Lo spread sfonda a 340 punti e il governo se ne frega

La prospettiva di una bocciatura bis della manovra sottoposta al giudizio della Ue, con lettera di accompagnamento che nega ogni revisione dei dati su deficit e pil, provoca lo sfondamento dello spread a quota poco al di sotto dei 340 punti base e sono immediate le ripercussioni sulla vendita dei buoni del tesoro italiani, mai così in basso. In apertura ne sono stati acquistati per la modestissima cifra di mezzo miliardo con rendimento del 3,7%, punta massima dal febbraio del 2014. L’impennata dello spread misura la pessima affidabilità che i mercati assegnano al nostro Paese. Immediato il contraccolpo su piazza Affari e sulle banche una raffica di vendite. Sospesa la quotazione del banco Bpm, in ribasso di oltre quattro punti. Il Ftse Mib, acronimo di Financial Times Stock Exchange Milano, cioè il più significativo indice azionario della Borsa italiana, registra un preoccupante calo dell’21,4% e la bocciatura della Commissione Ue complicherà il rapporto tra Roma e i mercati. Intervistato da Fazio, l’economista Cottarelli, quando lo spread stazionava su quota 300 ha commentato con la prudenza dei saggi che eravamo sull’orlo del baratro, ma ancora fuori. Oggi lo confermerebbe? E comunque ammetterebbe che è in pericolosa salita il rischio per prestiti e mutui. L’Abi, Associazione bancaria italiana, lancia l’allarme sulle conseguenze di uno spread così alto. Le associate continuano faticosamente a sostenere l’economia, ma se il differenziale dei bond tra Italia e Germania rimasse così alto o peggio dovesse ancora crescere, se prendesse consistenza la sciagurata ipotesi dell’uscita dalla Comunità, gli effetti ricadrebbero sul sistema bancario e sull’intero paese: erosione del capitale delle banche, aumento dei tassi sui prestiti e loro diminuzione, minori investimenti, calo del risparmio, aumento del costo del debito e ricaduta negativa sul Pil che è già in fase negativa. Spia dei conti in rosso della nostra economia è il passivo degli investimenti di Buoni del Tesoro italiani all’estero.

Conte si astiene da analisi e commenti, Di Maio dichiara “tiriamo dritto”, Salvini ripete con sfrontata tracotanza “Me ne frego” e Tria è ormai ben dentro il ruolo di ammortizzatore, incudine che riceve colpi di martello dal suo governo e dalla Ue. Peggio di così…

Cresce l’onda del dissenso nei confronti del vertice pentastellato e diventa clamorosa fronda interna, alimentata dal mal di pancia di venti deputati che contestano la subordinazione di Di Maio al diktat imposto da Salvini con il voto di fiducia per approvare il Decreto Sicurezza. I contestatori hanno manifestato esplicitamente dubbi e ostilità al decreto firmando una lettera che chiede di rivederlo: “Riteniamo che il testo abbia molte criticità, che si rifletteranno pesantemente sulla vita dei cittadini. Un testo che non trova, in molte sue parti, presenza nel contratto ed è, in parte, in contraddizione col programma M5S”. Giudizio inequivocabile, contro una proposta che, secondo i firmatari, restringe i diritti per i richiedenti asilo e si oppone alla protezione umanitaria.

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