DEPURATORI E FOGNE / DAL CRESME UN RAPPORTO CHOC

Da quinto mondo. Uno choccante dossier elaborato dal Cresme e titolato “Rapporto congiunturale sull’innovazione e sul mercato dei sistemi acquedottistici, fognari e di depurazione dell’acqua in Italia”, non solo ha ben poco modo di trattare d’innovazione e di nuove tecnologie per il futuro, ma fotografa una situazione da brividi.

Una situazione davvero disperata, perchè praticamente tutte le regioni – ovviamente quelle del Sud in modo molto più marcato, ma anche alcune sorprese arrivano dal centro nord – mancano di impianti, in una misura compresa tra il 56 e il 30 per cento.

La drammatica classifica vede in testa la Sicilia, con una carenza che supera addirittura il 56 per cento; seguono Calabria (54 per cento), Marche (51,5), Veneto (50,6), Toscana (50,5), Friuli (49,3), Molise (42), Sardegna (41,2) Campania (39,5), Liguria (38,8), Lombardia (37,1), Provincia autonoma di Trento (36,4), Abruzzo (36,1), Valle d’Aosta (34), Lazio (33), Basilicata (32,8), Emilia Romagna (32,3), Puglia (31,7), Umbria (31,3), Piemonte (30,3), Provincia autonoma di Bolzano (0,3). Il tutto per una media nazionale che supera il 40 per cento, attestandosi per la precisione a quota 40,4 per cento.

Così commenta il rapporto: “Sembrerà assurdo ma ancora oggi in Italia vi sono 40 comuni (di cui solo 26 in Sicilia) nei quali vivono 385.249 persone, privi di un servizio di fognatura. Questo significa che sversano lo scarico del water nei canali, nei prati o in mare”. Come succedeva trent’anni fa nella campagne polacche o ungheresi.

E poi viene rilevata: “la mancanza di un qualsiasi servizio di depurazione in 342 comuni (di cui 75 in Sicilia, 57 in Calabria e 55 in Campania) nei quali risiedono complessivamente circa 1,4 milioni di abitanti. Nel 2015, anno dell’ultima rilevazione, ben il 40,4 per cento dei carichi inquinanti di origine civile non è risultato sottoposto a un trattamento depurativo almeno di tipo secondario”.

Afferma il direttore del Cresme, Lorenzo Bellicini: “Oggi su una rete di 300 mila chilometri di acquedotto, ben 70 mila risalgono ad almeno mezzo secolo fa. Il risultato è che la situazione è dignitosa laddove vi è stata una manutenzione ordinaria, mentre altrove è drammatica. Del resto i crolli dei ponti registrati negli ultimi mesi sono la palese dimostrazione dello stato di salute assolutamente precario del nostro sistema infrastrutturale”.

A nulla servono sanzioni e multe milionarie erogate dalla Ue nei nostri confronti, la manutenzione continua a restare un’utopia. “Il prezzo da pagare – continua Bellicini – salirà di molto, considerando la lentezza con cui nel nostro Paese si procede a sanare le irregolarità su questo fronte. Gli agglomerati ancora difformi sono 74 e generano complessivamente un carico inquinante di circa 6 milioni di abitanti equivalente. Rischiamo ulteriori sanzioni, aggravando così il costo degli interventi per sanare la situazione”.

E siamo al top dei paesi industrializzati…

 

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