RAUL GARDINI / PERCHE’ DOVEVA MORIRE

Il mistero della morte di Raul Gardini, uno dei buchi nei della martoriata storia italiana. Lo abbiamo scritto in un’inchiesta nei giorni scorsi. Una ferita ancora aperta nel cuore della Tangenpoli di casa nostra. I figli invocano giustizia ma dovrebbe essere soprattutto uno Stato degno ancora (ne dubitiamo) di tal nome a pretenderla. 

Sapeva tanto dei misteri della maxi mazzetta Enimont dove tutti i partiti erano dentro, la madre di tutte le tangenti. Il suo pm era Antonio Di Pietro che con lui non usò certo il guanto di velluto che in realtà utilizzò praticamente con nessuno dei suoi inquisiti: tranne che con Francesco Pacini Battaglia, dello Chicchi, l’uomo a “un passo da Dio”, colui il quale non solo sapeva tutti i segreti della Enimont story, ma anche sugli esordi affaristici della Alta Velocità, sulla quale avevano appena cominciato ad indagare Giovanni Falcone e Paolo Borsellino: e con ogni probabilità per questo stati uccisi, avendo scoperto gli inconfessabii patti tra politici nazionali, mafie e imprese di riferimento.

Di Pietro al processo Enimont. In apertura Raul Gardini

Per questo Dovevano morire (come hanno scritto Ferdinando Imposimato e Sandro Provvisionato nel 1999), così come doveva morire Gardini e così come doveva naufragare il troncone dell’inchiesta milanese sulla (TAV ed Enimont in pole position) affidata appunto a Di Pietro. Che se la sbrigò in poche battute. Il grande imputato, Chicchi Battaglia, si presentò affiancato da un avvocato che al Foro di Milano nessuno aveva mai visto prima in circolazione: Giuseppe Lucibello, giunto da poco dall’avellinese per fare il legale nella gran Milan. E per sua grande fortuna gli capita subito un cliente da novanta, quello che tanti avvocati aspettano per una vita e non vedono mai bussare al loro studio: nientemeno che Pacini Battagia, l’uomo che conosce tutti i Misteri & i Segreti d’Itaia. Ma chi li mette in contatto? Il pm, l’inquisitore di Pacini, ossia Antonio Di Pietro. Ai confini della realtà.

Ed è prorpio per questo che tutti i grovigliosi maxi misteri, tutte le storie a base di maxi tangenti e volar di danari, accordi corruttivi e quant’altro costituisce illegalità alla centesima potenza, per un autentico miracolo di scioglie come neve al sole. 

Pacini Battaglia verrà interrogato per un paio di volte dal morbidissimo Di Pietro, che lo lascerà andare libero come un fringuello senza fargli scontare neanche un’ora a guardare il cielo a scacchi.

Per quanto riguarda Gardini, invece, il ghigno di Hannibal torna in campo. Il pm convoca il suo indagato per le 9 di mattina in procura: Gardini non si presenta, perchè nel frattempo, nel suo studio di casa, s’è sparato una rivoltellata alla testa. Portando con sé tutti i segreti. 

Sulla fine di Raul Gardini è appena uscito un volume scritto da Matteo Cavezzali, edito da minimum fax e titolato “Icarus. Ascesa e caduta di Raul Gardini”. 

Scrive il Corsera: “Nel Mistero Gardini c’è troppo: la sua morte. Quella di almeno altre quattro persone (Cavezzali indica oltre a Gardini, Franco Piga, Sergio Castellari, Gabriele Cagliari e Lorenzo Necci), coinvolte nella storia monstre di Enimont.”

Tra gli altri, Cavezzali intervista la guardia del corpo-assistente di Gardini, Leo Porcari, che sostiene: “Gardini è stato ucciso, ne sono più che sicuro”. 

Qualche magistrato è andato mai a chiedergli perchè ne è così certo?  

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