PETROLIO BRASILIANO / POZZO RICCO MI CI FICCO

Cambia il governo ma gli appalti non si fermano mai. Soprattutto quelli a forte rischio di corruzione. Anche internazionale.

E’ quanto sta succedendo nel Brasile capeggiato dal neo presidente Jair Bolsonaro, che ha preso il posto degli arrestati o “impicciati” Temer, Roussef e Lula da Silva.

E’ infatti fresca la notizia di prossimi mega appalti petroliferi, per la realizzazione di ben sette piattaforme off shore, a caccia di grossi giacimenti. Con ogni probabilità strategiche soprattutto per rimpinguare le tasche e i profitti delle società straniere, che ben conoscono quell’Eldorado da mangiare a pezzi e bocconi.

Il neo capo Bolsonaro ha deciso in un baleno, fregandosene delle proteste da parte delle associazioni ambientaliste, preoccupate per i destini delle aree del nordest del Paese, con un ecosistema a rischio di collasso.

E il petrolio fu galeotto per la sorte dei tre ultimi presidenti carioca, cadute come birilli una dopo l’altro per via dello scandalo Petrobras, la tangente del secolo, 5 miliardi di dollari accertati dagli inquirenti di “Lava Jato”, con la possibilità di arrivare ad un tetto da 20 miliardi.

Tutta la classe politica, di governo e di opposizione, ha spartito le mazzette milionarie, elargite con gran generosità da una sfilza di big internazionali dell’impiantistica petrolifera. In prima fila anche le portabandiera di casa nostra, Eni e la collegata Saipem, nonchè il colosso privato Techint, guidato da Gianfelice Rocca, il cui fratello Paolo è impelagato fino al collo in un’omologa tangentopoli argentina, con la regina d’acciaio Tenaris e consorella Ternium.

Anche alla procura di Milano è da anni in vita il maxi filone d’inchiesta per corruzione internazionale a carico delle tre sigle di casa nostra.

E in parallelo viaggia un’altra indagine da novanta: quella su San Faustin, il pozzo top secret della famiglia Rocca & friends, prima acquartierato in Lussemburgo e poi in Svizzera.

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