Ilaria, più forte di falsi e omertà

L’Italia dei segreti di Stato, degli omissis, dello sporco nascosto sotto il tappeto dell’omertà, delle verità negate, dei crimini senza colpevoli a tutela di presunti intoccabili, questa Italia, è sconfitta per una volta da una giovane donna più forte di inerzie, falsi, depistaggi, coperture di crimini con la complicità di chi dovrebbe perseguirli. Ilaria Cucchi mette al tappeto chi ha provato per dieci anni a mentire sulla morte del fratello Stefano, massacrato dai carabinieri. La tenacia a non rassegnarsi, a non subire i poteri forti, che hanno coperto un delitto atroce, alla fine mette al tappeto gli assassini di Stefano e squarcia il velo di omertà dell’Arma a cui appartengono i torturatori del giovane Cucchi. Il racconto di uno di loro, dopo nove anni di silenzio ordinato dal comandante della stazione dove avvenne il pestaggio mortale, inchioda i carabinieri del massacro. Stefano fu ucciso a calci, vittima di un violenza inaudita, animalesca. Quando il carabiniere Tedesco, che ha rivelato la brutalità dell’omicidio, chiese al comandante Mandolini cosa dovesse dichiarare, gli fu risposto “Riferisci al Pubblico Ministero che stava bene”. Come sviarono le indagini? Falsificando la verità, il verbale dell’arresto, l’esito della perquisizione di Cucchi nel registro della caserma dove il giovane fu picchiato a morte, le annotazioni della caserma dove era stato trasferito prima dell’interrogatorio previsto dal processo per direttissima, ma cosa ancora più grave la nota con cui il carabiniere Tedesco informava il comando sull’accaduto. Troppe davvero le manovre per oscurare la verità. Chi indaga sospetta che i responsabili del depistaggio e la copertura dei falsi non siano solo il maresciallo Mandolini e gli assassini di Cucchi. Il punto è che se cade il muro di omertà si deve alla determinazione instancabile, pressante, di Ilaria Cucchi e al peso insopportabile sulla coscienza del carabiniere Tedesco, oscurata per anni dai superiori.

Suona male il commento del ministro dell’Interno. Chiede che siano puniti “eventuali reati o errori di pochissimi uomini in divisa”. Il vice premier finge di ignorare la condanna a quattro anni di reclusione inflitta a uno dei due carabinieri che usarono violenza su due studentesse americane e il rinvio a giudizio dell’altro militare accusato dello stesso reato. Ma soprattutto finge di non essere a conoscenza di altri numerosi episodi di carabinieri corrotti, collusi con la malavita organizzata, colpevoli di pestaggi. La confessione del carabiniere Tedesco e soprattutto la vittoria di Ilaria Cucchi non sono importanti solo per aver sanato il vulnus di un reato commesso da chi dovrebbe tutelare le persone e si comporta da criminale. La drammatica vicenda induce a ripensare ad episodi analoghi con esito opposto e cioè con l’archiviazione e il mancato accertamento di colpevoli e complicità. Uno per tutti la morte in provincia id Napoli di un ragazzo mentre si allontanava in motorino, colpito alle spalle da un poliziotto.

Speriamo non sia sfuggita la minaccia di mettere le mani nelle tasche degli italiani che nulla hanno a che vedere con il razzismo della Lega e il sovranismo dei 5Stelle, ma contribuiscono al loro consenso, usurpato con promesse impossibili da mantenere, espressione di propaganda elettorale, prassi tipicamente berlusconiana. Messi alle strette dall’incompatibilità tra i costi della flat tax e del reddito di cittadinanza con le risorse finanziarie disponibili, il gatto Di Maio e la volpe Salvini provano a intenerire gli italiani: “Ssiate generosi, contribuite a finanziare le nostre leggi”. Poi, il più rozzo dei due, al secolo il Ce l’ho duro Salvini, insinua che il suo governo potrebbe dover prelevare il necessario dai conti correnti. Si salvi chi può

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