E venne l’apocalisse

Il pranzo è servito. C’è l’impresentabile Di Maio a capo tavola del banchetto che l’Italia ha imbandito per questo orripilante 5 marzo del 2018 da una finora nascosta previsione di Nostradamus posto in pole position tra le sciagure autoprodotte dall’umanità. Alla destra del fighetto, in quanto ospite d’onore, siede il portacolori dello squadrone nero, esemplare del peggio che una democrazia cosciente e diffusa avrebbe reso inoffensivo per sempre. Di chi si parla? Di chi riassume in sé le categorie ideologiche di razzismo-omofobia-neofascismo-xenofobia-antieuropeismo, riunite in un solo soggetto, di cui trascuro il nome per non infangare questa nota.

Al banchetto non sono invitati i pochi superstiti del naufragio della sinistra, che in vista del cozzo contro l’iceberg della combinazione populismo-qualunquismo, hanno scelto di non assistere al disastro con preventivi e ripetuti suicidi. In cucina, dove per prassi maggiordomo e domestici si rifocillano con gli avanzi dei padroni di casa, i perdenti spiluccano per non finire in anoressia, si dissetano con “i bicchieri colmi d’acqua” e assaporano la frittata di cui sono stati artefici. Altri, rintanati nel cupo silenzio del Nazareno, consumano pizze d’asporto, in cerca di invisibilità post elettorale. C’è anche chi gongola nella trattoria di Giuseppe (nome imposto da papà e mamma-falce e martello, in onore di “adda venì baffone”). Se la ridono i quattro amici in trattoria, ma è ghigno di cospiratori, dei D’Alema, Bersani, Civati, Fassina, dei compagnucci di ex Rifondazione Comunista, Sel, Sinistra italiana, tutti eredi del devastante scissionismo ex Pci. La demolizione di Renzi è andata alla grande, 5stelle, Lega e i reduci del Movimento Sociale di Almirante ringraziano. Per loro conto non sarebbero mai riusciti così bene nell’impresa e trionfa il diffuso “meglio all’opposizione che Renzi” pronunciato spavaldamente dalla quinta colonna sfociata nel surreale di Liberi e Uguali, allo sbando con la leadership dell’inconsistente Grasso e il defilato stratega D’Alema alla testa del nucleo guastatori, della truppa di genieri che ha sabotato l’edificio dem con cariche di tritolo allea fondamenta. La struttura si è sbriciolata, scossa dal fuoco incrociato di ordigni bellici scagliati dalla santa alleanza anti Pd covers all, onnicomprensiva di destra, centro e sinistra dei separati in casa.

Chi ha vinto? Fuori discussione, i paladini dello scontento, annusato per tempo dal comico genovese e il truce padano, epigoni di un sommovimento che parte di lontano. Questo strano mondo che di “Lassù” poteva essere organizzato con regole del gioco scritte con le parole, giustizia sociale, solidarietà, eguaglianza, pace, altruismo, questo strano mondo è regolato da canoni del terzo millennio esattamente all’opposto: ingiustizia sociale, intolleranza, diseguaglianza, guerre, egoismo, da est a ovest, da sud a nord, dalla cristianità all’islamismo. Di che meravigliarsi se il pianeta va a destra?

L’utopia di “avanti popolo, alla riscossa” può solo illudere quei napoletani che sui social propongono la resurrezione del partito comunista o i promotori di “Potere al popolo”, volenterosi, ma ininfluenti discendenti di Lotta Continua”.

Non ci rimane che assistere con poco cristiana rassegnazione e rabbiosa impotenza all’Italia pentastellata e in balia dell’onda anomala del razzismo nordista.

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