Asso pigliatutto, gioco del predatore valpadano

Gioca all’“asso pigliatutto” il predatore del governo gialloverde e, per non omettere nulla, scippa a Di Maio il ruolo di ministro del lavoro e dello sviluppo economico. Considerata da un certo punto di vista l’usurpazione non è proprio un affronto da lavare col sangue. Vedremo perché.
E allora: Salvini, senza averne titolo,  convoca i sindacati, rappresentanti del lavoro, del commercio, dell’impresa e dell’agricoltura, entro il prossimo Luglio, per discutere della prossima manovra economica. Li “invita”, ma per non perdere il vizio di farlo con atteggiamenti dispotici, “ordina” a Landini, Furlan e Barbagallo di incontralo al Viminale. Lo fa a ridosso della manifestazione unitaria di Cgil, Cisl, Uil, non a caso voluta nel cuore del Mezzogiorno.
L’affronto a Di Maio è una delle tante tessere del mosaico che Salvini, con  cinismo da iena, va componendo per liberarsi dei 5Stelle, esautorare Conte e assumere la guida di un esecutivo che imbarchi le destra-destra della Meloni e la destra-centro di Forza Italia.
Perchè la rapina del ministro dell’Interno ai danni di Di Maio è un grave atto di prevaricazione, andrebbe chiesto all’evanescenza del titolare di un ministero fantasma, quello del Lavoro, inerte a fronte della profonda crisi  di grandi impese, che chiudono e non di rado senza giustificazioni, di  migliaia di lavoratori licenziati, di una preoccupante decrescita della produzione industriale, del perdurare di schiavismo nelle campagne e complessivamente del rischio di un nuovo salto nel buio della recessione.
Di Maio? Nella spartizione selvaggia delle poltrone di comando, il giovanotto venuto dal niente si è accaparrato la gestione dei due ministeri che richiedono una lunga militanza nel complesso mondo dell’economia e ci si è dedicato in insignificanti ritagli di tempo, sottratti al narcisismo politico, per costruirsi uno spazio di visibilità e non tornare nel nulla di partenza.
Landini, che non usa perifrasi per dire cosa pensa del  governo gialloverde, interpreta quello che il mondo del lavoro rinfaccia ai Dioscuri Salvini-Di Maio: “Chi governa non può fare campagna elettorale per 365 giorni all’anno. Devono cambiare le politiche del governo. La domanda è unire il Paese, non dividerlo. La domanda è di nuovi  investimenti, nuovo lavoro, diritti, vera lotta all’evasione fiscale e alla criminalità. O il governo capisce o glielo faremo capire. Si mettano in testa che non si cambia il Paese senza il mondo del lavoro o contro il mondo del lavoro. Non permetteremo di portarci fuori dall’Europa, di farci tornare indietro, di aumentare lo sfruttamento delle persone. L’esecutivo non ci porta da nessuna parte se non a sbattere ancora una volta. Il ministro degli Interni deve combattere la malavita organizzata e garantire che non ci sia caporalato e sfruttamento. Lo sblocca cantieri dice un’altra cosa e basta con la logica dei condoni.   La flat tax non ci piace. Le tasse sono troppo alte solo per chi le paga. L’autonomia differenziata è una bugia: non serve dividerci, perché già  lo siamo fin troppo. Salvini chiude i porti, ma intanto i giovani del Sud se ne vanno dall’Italia in altre nazioni che usano la loro intelligenza per far funzionare meglio i loro Paesi. Bisogna ripartire dal Sud, con un piano straordinario di investimenti per creare lavoro e sviluppo vero, che duri nel tempo. Basta campagna elettorale, ne abbiamo fin sopra i capelli”.
Giuste, sacrosante rivendicazioni, ma ce n’è un’altra, da consegnare con posta prioritaria al Viminale: “Il sindacato unitario rifiuta la convocazione di Salvini, perché impropria e pretende di discutere di economia e sviluppo con Di Maio, opportunamente affiancato da Tria. Firmato Cgil, Cisl, Uil”. La spediranno?

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