ENI & ALGERIA / FRESCHI ACCORDI, PROCESSO AL TERMINE  

Tornano sul luogo del delitto, i vertici Eni. Mentre infatti si sta per concludere a Milano il processo per corruzione internazionale e le tangenti algerine a carico del colosso petrolifero, del suo ex presidente Paolo Scaroni e della partecipata Saipem, salgono alla ribalta i fresci accordi con il paese nordafricano, attraverso la stipula di un maxi accordo con la compagnia di Stato Sonatrach. La stessa coinvolta nella precedente story.

Partiamo dalle news. E’ di metà aprile il patto siglato ad Orano per rinforzare il partenariato tra Eni e Sonatrach, firmato dai due attuali vertici societari, ossia Claudio Descalzi e Abdelmoumem Ould Kaddour. Al centro dell’accordo, un “ambizioso programma” – così viene definito negli ambienti petroliferi – di esplorazione, sviluppo e sfruttamento dei giacimenti nel bacino del Berkine, che “porterà alla messa in produzione di nuove risorse gas attraverso l’utilizzo e l’ottimizzazione delle infrastrutture esistenti”.

Of course, non può mancare all’appello un corollario ‘green’, per l’ormai rituale sviluppo delle fonti rinnovabili. Così come è imprescindibile un riferimento all’implementazione del settore ‘Ricerca e Sviluppo’, come si conviene nei salotti buoni dell’industria energetica.

Qualche numero. Eni è presente in Algeria dal 1981, può contare su un pigue portafoglio di licenze e permessi minerari (ben 32) e fa segnare una lavorazione quotidiana da circa 100 mila barili.

Come detto, al tribunale di Milano è alle sue battute conclusive il processo per un capo d’accusa da non poco, corruzione internazionale. Così come – sempre a Milano – è a quelle iniziali un analogo processo per tangenti in Nigeria, che vede sul banco degli imputati proprio l’attuale numero uno, Descalzi.

Non è certo finita. Sempre in Africa, bollono in petola altre piste mazzettare, stavolta intrecciate sulla rotta del Congo: la vicenda è salita alla ribalta delle cronache neanche una decina di giorni fa, ai primi di aprile (ma non si tratta di un pesce).

Il poker è completato da una maxi inchiesta sia milanese che brasiliana, la Lava Jato: quest’ultima  ha portato sotto inchiesta mezza classe politica carioca, a cominciare dagli ex presidenti Ignacio Lula da Silva, fresco di una condanna a dieci anni di galera, e alla sua fedelissima Dilma Roussef, costretta all’impeachment.

Anche in quest’ultima vicenda Eni è in allegra compagnia con Saipem (oggi partecipata anche dalla Cassa Depositi e Prestiti) e con il colosso privato Techint che fa capo al gruppo guidato da Gianfelice Rocca.

 

nella foto Claudio Descalzi

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