CONCORDATI PREVENTIVI / LA FILA SI ALLUNGA, ORA C’E’ LA MANTOVANI 

Ormai sta diventando una moda. Ossia il ricorso al “concordato preventivo in continuità” per molti gruppi di costruzione in difficoltà economiche ma soprattutto finanziarie. Negli ultimi mesi vi hanno fatto ricorso Condotte, Astaldi, Grandi Lavori Fincosit, ora è la volta di Mantovani e presto può essere il turno del colosso delle coop CMC.

Anche per Mantovani il motivo è soprattutto uno: una forte crisi di liquidità provocata da crediti incagliati, lavori non pagati e impossibilità quindi di onorare i propri debiti ai fornitori, difficoltà nei rapporti con le banche con la necessità, se il concordato viene approvato dal tribunale, di “rinegoziare il debito”.

Grandi Lavori Fincosit e Mantovani hanno avuto un problema comune in più: gli eterni lavori del Mose, gestiti dal Consorzio Venezia Nuova, finito sotto inchiesta come del resto i vertici delle grosse imprese che ne facevano parte (fra cui appunto le due società). Nel caso di Mantovani, a finire sotto i riflettori della magistratura l’ex presidente Piergiorgio Baita.

E nel documento con il quale viene chiesto il concordato, i dirigenti di Mantovani fanno un esplicito riferimento alla vicenda del Mose, quando sottolineano “i comportamenti degli amministratori straordinari del Consorzio Venezia Nuova divenuti sempre più ostili e conflittuali”.

Ad agosto scorso il ramo costruzioni di Mantovani è stato fittato alla Coge Costruzioni Generali, che fa capo alla famiglia Ferrari, lombarda doc. Nell’operazione sono intervenuti anche un paio di fondi inglesi. Mantovani dovrebbe completare ancora un 6 per cento di opere per il Mose: per far questo, ora, entra in campo la nuova CogeMantovani.

Sempre che tutto vada in porto, dopo anni e anni di inchieste, mazzette e soldi buttati al vento: e per un’opera, il Mose, di cui si ignora la reale utilità.

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