Anticiclone climatico, ciclone parlamentare

Gabriella Ferri, mitica stornellatrice romana: “Tutti ar mare, tutti ar mare, a mostra’ le chiappe chiare, co’ li pesci, in mezzo all’onne, noi s’annamo a diverti’. Qualcuno nei giorni scorsi ha canticchiato questa strofa nei corridoi di Montecitorio e i disonorevoli onorevoli hanno ritenuto che fosse un invito del Parlamento a vacanze anticipate. Di qui l’assenza dei leghisti alla seduta che ha commemorato la morte di Borsellino e della sua scorta e ieri il pienone di assenti, a prescindere se di destra, centro o di sinistra. In aula una decina di deputati. In discussione non c’era la collezione di farfalle di Verdini, ma il futuro della più grande e importante acciaieria italiana, dell’Ilva di Taranto. Era prevista l’interpellanza urgente a Di Maio: banchi vuoti di M5s, Lega, Pd e FI. Si è levata la protesta di Sensi, Pd che ha denunciato le assenze della maggioranza. Niente Lega, due pentastellati. Aveva ragione ma forse è affetto da miopia selettiva perché non ha fatto la somma dei presenti del suo partito: quattro, cinque? Per rinfrescare la memoria si ricorda che la Camera conta su 630 deputati. Anche questo è il Parlamento italiano. Che ne pensa il Giggino di Pomigliano?

La cronaca giudiziaria italiana non si fa mancare niente e ogni giorno ha di che raccontare. Paolo Savona, ministro degli affari europei, è indagato per gli affari suoi a Campobasso. L’inchiesta del Pubblico Ministero Venditti coinvolge 23 persone con l’accusa di presunta usura bancaria. Savona era al vertice di Unicredit. L’inchiesta si occupa della realizzazione di parchi eolici in Molise, Puglia e Campania.

Indagato per falso in bilancio dalla Procura di Milano Yonghong Li, che un anno fa ha rilevato la proprietà del Milan Calcio dalla Fininvest di Berlusconi per 740 milioni. Per il club rossonero anche una buona notizia. Sky afferma che è stato accolto il ricorso e potrà partecipare all’Europa League.

Berlusconi sapeva dei rapporti tra Dell’Utri e la mafia. Paolo Borsellino è morto per essersi opposto alla Trattativa tra Stato e Cosa nostra. Il dialogo aperto da uomini delle Istituzioni con Totò Riina ha accelerato il piano per eliminare il magistrato. L’anno successivo, a dare accelerazione alla decisione della mafia, fu Marcello Dell’Utri, intermediario di Silvio Berlusconi, appena sceso in politica, al corrente dei rapporti tenuti del suo braccio destro con Cosa nostra. E’ quanto sostengono i magistrati della Corte d’Assise di Palermo con le motivazioni della sentenza sulla trattativa, depositate dopo vent’anni dalla strage di via D’Amelio. I giudici scrivono che con l’accondiscendenza a Cosa nostra, garantita da Dell’Utri, intermediario di Silvio Berlusconi, si consolida la strategia ricattatoria intrapresa da Riina nel 1992. Secondo la Corte, Dell’Utri sarebbe stato la cinghia di trasmissione con Cosa nostra della minaccia la governo presieduto dall’ex premier. L’ex senatore era il collegamento con le cosche che ricevevano grosse somme di denaro. Nella documentazione c’è anche il libro mastro del boss Di Natale, dov’ è segnata la cifra di duecentocinquanta milioni di lire. Dell’Utri era il trait d’union con Cosa nostra per i pagamenti, informava l’ex cavaliere dei rapporti con i mafiosi ed era autorizzato a versare le somme richieste. Altro che Gomorra.

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