PIAZZA FONTANA / 39 ANNI DI MISTERI, MUORE LA GIUSTIZIA

La vergogna di piazza Fontana, la strage senza mai un colpevole in galera, né un mandante nè un esecutore. Uno dei primi buchi neri della nostra storia, l’inizio delle strategia della tensione che ha gettato nel sangue e in un pozzo di misteri il nostro povero Paese. E da allora cominciò la serie dei depistaggi istituzionali.

Oggi il Capo dello Stato, Sergio Mattarella, nel ricordare quella strage, ha il coraggio di dire: “E’ una lezione di storia che vale per il futuro: gli ordinamenti liberi e democratici sono basati su valori condivisi, capaci di unire al di là delle legittime differenze di idee e interessi, quando promuovono libertà e giustizia, contro chi usa la violenza per scopi di sopraffazione”.

Ma quale sceneggiata è mai questa? Parole del tutto inutili, gettate al vento. Non una sillaba per quelle vittime, per il dolore dei familiari (che hanno addirittura dovuto pagare le spese processuali!) e soprattutto nessun cenno ad una giustizia incapace, inefficiente, ottusa, se non – come succederà in seguito per moltissime storie – collusa con quegli stessi poteri criminali, di cui ha insabbiato e coperto le trame. Vergogna.

Solo qualche cenno per ricordare la orribile sequenza dei fatti processuali, emblema del precoce fallimento della giustizia di casa nostra (ma oggi gli inquirenti di allora osservano placidi: “le nostre indagini furono utili”). Ai confini della realtà.

La strage avvenne a piazza Fontana 39 anni fa, il 12 dicembre 1969.

Il processo non fa in tempo ad iniziare nella sua sede naturale, Milano, che viene subito incredibilmente spostato a Catanzaro.

La Corte d’Assise condanna all’ergastolo i due componenti di Ordine Nuovo, Franco Freda, Giovanni Ventura (due piccoli editori veneti) e Guido Giannettini, un uomo dei servizi segreti. Pietro Valpreda viene assolto dalle imputazioni relative a piazza Fontana, ma comunque condannato a 4 anni e mezzo per associazione a delinquere (una follia).

L’incredibile va in scena con l’Appello. Annullate le condanne, tutti assolti i nazifascisti, unico condannato Valpreda (per il suo 416).

La sceneggiata prosegue, ma cambia solo il teatro. Stavolta siamo a Bari. Tutti assolti per insufficienza di prove.

Non è finita. Perchè si ricomincia da capo a Catanzaro nel 1988, dove si apre una nuova istruttoria. Stavolta l’imputato principale è un altro neofascista di peso, Stefano Delle Chiaie; che viene assolto tre anni più tardi.

Passano dieci anni e il macabro valzer ricomincia nel 2000. Gli imputati cambiano ancora, ora alla sbarra c’è l’ennesimo neofascista di turno, Delfo Zorzi, cui tengono compagnia Carlo Maria Maggi e Giancarlo Rognoni. Condannati all’ergastolo in primo grado, vengono poi prosciolti da ogni accusa in Appello. La Cassazione conferma. Ai parenti delle vittime viene chiesto, ancora un volta, il pagamento delle spese processuali.

Ma l’ultima e definitiva (sarà così?) sentenza della Cassazione contiene una vera chicca che ci dà in pieno il senso dello sfascio della giustizia in Italia. Secondo gli ermellini, in sostanza, la strage di piazza Fontana venne realizzata dalla cellula eversiva di Ordine Nuovo capitanato da Franco Freda e Giovanni Ventura: ma non più processabili perchè assolti in via definitiva con la sentenza del 1987. Ispiratori morali, quindi, i due ordinovisti, mentre resta sempre nell’ombra l’esecutore o gli esecutori materiali, cioè chi ha collocato la valigia con la bomba.

Può chiamarsi mai “Giustizia” questa? Che in quarant’anni accerta subito i veri responsabili, poi li assolve da ogni addebito, e alla fine del valzer li riaccusa (e prova la loro colpevolezza) senza però far niente: perchè – si sa – nessun individuo in Italia può essere processato due volte per lo stesso reato. Altra follia.

Uno Stato che arriva a questo è in liquefazione. La giustizia così è morta.

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