USA / COME IL PENTAGONO FINANZIA LA NOSTRA RICERCA

Le mani degli Usa sulla ricerca scientifica in Italia, dalle università ai laboratori pubblici e privati nel nostro Paese.

Una minuziosa ricerca condotta dal blogger Antonio Mazzeo fa luce su non pochi aspetti fino ad oggi del tutto ignorati. E molto utili per comprendere le capacità di condizionamento dei dollari statunitensi sul fronte delle molteplici attività di ricerca portate avanti in Italia.

La ‘ricerca’ di Mazzeo sulla ‘ricerca’ si basa fondamentalmente sul data base relativo alle spese effettuate dal governo di Washington, consultabile liberamente in rete (https://gov.data2www.com) ma di non agevole decodificazione. “La sistematizzazione dei dati – spiega Mazzeo – non certo facile per l’enorme mole delle informazioni e degli indicatori contenuti, ha permesso di documentare come a partire dal 2010 ad oggi il Dipartimento della Difesa USA, congiuntamente a US Army, US Air Force e US Navy abbia sovvenzionato con oltre 15 milioni di dollari programmi, sperimentazioni, conferenze, workshop e scambi internazionali delle università e dei più noti centri di ricerca nazionali”.

Ecco, segmento per segmento, chi ha goduto dei generosi american aids.

In cima alla lista degli atenei, ecco l’Università di Padova, con ben 22 progetti finanziati per un totale che sfiora 1 milione e mezzo di dollari. Quindi il Politecnico di Milano, che si è visto assegnare quasi 1 milione e 200 mila dollari per uno studio sui mammiferi marini, che sta particolarmente a cuore alla Marina militare a stelle e strisce. La carrellata continua con l’Università di Trieste (poco piò di 1 milione), la Sapienza di Roma (poco meno di 1 milione). A seguire, Bologna (660 mila dollari), Genova (450 mila) la Cattolica di Milano (430 mila). Nella fascia compresa tra i 400 mila e i 200 mila sono poi attestati gli atenei di Siena, Pisa, Brescia, L’Aquila, Firenze, Milano, Napoli, Trieste, Bari. Cifre minori per tutti gli altri poli universitari, praticamente nessuno escluso.

Passiamo al CNR, ossia lo storico Consiglio Nazionale delle Ricerche. Nelle sue casse sono confluiti, dal 2010, oltre 1 milione e mezzo di dollari, così ripartiti. Quasi 900 mila all’Istituto di Ingegneria del Mare (CNR-INM) di Roma, che fa la parte del leone, a significare il particolare interesse del Pentagono sul fronte marino: in questo caso, le ricerche finanziate concernono l’idrodinamica e il funzionamento dei mezzi navali ad alta velocità.

A seguire, l’Istituto di Scienza e Tecnologia dei Materiali Ceramici (CNR-ISTEC) di Faenza, con poco meno di 200 mila dollari; l’Istituto per i Polimeri Composti e Biomateriali (CNR-IPBC) di Napoli, al quale vanno 150 mila dollari per il programma “Shedding Light on Brain Microdomains” avviato ad inizio 2017 e che terminerà nel 2020; l’Istituto dei Materiali per l’Elettronica e il Magnetismo (CNR-IMEM) di Parma a quota 100 mila; l’Istituto Nanoscienze di Pisa, attestato a 94 mila dollari. Quindi cifre minori per l’Istituto Superconduttori Materiali Innovativi di Genova; l’Istituto di Scienze Marine di Venezia; l’Istituto delle Metodologie Inorganiche e dei Plasmi di Bari; l’Istituto di Fotonica e Nanotecnologie di Padova; l’Istituto per la Micreoelettronica e i Microsistemi di Catania.

L’interesse per il mare e le sue risorse è testimoniato ancora con gli 860 mila dollari attribuiti all’Istituto di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale di Trieste, più noto come OGS – Osservatorio Geofisico. Il Dipartimento della Difesa Usa contribuisce agli studi sulle correnti marine nell’area orientale del Mediterraneo, del Mar di Marmara (tra l’Egeo e il Mar Nero), e nell’Oceano Atlantico, a ridosso delle coste del Senegal.

Non mancano i contributi yankee a favore di alcune star nel firmamento della nostra ricerca medica, come l’Istituto Europeo di Oncologia, il ben noto IEO fondato da Umberto Veronesi, e l’Istituto Ortopedico Galeazzi, entrambi a Milano. Al primo vanno oltre 500 mila dollari per analizzare i potenziali rischi dell’esposizione ai raggi x con la tomografia computerizzata. Al secondo 350 mila dollari per non meglio precisate “ricerche medico-militari” sulla diffusione delle metastasi.

Nota Mazzeo: “Il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti ha infine contribuito economicamente ad alcuni progetti di sviluppo di sistemi da guerra sottomarini realizzati dal NATO Centre for Maritime Research & Experimentation, con sede a La Spezia, sotto il controllo dell’agenzia della Nato che si occupa di scienza e nuovi sistemi tecnologici”. Il centro spezzino ha ricevuto oltre 800 mila dollari.

Ad inizio 2015, il centro a stelle e strisce ha sottoscritto un accordo di collaborazione con il Polo Guglielmo Marconi, sempre a La Spezia, che fa capo all’Università di Genova, per lo “sviluppo di sistemi robotici, ingegneristici e tecnologie di comunicazione sottomarini”.

Lo stesso ISME di Genova, e cioè il Centro Interuniversitario di Ricerca sui Sistemi Integrati per l’Ambiente Marino, ha attivato specifici laboratori di Oceanic Engineering per la “progettazione e sviluppo di robot, veicoli autonomi e droni navali e sottomarini” in collaborazione “con la struttura Nato di La Spezia, le industrie belliche e la Marina militare italiana”.

Ottimo e abbondante.

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