Al voto 345 scanni vuoti

Esonda un forte interesse dal folto manipolo di deputati pronti ad azionare la ghigliottina sulla folta schiera di ‘onorevoli’ di Camera e Senato. Seduta-prologo del voto che ridurrà gli eletti di Montecitorio a 400 unità da 630 e il senato da 315 a 2000: al via della discussione, questa mattina per contare i deputati presenti erano sufficienti le dita delle due mani e il record  va ben oltre l’assenteismo fisiologico del lunedì post festivo. Colpa della pioggia, del traffico di inizio settimana? Si può scommettere e vincere se si punta su gran parte delle defezioni motivate dalla paura latente di dover sgomitare in futuro per schivare le restrizioni imposte dalla ghigliottina. Un corollario, inascoltato, incide sul disinteresse platealmente esplicitato dall’aula vuota. Un recente studio – lo sottolinea tra gli altri Clemente Mastella, politico di vecchia data – , calcola in 2 euro e 58 centesimi il risparmio che si ricava  dal ridimensionamento bicamerale. Nemmeno due caffè, commenta sardonico il sindaco di Benevento. Altri chiosano l’evento con piglio drastico: “Meglio eliminare una delle Camere, rimbalzando tra loro i testi delle leggi come il dai e vai del ping-pong,  ritardano scandalosamente i tempi di approvazione.
Il voto è imminente e si pronostica la ‘stra-vittoria’ dei  “sì”,  sostenuta da un tacito e trasversale accordo. Di Maio ne trae vanto personale e del grillismo, fino alla commozione: “Sono molto emozionato, è una battaglia che condivide  il 90% degli italiani”.  Ci allieteranno con  un secondo “Come siamo bravi, bene, bis” i vertici 5Stelle, dal balcone di Palazzo Chigi? Intanto c’è la minaccia metaforica del Di Maio capintesta pentastellato: “A chi non voterà manderemo a casa una piccola poltrona, per ricordargli che in un momento storico ha scelto le poltrone al cambiamento”. Gli fa eco D’Incà, ministro per i rapporti con il Parlamento, evidentemente preoccupato per il pericolo dei cambi dei casacca dall’alveo grillino. “Aumentiamo la soglia minima per formare nuovi gruppi (leggi Renzi) in corso di legislatura, 20 alla Camera, 10 al Senato. “Ma poi”, ecco il piglio repressivo del movimento, “Ssi possono introdurre disincentivi sul piano economico (leggi multe). Zingaretti rassicura l’alleato. “Siamo leali, il taglio è nel programma di governo e lo rispettiamo. Sparisce d’incanto, come un  gioco di prestigio politico, il “no” del Pd antecedente al sodalizio con i 5Stelle. Un esempio di portatori del malessere Pd: domani Orfini e non  solo lui non sarà in aula per il voto.
Ieri, ospite della ‘Mezz’ora’ di Lucia Annunziata, Renzi ha tuonato contro i sospetti di un inciucio  anti Trump combinato a suo tempo con Obama: “Ho querelato chi lo sostiene (Papadopoulos, ex consulente del presidente Donald Trump), nel goffo tentativo di sviare le indagini sulle manovre del tycoon per screditare Hillary Clinton nell’ultima campagna elettorale americana (Russiagate). Ho chiesto un milione di danni da devolvere e a suo tempo dirò a chi. A seguire una stoccata diretta al premier Conte, invitato ad approfondire i motivi  di due misteriosi incontri del ministro della giustizia americano Barr, inviato di Trump, con  i servizi segreti italiani. “Riferisca al in Parlamento, vada al Copasir, chiarisca”. Perdura il silenzio di Palazzo Chigi.
Tensione, nebbia, smog fitto, incombono sul rapporto Pd-Renzi. L’ex premier assicura Pd e 5Stelle sul sostegno al governo demostellato, sempre che non aumenti le tasse, Orlando attizza l’incendio: “Ultimatum dalla Leopolda? Non sono meglio di quelli dal Papeete”.
In tre righe: primo screzio grillini-Conte sull’affare degli aerei f35 da guerra, che l’Italia ha accettato di comprare dagli Stati Uniti. Di Maio propone di rinegoziare l’impegno troppo  oneroso dell’acquisto, Conte dichiara a Pompeo, segretario di Stato di Trump. “Tranquilli, noi fedeli ai patti, rispettiamo gli accordi”.

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