GROSS PIETRO / AUTOSTRADE & BANCHE, DANARI A PALATE E CONFLITTI D’INTERESSE

La notizia, pressocchè oscurata dai media di regime, filtra solo via web. Ma immaginiamo se un marziano riuscisse mai a leggerla: sverrebbe di botto. 

Rappresenta lo spaccato emblematico del motivo per il quale questo Stato sta andando dritto – consapevolente, anzi scientificamente – in bancarotta; perchè le privatizzazioni sono state uno più dei colossali bluff dalla nostra classe politica e dirigente; perchè i servizi e le infrastrutture pubbliche fanno schifo e ci ritroviamo ogni settimana con morti sotto il cemento, ad esempio, di viadotti & ponti. 

Uno dei protagonosti maximi – emblematico di questo ‘costume’ politico-affaristico – si chiama Gian Maria Gross Pietro, un ‘luminare’ dell’economia, un super poltronista: Università Luiss, Ispi (Istituto Scienze Politiche Internazonali), ABI (Associazione Bancaria Italiana), solo alcuni tra gli scranni. 

Romano Prodi. In alto, Gian Maria Gross Pietro

IL GRAN REGISTA ROMANO PRODI

Gli anni base per capire il meccanismo della “bancarotta fraudelonta di Stato” – sarebbe proprio giusto chiamarla così, una modesta proposta agli inquirenti – sono quelli del boom-privatizzazioni, quando sinistra, centro e destra, in modo che più consociativo non si può (anche se una sorta di timone può essere virtualmente attribuito alle indubbie capacità di Romano Prodi) cercavano di ossigenare le loro casse. 

Attenzione alle date, che distano di qualche anno dal famoso incontro tra Big (e Pig) al Britannia di queen Elizabeth nella rada di Napoli per spartirsi a morsi i pezzi pregiati del nostro patrimonio industriale (e non solo): una vera suddivisione della torta tra politici, banchieri, faccendieri e imprenditori taroccati. 

La ‘mission’ di Prodi come ultimo presidente IRI che già aveva ben concimato il terreno per le svendite di Stato, giunge così al suo capitolo finale. Ed ecco che gli subentra, come esecutore testamentario, in qualità di liquidatore, Gian Maria Gross Pietro, il suo uomo ombra, uno dei più attivi per far crescere la creatura tanto cara a Prodi, Nomisma, del quale oggi Gross Pietro è presidente onorario. 

E’ uno che impara subito, Gross Pietro, solo poco più di due anni per liquidare il colosso Iri. Neanche un attimo di tregua e passa, con le stesse funzioni di becchino-liquidatore all’Eni, dove rimane fino al 2002. L’appetito viene mangiando ed ecco il tris, che si chiama Atlantia, la quale ha in pancia la perla Autostrade per l’Italia.

Stavolta la permanenza sarà ben più lunga, addirittura dal 2002 al 2010: si vede che i nodi da sciogliere, gli affari da gestire, gli accordi da prendere, sono tanti e di gran peso politico ed economico.

Sono gli anni bollenti per Atlantia-Autostrade, sia sul fronte interno che internazionale: c’è da giocare, in casa, la partita strategica del rinnovo delle concessioni, che finirà, come sappiamo, a tarallucci e vino, con un vero e proprio trionfo per i concessionari, che se le vedranno rinnovare – udite udite – niente meno che fino al 2038, cosa che nessun paese al mondo crederebbe mai e che incredibilmente non ha destato scalpore a livello Ue, in questi casi rigidissima. Mah: si mostra ancora una volta il Moloch dei Potenti a scapito dei cittadini.

L’altra partita è quella estera, dove cominciano le trattative con Abertis, il colosso spagnolo delle reti autostradali: una partita arrivata ai supplementari, visto che dopo un accordo che sembrava ormai raggiunto, il crollo di ponte Morandi a Genova ha rimesso sul tavolo la questione con gli spagnoli. 

 

IL GRANDE ESECUTORE GROSS PIETRO, 1 MILIONE MESE

Da perfetto “privatizzatore” Gross Pietro porta a termine il suo compito. Autostrade per l’Italia viene divisa in tre belle fette: la più grande va ad Atlantia della dinasty dei Benetton, l’altra grossa fetta ai Gavio che già hanno un bel po’ di autostrade in giro per la penisola; la parte più piccola ad un gruppo in ascesa, Toto. 

Continua a lavorare ancora per “lo Stato” (sic), Gross Pietro, ma durante le trattative deve evidentemente essere sbocciato un amore, un forte feeling con qualcuno dei Benetton: 3 fratelli e una sorella, quella che ha organizzato la maxi festa ferragostana a Cortina d’Ampezzo degna della Contessa Serbelloni Mazzanti Vien dal Mare. 

Ed è così che dopo qualche tempo Gross Pietro fa armi e bagagli e passa alla corte dei Benetton. Per “amore amore”? Per via del ricco cachet mensile che gli viene passato, 900 mila euro e rotti (altri 90 mila)? Per i programmi di sviluppo in cantiere che intende sviluppare e non vuole lasciare a metà? Boh. Forse un po’ di tutto. 

L’ex guardasigilli Paola Severino

Ma i Benetton puntano sempre più in alto, e visto il rischio che i lavori comportano – vedi il tragico caso di Genova – pensano di attrezzarsi bene e di raccogliere sul mercato il fior fiore dei professionisti. E’ in questo modo che si spiega l’arruolamento dell’ex ministro dei Lavori pubblici nel biennio 1998-1999, Pietro Costa, che si occuperà soprattutto della SPEA Engineering, un’altra controllata strategica di Autostrade, perchè s’interessa in prevalenza di manutenzioni. Nel piano di ampia diversificazione dei sempre più massicci utili passando dai pullover alle autostrade e non solo, i Benetton decollano presto con l’aeroporto di Nizza, dopo aver vinto la gara per la privatizzazione, e si accaparrano anche altri due aeroporti regionali francesi. Sarà Costa a sbrigare le pratiche. 

Senza dimenticare la chicca franco-inglese del tunnel che passa sotto la Manica: l’anno scorso i sempre più dinamici Benetton hanno gustato davvero un bel boccone, la maggioranza delle azioni della società che controlla l’Eurotunnel. 

Tra i fiori all’occhiello del nuovo staff delle Autostrade griffate Benetton, ecco il nome di un altro ex ministro, Paola Severino, titolare di un avviatissimo studio legale milanese e Guardasigilli

nell’esecutivo Renzi. 

Cambia anche il fronte della comunicazione, che viene affidata a “Barabini & partners”, cui si è poi aggiunta “Comin & Partners”. La prima fondata dal genovese Luca Barabini, la seconda da Gianluca Comin, docente di comunicazioni e tecniche pubblicitarie alla Luiss ed ex portavoce al ministero dei Lavori pubblici nel primo ministero Prodi.

E LA SUPERPRESIDENZA INTESA SAN PAOLO 

Enrico Cuccia

Ma eccoci ad un’altra tappa fondamentale nell’interminabile, fastoso percorso professionale di Gross Pietro: la poltrona di presidente del consiglio d’amministrazione della prima banca di casa nostra, il gruppo Intesa-San Paolo, dove il 1 febbrao 2018 va ad occupare la poltrona appannaggio del più longevo (forse solo secondo a Enrico Cuccia) banchiere italiano, Pietro Bazoli, finito nelle maglie di una non simpatica inchiesta giudiziaria. 

Succinto e compendioso il primo commento di Gross Pietro alle agenzie: “Nei prossimi tre anni le aggregazioni tra le banche saranno del giorno in Europa”. Boh. Poi si spiega un po’ meglio: “gli investitori hanno apprezzato il nostro piano per la grande solidità del business. Puntiamo a diventare un campione europeo”. Di poche parole.

Certo, con un top come Gross Pietro nel motore, il traguardo non è impossibile, e soprattutto per la tante manovre e operazioni che l’istituto di credito ha in campo. 

C’è ancora un amacord. Gli analisti economici ricordano che  fu proprio Banca Intesa a prestare al gruppo Benetton gli 8 miliardi di euro per acquistare la catena GS. Un investimento più che un acquisto, in realtà: tanto che a breve i Benetton hanno rivenduto GS ad un valore nettamente superiore, realizzando una maxi plusvalenza. 

E guarda i casi della vita: oggi Gross Pietro si trova sulla poltrona più alta di quella sempre cara Banca Intesa. 

Non è finita qui. A quanto pare,  negli ambienti finanziari circola una voce. Fra i Benetton e Gross Pietro quell’idillio è finito, anche in modo un pò burrascoso. Temporali d’estate? Sembra che dopo alterni litigi – anche sulla questione Abertis – sia stata decisa una separazione consensuale. Peccato che in quella separazione non fosse prevista una clausola come lorsignori sanno ben fare anche nelle più semplici concessioni: il divieto di andare a lavorare per la concorrenza. 

Invece, sempre stando ai rumors, Gross Pietro non ci ha messo più di tanto per andare ad occupare una poltrona a tavola della famiglia Gavio, l’eterna rivale dei Benetton nel settore. Come fanno anche i calciatori di lusso, ci sarebbe stato anche un forte taglio delle stipendiuccio: dimezzato. 

Ma si sa: si tratta sempre “finta concorrenza”, quest’appalto a te questo a me, ‘sta concessione a me la prossima a te. Le regole, semplici e ‘trasparenti’ del poker taroccato. 

Paolo Cirino Pomicino

Che va bene a tutti i Big del settore. Meno alle piccole e medie imprse sempre escluse, meno allo Stato (complice) Pantalone che sgancia sempre, meno ancora per i cittadini che pagano pedaggi spesso illegittimi: come capita per la Tangenziale di Napoli, controllata da Autostrade e presieduta dall’inossidabile ‘O Ministro Paolo Cirino Pomicino. 

Sorge a questo punto una domanda alta come un grattacielo: ma non c’è qualche piccolo conflitto d’interessi tra il presidente della più grossa banca italiana e la sua presenza ai vertici delle sigle  delle Autostrade: o almeno una delle due, se il nuovo fidanzamento con Gavio funziona?

E’ possibile che l’Antitrust, l’Anac, altri enti di controllo e soprattutto la magistratura, non aprano bocca e muovano un dito? 

E’ possibile non dire una sillaba se le cose stanno realmente così?

Oppure – ammettiamolo – viviamo ormai in una giungla che più tropicale non si può.

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