Di questa sinistra si può morire

Per i malati terminali, la pietas di chi li assiste sceglie la strada della terapia estrema per impedire che il male irreparabile infligga anche l’aggravante del dolore, e consentire che il paziente lasci scivoli nella morte senza inutili sofferenze. Se la premessa può apparire sconveniente, attribuita all’analisi della condizione di coma profondo della sinistra storica, non è responsabilità di chi scrive, ma dello stato di caos patologico di quel che ne residua. Il tracollo di consensi, su cui si è proiettata la sciagurata coalizione gialloverde in un corpo sano della politica avrebbe generato scompiglio, azioni di pronto soccorso, interventi radicali di analisi e di revisione. Niente di tutto questo e anzi un arruffato scambiarsi critiche, un incrociarsi di veleni, il nulla che somigliasse a progetti condivisi, a un check up esplorativo, a una diagnosi rigorosa, politicamente spregiudicata, indispensabile per sanare il Pd malato e oltrepassare in fretta il sommario ed evanescente mea culpa per il black out nel rapporto con le sofferenze sociali degli italiani. A conferma dei clamorosi errori del passato, di scissioni ideologiche o più banalmente sollecitate da schegge della sinistra in cerca di visibilità personale, la giornata di questo 6 dicembre si apre con l’ipotesi verosimile di una nuova frammentazione, protagonisti i renziani. La grande isola, abitata con Berlinguer leader dagli eredi del partito comunista, si trasforma morfologicamente e diventa un arcipelago di atolli, esposti alla violenza dello tsunami gialloverde. Delle due l’una: o somministrare morfina a dosi elevate per accompagnare la scomparsa indolore del Pd e assecondare il detto “morto il re viva il re”, rifondare la sinistra, o scoprire in fretta la terapia capace di svegliare il paziente dal coma, di proporre una risposta collegiale della maggior parte degli organi colpiti dal morbo della conflittualità. Per il laboratorio idoneo a scoprire il farmaco del miracolo, il problema dei problemi sono l’attuale nebulosità della strategia per la resurrezione, la mancanza di una leadership adeguata e l’agitarsi inconsulto di modesti aspiranti al governo di una barca che stenta a galleggiare da anni.

Tutto il resto non è noia, come recitava una canzone di Califano, ma può rimanere per un giorno in disparte. In assenza di un’opposizione di popolo, lo s-governo gialloverde continua imperterrito a far danni. Cocciutamente non rinuncia a un contratto di governo che spinge l’Italia sull’orlo del baratro, aggrava gli oneri fiscali degli italiani, ignora le urgenze del mondo imprenditoriale, si rimangia, per fortuna, le folli promesse elettorali, continua a scippare miliardi dalle casse dello Stato con lo spread fuori controllo e apre spiragli anticostituzionali a forme di autoritarismo molto prossime al neofascismo.

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