La Caporetto della sinistra storica non è una sconfitta inaspettata ed è responsabile delle conseguenze politiche che erodono progressivamente l’impianto democratico dell’Italia costruito sulle ceneri del fascismo. Era imprevedibile che residuati del Ventennio, repressi, ma non sradicati alla radice, covassero propositi di rivincita, che abilmente diretti da “reduci” del regime testassero la tenuta dell’antifascismo con progressive provocazioni, che prima o poi trovassero la sponda di aggregazioni in forma di partito? C’è stato il tempo della passione politica e della vigilanza democratica che ha stroncato sul nascere i rigurgiti dei non rassegnati. La risposta a progetti di minare i fondamenti della Costituzione, di colpi di Stato, di opporre ai valori della sinistra la violenza della destra, ha mobilitato sinergie vincenti. La classe operaia, gli studenti, i valori della resistenza, hanno fronteggiato il pericolo ed evitato il peggio, ma senza portare a totale compimento la bonifica del Paese. L’errore di concedere ad Almirante di convivere con l’arco costituzionale dei partiti, in nome della libertà di opinione politica, ha impedito di intuire che la strategica, strumentale moderazione del Msi, nascondeva il disegno di farsi accettare, per gettare le basi di un’escalation, che oggi si manifesta in tutta la sua pericolosità con manifestazioni di chiara apologia del fascismo, impunito, con l’articolata protezione di chi governa il Paese e dell’inerzia della magistratura che disattende il dettato della Costituzione. Nessuno sul banco degli imputati. Nessuno chiamato a rispondere del pericolo che Fratelli d’Italia e i corollari della destra saldino i loro propositi un nuovo ventennio con chi cavalca il disagio del Paese con l’ideologia sovranista, della xenofobia, dell’odio razziale. Nel tempo gli archivi della cronaca si sono saturati di episodi incontrovertibili: giovani di colore bersaglio di razzisti, progetti di secessione, alleanze e intese per costruire un’altra Europa, di regimi antidemocratici, adunate con saluto fascista, la violenza negli stadi di tifoserie antisemite, ingiurie ai calciatori con la pelle nera, dichiarazioni di stima e amicizia per un paio di tiranni quali sono Trump e Putin, l’empatia per Marine Le Pen, Erdogan, Horbàn. La sinistra che non c’è, le sue energie al minimo storico si sprecano nel tentativo patologicamente incompiuto di essere qualcosa. Brancolano nel territorio dell’incertezza, delle vituperate correnti, della ricerca impossibile di un leader che non c’è, dell’essere sinistra. In questo contesto, la vigilanza democratica è del tutto evanescente, affidata a dichiarazioni verbali senza esito che non fermano l’espansione in crescendo di forme di fascismo vecchi e contemporaneamente inedite, dell’incontro tra nostalgici del ventennio e cosiddetti sovranisti. Dicono i parametri e lo confermano gli economisti, che siamo prossimi a una nuova tornata della recessione e il numero uno dei grullini, vicepremier, ministro dello sviluppo economico, osa promettere agli italiani un nuovo, imminente un “boom”. Allude all’esplosione della crisi di cui è responsabile il disastroso governo gialloverde? E Salvini? Tira dritto alle meta di una riedizione del Ventennio e per non farsi trovare impreparato ha dismesso gli abiti civili a favore della divisa della polizia per dire “E’ roba mia”, come hanno fatto i predecessori Mussolini, Hitler, Gheddafi, Fidel Castro, e tanti altri tiranni nel mondo.
13 Gennaio 2019 di: Luciano Scateni
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