Sulla sponda del fiume, in attesa che passi il cadavere del nemico

Presidente della Repubblica, del Consiglio, della Rai, della Banca d’Italia, di Alitalia, del Csm, di Confindustria, Coltivatori diretti, Confcommercio, Inps, Istat, Ferrovie dello Stato…ma temiamo di omettere altri centri di potere che Salvini ha in animo di annettere alla sua regale, onnivora  persona. La prova generale dell’accaparramento è di oggi. Non si sa a che titolo il ministro dell’Interno contesti  il ritorno in Rai di Gad Lerner (perché è ebreo, non è biondo e non ha gli occhi azzurri? ndr). Non risulta il vice premier del Carroccio abbia destituito l’attuale direttore generale Salini, ma dice: “Fazio, Saviano…manca solo Michele Santoro e abbiamo chiuso  il cerchio”. Ecco, abemus Papa. Zingaretti: “Nelle parole di Salvini contro Gad Lerner si avverte solo il pessimo odore dell’arroganza del potere che tenta di limitare la libertà di pensiero e di opinione” (prerogativa del fascismo, ndr).
Non essendo ancora il Capo dello Stato Salvini non può cancellare con un colpo di spugna giudiziario le grane dei 49 milioni di euro truffati agli italiani, il  caso Siri, sottosegretario leghista indagato e costretto alle dimissioni, la nuova disavventura di Rixi, vice ministro leghista, condannato a  anni  e 5 mesi di per falso e peculato,  in relazione a fatti del 2010-2012 quando ricopriva l’incarico di consigliere regionale della Liguria. Condannato a 2 anni e 10 mesi il senatore del Carroccio Bruzzone, ex presidente del consiglio regionale della Liguria.  A Melgrati, sindaco di Alassio, Forza Italia, 2 anni e 11 mesi e sosspensione dalla carica, a Matteo Rosso, consigliere regionale del centro destra, eletto Forza Italia e ora passato a Fratelli d’Italia, 3 anni e due mesi di carcere. Sono tutti accusati di aver ottenuto rimborsi pubblici per spese istituzionali mai fatte,  soldi  spesi per cene e viaggi privati, luna park, gratta e vinci, ostriche, fiori, birre per le feste di  Pontida, quindici scontrini, uno dietro l’altro, nello stesso bar e alla stessa ora, acquisti in pelletteria, eccetera, eccetera. Il ministro dell’Interno comunica di aver accettato le dimissioni di Rixi, per  non avere ricadute negative sul governo. Le accetta, ma dopo pochi minuti fa sapere di averlo nominato responsabile delle infrastrutture della Lega. Fantastico!
Anziché interferire abusivamente sulle scelte della Rai Salvini si auto-nomini anche probiviro del Carroccio e scopra se ci sono altre mele marce da scartare, risponda dell’abuso operato per spostamenti veloci da un luogo all’altro dei comizi con aerei della polizia.
Povero Giggino. Circondato da inetti  e lui stesso estraneo alla complessità di competenze richieste da ruoli primari qual è il governo di un grande Paese, ha peccato di ingenuità e firmato un patto in partenza impari con un socio pirata, famelico, dispotico, suprematista, in  incompatibile antitesi con le premesse che hanno originato il movimento dei 5Stelle. Un lento, inesorabile suicidio ha logorato il movimento e la sua leadership, culminata con la Caporetto del 26 Maggio. Il povero Giggino, avesse sale in zucca e idee alternative alla propria ambizione di giovane rampante, allo scadere del tempo utile per conoscere  l’esito definitivo del voto per le europee, si sarebbe affacciato dal balcone di palazzo Chigi, che lo ha visto esultare al cielo e con espressione contrita si sarebbe presentato dimissionario “ai cittadini”. Povero Giggino, prigioniero di un despota più tracotante del solito, reso spavaldo dalla raccolta di non pochi voti di esuli pentastellati, messo in un angolo del ring dall’assalto al corpo di grillini incazzati per i suoi ruoli plurimi, si è rifugiato nella farsesca consultazione della piattaforma Roussesu che conta politicamente quanto un soldo bucato. Che sia al the end di una corsa accelerata, ma con carburante in riserva, lo hanno capito tutti e primo inter pares il Salvini avvoltoio. Fossimo al posto del povero Di Maio  respingeremmo sdegnati il pietismo dei vincitori, che non infliggono il colpo mortale solo finché fa comodo un socio che non conta niente, da ricattare con la minaccia di rompere il sodalizio e di aggregare il popolo della destra nel progetto di un governo sovranista integrato da Berlusconi e Meloni. Contrastare Salvini a chiacchiere è pura utopia. L’alternativa si affida  alla parabola del cinese che con pazienza aspetta sulla riva del fiume che passi il cadavere del nemico. Ovvero, attendere che le velleità propagandistiche del vice premier leghista franino, minate  dall’impossibilità finanziaria di coprire i costi di Flat Tax, redditi e pensioni di cittadinanza, Tav, infrastrutture.

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