STRAGE DI BOLOGNA / PROCESSI E INCHIESTE DOPO 38 ANNI

Nuovo filone processuale per la strage alla stazione di Bologna di 38 anni fa con 85 morti e 200 feriti. Si è infatti appena tenuta la prima udienza che vede come imputato il fino a ieri teste Gilberto Cavallini, comunque già condannato a svariati ergastoli per altre vicende di sangue. Ai confini della realtà.

Scusate il ritardo. Avevamo preso un abbaglio. Così oggi motivano gli inquirenti della procura di Bologna. Ecco le parole del pm Enrico Cieri davanti alla nuova corte felsinea: “Siamo arrivati in ritardo e di questo ci scusiamo, tuttavia il tempo trascorso non fa venir meno il dovere giuridico e morale di accertare i fatti e le responsabilità, anche a distanza di tanti anni”.

Ma cosa è successo? Adesso i pm scoprono l’acqua calda, dopo averne negato l’esistenza. E cioè il legame tra uno degli elementi di spicco ‘storici’ dei Nuclei Armati Rivoluzionari (Nar per i neri) e i condannati per la strage di Bologna, Giusva Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini, i quali hanno perfino già scontato la pena.

Negli ultimi processi, Cavallini è stato inquisito per appartenenza a banda armata e l’imputazione per strage era tramontata definitivamente nel 2013, quando gli stessi pubblici ministeri chiesero l’archiviazione.

Ma cosa sarà mai cambiato adesso sulla scena? “Una lettura combinata e coerente delle precedenti sentenze”, vale a dire non solo Bologna, ma anche piazza Fontana, Brescia e via con il sangue della strategia della tensione.

Sorge spontanea la domanda: come mai gli stessi inquirenti non hanno dato un po’ prima una letturina a quelle sentenze? Occorrono forse decenni per una guardatina alle carte “combinata” e “coerente”? Fino ad oggi avevano ruotato i pollici?

Francesca Mambro e Giusva Fioravanti all’epoca della strage

Incredibile ma vero, adesso i già condannati Fioravanti, Mambro e Ciavardini dovranno testimoniare sul loro ex compare di tante imprese criminali, il Nar ‘anziano’ Cavallini.

Non è finita. Perchè al nuovo processo verrà chiamato come teste un altro che di stragi se ne intende: Roberto Fiore, il numero uno di Forza Nuova, fresca di trombatura alle elezioni del 4 marzo. Condannato a nove anni e mezzo per tentata strage, Fiore non ha mai scontato quella pena, trascorrendo una dorata latitanza a Londra, ben protetto dai Servizi segreti di sua maestà britannica e riuscendo a coltivare affari – soprattutto immobiliari – da milioni di sterline.

Ora tornerà alla ribalta in un’aula processuale, Fiore.

Comunque c’è ancora una novità. La procura generale di Bologna ha aperto un’altra indagine: udite udite, sui mandanti della strage di Bologna. Sorge spontanea una seconda domanda: fino ad oggi cosa avevano fatto gli inquirenti? Caso mai adesso si comincia a indagare sul ruolo dei Servizi segreti? Ci si chiede solo ora se fu strage di stato?

Un’ultima ciliegina. La proposta del leader di Liberi e Uguali, Pietro Grasso, per la costituzione di una nuova commissione d’inchieste sulle stragi irrisolte. Cioè tutte, visto che i mandanti sono rimasti sempre a volto coperto, da via Fani passando per Capaci e via D’Amelio. E ha appena chiuso i battenti – con l’ennesimo flop – la commissione Moro presieduta dall’ex Dc-Margherita-Pd Giuseppe Fioroni.

Ma faceva il magistrato o lo scout, Grasso, ai tempi di quegli eccidi?

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