Report, meno male che c’è

Anni fa Kodak, gigante dell’industria fotografica pubblicizzò se stesso con l’azzeccatissimo slogan “E’ bello sapere che c’è”. Anni dopo se n’è appropriato con accorta modifica Berlusconi ed è diventato “Meno male che Silvio c’è”. Considerato il successo dell’invenzione pubblicitaria, non è meglio attribuirla al coraggio e alla professionalità del giornalismo d’indagine firmato dalla Gabanelli e ora guidato magistralmente da Sigfrido Ranucci?

Molto si è detto dei 49 milioni truffati allo Stato dalla Lega e ogni tentativo di sminuire lo scandalo è franato con la richiesta di Salvini di spalmare il debito in quasi novant’anni, evidente ammissione dell’illecito. In una strana fase della “coscienza incosciente” degli italiani, che regalano consensi al “Ce l’aveva duro” vice premier leghista, nessuno prima di Report ha indagato compiutamente gli scheletri che i valpadani occultano negli armadi al Sud. Si può scommettere il ministro dell’Interno e i suoi ultra non si sono persi la puntata del programma, se non altro per scoprire se si esponesse a querele. E si può immaginare il loro imbarazzo per gli affondo del programma che ha toccato i nervi scoperti della Lega.

Di seguito l’elenco delle molte sfumature di grigio-nero dei “Noi con Salvini” nel Sud del Paese, mostrate dalla bravura dell’inviata Claudia Di Pasquale: l’inchiesta è partita dal coordinatore calabrese della “Lega per Salvini premier”, Domenico Furgiuele. Al suocero Salvatore Mazzei (condannato in via definitiva per tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso) è stata confiscata una cava di Lamezia Terme. Il genero, ha raccontato Report, ha domicilio in un edifico della moglie confiscato. Furgiuele ha venduto la propria quota di una sua società con sede nella cava confiscata al cognato Armando Mazzei. La giustificazione dei leghisti ricalca pari, pari l’autoassoluzione di Di Maio per gli abusi edilizi nelle proprietà di famiglia (“Tutta colpa di mio padre, io non c’entro”). Salvini: “Non fatemi fare processi ai parenti, non rispondo neppure di quello che fa mio suocero”. Comodo, no? Altre intrusioni di Report hanno rivelato il lato oscuro di leghisti del sud, per esempio di Michele Marciano, intercettato nel 2006 a casa del boss Cosimo Alvaro. Gli avrebbe offerto la sua disponibilità”, o dell’avvocato Enzo Caccavari, amico e legale dell’ex Forza Italia Antonio Matacena, ora latitante a Dubai.

Altra incursione in Puglia. Il senatore Roberto Marti, come tanti neo leghisti con un passato nel Msi e poi in Forza Italia, è indagato dalla procura di Lecce in tema di assegnazione delle case popolari. Si sarebbe mobilitato per far assegnare una abitazione al fratello di un boss. E in Campania?

Nella cittadina di Afragola Vincenzo Nespoli (ex parlamentare di An e Pdl), è stato condannato in secondo grado per bancarotta fraudolenta. Suo nipote Camillo Gracco, assessore comunale per la Lega, dichiara che lo zio ha interferito nella formazione delle liste elettorali della Lega. Su Camillo Gracco è in corso un’indagine con l’ipotesi di riciclaggio. Il caso di Avellino: eletto in Comune con la lista leghista, Damiano Genovese, figlio di Amedeo, condannato per omicidio e ritenuto a capo di un clan. Nell’intervista il rampollo dei Genovese, dichiara che “Per noi niente era vero di quelle accuse”. Il coordinatore campano della Lega, il deputato Gianluca Cantalamessa, è un ex di Alleanza Nazionale e lo scagiona: “Non lo avremmo candidato se avessimo saputo”. E cos’era mai, una notizia coperta dal segreto di Stato? Cinquestelle e caso Genovese? Difende l’esponente leghista l’ex collega pentastellato Fabio D’Alessandro, che chiede ai giornalisti Report un trattamento morbido nei confronti dell’esponente del Carroccio “perché figlio di un boss”. Sul profilo Facebook del M5S avellinese compare un post di fuoco che definisce parole e atteggiamenti di D’Alessandro imbarazzanti e inaccettabili. Se ne occuperanno i probiviri.

Poteva mancare la Sicilia? Non poteva. Report racconta di Antonio Mazzeo, uno dei primi leghisti a ottenere consensi a Meletto, in provincia di Catania) e del suo zio acquisito Mario Montagno Bozzone su cui pende una condanna in primo grado per concorso in omicidio. La rubrica di Rai 3 cita la presenza dello zio al comizio del nipote per la corsa a sindaco a Meletto. La replica: “I parenti non si scelgono, io ho sempre condannato la mafia”

Siamo alle solite, i figli non sanno mai di che pasta sono fatti i padri”. Ancora, il caso di Carmelo Lo Monte, ora leghista, ex assessore in Sicilia, su cui pende una condanna della Corte dei Conti per presunte assunzioni illegittime al 118 e le vicende dei due fratelli Salvino e Mario Caputo, salviniani di Palermo. Dopo la condanna del primo per tentato abuso d’ufficio, il secondo si è candidato alle regionali. Sulla lista, furbescamente il solo cognome. Tutti e due sono agli arresti domiciliari. Alessandro Pagano, coordinatore dei salviniani nella Sicilia occidentale (ma anche vicepresidente del gruppo Lega alla Camera), ha pagato politicamente per questa operazione. Da Milano è arrivato il sottosegretario agli Interni Stefano Candiani, commissario in Sicilia. Ha dovuto prendersi sulle spalle il caso dell’ex presidente dell’Ente di formazione Isfordd, denunciato da alcuni dipendenti per la presunta sottrazione di fondi dello stesso ente. Candiani, evidentemente dotato di spirito, ha detto, testualmente, “Si vede che sono stati folgorati sulla via di Damasco, non si tratta di trasformismo, a volte cambiare opinione è sintomo di intelligenza (!!!)”. E poi…respinta la richiesta dell’inviata di Report di vedere i bilanci di “Noi con Salvini”.

Thank you very match, Report, è bello sapere che ci sei.

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