica. Primo imputato della rottura, avvenuta prima in sordina, poi esplosa come il botto finale dei fuochi artificiali, è il padre padrone, il cinematografaro di successo De Laurentiis, decorato al valor sportivo per aver dato lustro alla squadra quando era precipitata nel baratro della mediocrità. Il culmine della riscossa ha coinciso con l’intuizione di affidare il credito internazionale della squadra al genio calcistico di Sarri. I prodromi della retromarcia che grava sul Napoli in questi giorni hanno coinciso con il suo esodo e la presunzione della società  di ritenere il prestigio definitivamente acquisito. L’enfasi mediatica per la discesa al Sud di un titolato tecnico qual è Ancelotti ha mascherato scivoloni da eccesso di autostima. L’ingaggio dell’allenatore dal passato glorioso nascondeva un progetto da imprenditore attento al bilancio privo di  sforamenti in rosso:“Caro Ancelotti, ti offro l’opportunità di confermare la tua fama internazionale, di preparare il futuro del tuo rampollo e annessi. In contropartita, asseconda l’obiettivo di valorizzare l’intero organico perché sia stabile il suo valore di mercato. Tra campionato e Champions League punto e fallo anche tu sull’impegno internazionale, per ovvi motivi di cassa, più ricca con il progredire nel girone di qualificazione e oltre”. Un paio gli acquisti ‘azzeccati’, un paio di cessioni incaute: felice la scelta di Fabian, poi di Manolas, discutibile la ‘vendita’ di Jorginho, di Diawara, senza compensazione con un regista di centrocampo. In vista della campagna abbonamenti annunci clamorosi di trattative per portare a Napoli grandi stelle del calcio mondiale, tutte finite nel nulla. L’incipit del campionato in corso ha mostrato le prime crepe del giocattolo in corso di disfacimento. Sbiadita o peggio, svanita del tutto la magia del calcio spettacolare lasciato in eredità da Sarri, nessun segno evidente dell’ideologia pallonara in Ancelotti. Squadra senza personalità. Il meno peggio? L’altalena di prestazioni da sufficienza piena (in Champions con il Liverpool, in campionato con la Juve, nonostante la sconfitta), senza alibi il misero pari in Belgio con il Genk, pareggi e sconfitte di campionato contro avversarie non di rango, la reiterazione di partite a metà, un  tempo bene, l’altro male e ritmi lenti, scarsa aggressività, sterile possesso palla, errori banali, mille occasioni da gol sprecate, l’inedito di un Koulibaly approssimativo, il sacrificio di Di Lorenzo terzino sinistro, in chiaro disagio sulla fascia sbagliata, il confronto-scontro di Insigne con Ancelotti, lo sgarbo del presidente della settimana punitivo dopo la sconfitta di Roma, che ha inasprito il rapporto con i giocatori, la ribellione a cui il capitano ha dato voce con un “no” che in tempi normali avrebbe giustificato l’inasprimento del ‘castigo’ e nel clima di tensione in corso è sfociato nella minaccia di multe da 25mila a  50mila euro. Clamorosa la compattezza ‘sindacale’ dei 25 della rosa. La dichiarazione di guerra è stata consegnata ad Ancelotti junior al 90esimo del match pareggiato con il Salisburgo: “Andiamo a dormire a casa”. De Laurentiis decide di adire alle vie legali, i giocatori non sono da meno e si fanno assistere dai loro legali. Peggio di così è impossibile  immaginare il conflitto in atto. Ancelotti ha provato a interrompere il braccio di ferro, senza successo e gli è piovuta in testa la tegola della responsabilità di far rispettare la decisone non condivisa  del ritiro. Intanto camere d’albergo disdette e giocatori all’allenamento senza la valigia con il necessario per i prossimi giorni fuori  casa. Sembra proprio il the end di un percorso felice fino alla vigilia del campionato in corso, ma già un anno fa premonitore di problemi del triangolo De Laurentiis-Ancelotti-squadra. All’orizzonte si affastellano ipotesi tutt’altro che confortanti: via Ancelotti, aziendalista in eccesso e con lui giocatori ‘scomodi’ o nel mirino di grandi club da cedere per cifre stratosferiche come Koulibaly, o stregati dal richiamo della sirena Cina, che propone ingaggi da capogiro? Con quale stato d’animo Mertens e compagni andranno in campo sabato contro il Genoa e nel futuro prossimo? Ipotesi non peregrina: metteranno energia e grinta in Champions League, motivati dalla clausola di premi consistenti e si limiteranno al minimo sindacale in campionato? Probabile. Il giocattolo è rotto e all’orizzonte non s’intravede la sagoma di uno stregone dotato di virtù terapeutiche.

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