Ho votato, ma ero triste

Facce cupe questa mattina nei meandri della scuola allestita per ospitare i seggi elettorali. Nemmeno, un comunicazione non verbale di orgoglio per il diritto costituzionale di protagonismo democratico. Come mai? Per saperne di più ci vorrebbe uno studio all’aperto nei presi delle sedi di voto, con tanto di lettino dove analizzare le complesse motivazioni dei musi lunghi in chiave freudiana. Sarebbe possibile catalogare il popolo dei votanti e degli agnostici, per collocarli nelle categorie degli emotivi comunque, dei raziocinanti, di consapevoli sprovveduti e in comparti estremi degli incazzati per nascita, legittimi scontenti, politicamente spaesati o disattrezzati, idealisti frustrati, materialisti senza scrupoli, amici e parenti del candidato “X”, dei “voto turandomi il naso”, dei “è l’ultima volta che mi fregano, non voterò più”, dei poveri cristi che intascano 50 euro per mettere la croce sul simbolo del mandante fraudolento, di anziani ipo attivi mentalmente, istruiti dal parroco, dal camorrista, dall’amico di famiglia che ha il figlio in lista, dal padre con forte ascendete sulla prole abilitata per la prima volta a eleggere Camera e Senato, dagli ultra del qualunquismo populista.

Pescando nel prezioso archivio del bravo giornalista, si possono estrapolare perle di rara purezza, da abbinare a chi investe nel mestiere della politica. A sfogliare le cartelline personali degli “onorevoli”, ben custodite in ordine alfabetico, alla lettera B ci si imbatte nel dossier Berlusconi. Risparmiata all’impresentabile la frequentazione dei tribunali italiani per rispondere avari giuridici di processi penali e civili, l’attenzione è catturata dal sabato del silenzio che vieta di far propaganda elettorale alle vigilia del voto. Calato a Napoli come un unno, l’ex cavaliere, con la strafottenza che gli è propria e che purtroppo resterà impunita, ha tenuto un comizio volante. Al termine gli hanno chiesto un pronostico del voto e lui, dopo aver arringato pro domo sua per l’intera giornata, ha risposto “Alla vigilia del voto non parlo”. Grato per le “coccole” godute e in estasi per il ricordo di piacevoli trascorsi con le “olgettine”, l’incandidabile di Forza Italia ha esclamato in Tv “Chi mi tocca il culo?”. Storica la firma in calce all’impegno di mantenere le promesse elettorali, consegnato solennemente a Vespa, con la promessa di un “posto”. In casa FI l’allegra e vispa Brambilla, a capo del partito di cani, gatti e tartarughe, allieta i comizi di Forza Italia con “bau, bau e cai, cai, miao, miao”. Da Berlusca “Brava, bene, bis”.

E poi: due tra migliaia di competitor convocano i paparazzi e si fanno riprendere nel privato e nel pubblico: Sgarbi mentre siede sul water, Salvini che nel corso di una visita a una mostra di armi, imbraccia un potente fucile, in perfetto stile trumpiano.

Da uno a dieci, l’encomio per creatività pre-elettorale, la palma d’oro, l’oscar, è roba da dieci per Giggetto Di Maio. Il colpo di teatro, annunciato con un sorriso a trentadue denti e mezzo (la natura in previsione della sua scalata al potere gli ha donato un altro mezzo dente) si chiama Orietta (Galimberti). Sì proprio lei, la Berti del festival sanremese diretto dal maestro Angelini. La signora della canzone che il prossimo 1° giugno compirà 75 anni, colta da “giovanile” passione per capo grullino (pardon grillino) con l’occhio lucido di commozione ha dichiarato nel bel mezzo di “Che tempo che fa” di votare cinquestelle.

E che bello, le nonne giurano sulla Bibbia che il nipote Renzi è proprio un buono, la bambola Barbara D’Urso ospita Di Battista e lo gratifca con un “ma quanto sei alto” (?). Lui, in piena overdose di turpiloquio ha dato all’elettore italiano del “riconglionito”, preceduto negli anni ottanta dall’ex cavaliere (“chi non vota per me è un coglione”).

La Boschi, si è concessa uno stacco ludico, una full immersion, nel carnevale del Tirolo. Fontana, prima scelta di Forza Italia per governare la Lombardia, disprezza qualunque umano non di razza bianca e la Meloni per “intenerire il core” di mammoni e affini porta con sé mammà a Porta a Porta.

Gli esclusi dalla competizione di questo 4 Marzo: il mitico Razzi, i cantanti Al Bano e Toto Cotugno, Elisabetta Gregoracci, Il Di Pietro di Tangentopoli, piangono nel cantuccio dei bocciati.

In margine al clima elettorale, il rigurgito neofascista rievoca la barbarie della stella di Davide apposta a case e negozi ebrei dal nazismo e lo imita. A Pavia e dintorni, i soliti ignoti (ma a Pavia sanno tutti chi sono), su porte di abitazioni e cancelli d’ingresso hanno incollato adesivi con la scritta “qui abita un antifascista”. Il sindaco di Cerveteri, Alessio Pascucci, ha replicato con un suo adesivo “Qui c’è un sindaco antifascista”. Gli autori del raid? Sono della stessa pasta di quelli che l’obiettivo ha fissato di recente con l’inquadratura della Meloni stretta in un abbraccio solidale con esponenti della destra estrema.

Votare, lo sanno anche le pietre, è un fondamentale diritto-dovere del democrazia, ma chi se la sente di additare come reprobi quanti scelgono di non votare, in quanto gesto politico dell’antipolitica?

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