Il bla,bla,bla pentastellato

Gerardo Mazziotti

Nato dal “vaffanculo”, gridato dall’ex comico Beppe Grillo nelle piazze di mezza Italia a tutta la classe politica italiana, il M5S ha avuto una struttura ideologica da Gianroberto Casaleggio, prematuramente scomparso, col suo libello “Veni,vidi,web”. Propone una società nella quale si vedono solo monopattini e biciclette perché le auto private sono vietate, com’è proibito il possesso di immobili superiore ai cinque milioni di euro. Chi viola la legge finisce in un centro di rieducazione yoga gestito da neomaoisti. Una sorta di comunismo 2.0, condito da richiami all’ ecologismo, alla newage, alla fantascienza e all’ anticapitalismo. Tutto nel nome dell’unico Dio, dotato di una propria intelligenza, che tutto amministra e tutto regola come una livella : la Rete. Una visione delirante.

Del tutto comprensibile che nei 20 punti del programma elettorale dei grillini non compaia il “ vaffanculo”

(la sua depenalizzazione è stata stupefacente), sostituito però da un bagaglio di accuse a tutti i partiti di corruzione, di collusione con mafia e camorra, di incompetenza e di attaccamento ai privilegi e ai vitalizi. Per sostenere che solo loro, immacolati e puri, sono in grado di governare il paese.

Sorprendente però che non uno dei punti dottrinari della Bibbia casaleggiana compaia nel programma.

C’è però lo stesso delirio nelle proposte economiche, “ del tutto prive di credibilità” secondo i maggiori esperti italiani ed europei. Ma non c’è alcun accenno al doppio mandato, al trasformismo parlamentare e allo scandaloso numero di 630 deputati e di 315 senatori e dei 5 a vita.

Mi limito ad alcune riflessioni su tre punti

1)”Il reddito di cittadinanza”.

Lo propongono dal giorno in cui sono entrati in Parlamento e che considerano risolutivo del problema della disoccupazione. Inizialmente era di 750 euro ma adesso è passato a “1.630 euro da dare alle famiglie in difficoltà, con almeno due figli a carico e nella quale nessuno dei genitori ha un lavoro “.

Qualcosa di simile si ritrova nel programma del fascismo del 23 marzo 1919 in occasione della fondazione del Fasci di Combattimento “ Un salario adeguato per tutti i disoccupati fissato per legge” (“Mussolini” di Dennis Mack Smith, pag. 64 ). Ma, una volta andato al potere, Mussolini si rese conto che lo Stato avrebbe dovuto mantenere vitanaturaldurante un esercito di nullafacenti. Diciamolo, di parassiti. Perciò abbandonò l’idea e si impegnò nella creazione di lavoro produttivo con la realizzazione delle grandi opere pubbliche. Ammirate da LeCorbusier ed esaltate da Corrado Augias. Oggi vanto del paese.

2) “Uscita dal petrolio entro il 2050”.

A parte il fatto che nessun elettore è disposto ad aspettare 32 anni per vedere realizzata questa proposta i pentastellati ignorano che 500 milioni di auto nel mondo sono assetate di petrolio ma lo sino anche le centrali elettriche e le industrie chimiche che ne hanno bisogno per la materie plastiche, le fibre e la gomma sintetica oltre alle abitazioni e agli edifici dei paesi industrializzati. E ignorano la recente dichiarazione di Amy Myers Jaffe, uno dei massimi esperti di fonti energetiche, “ Quando le persone parlano della fine del petrolio non considerano tutto il petrolio pesante presente nel pianeta a cui ancora non abbiamo accesso; c’è una grande quantità di petrolio, è solo questione di sviluppare la tecnologia giusta per prenderlo “. Ci vorranno alcuni secoli per sostituire il petrolio con l’eolico e il solare.

3) “Un milione di auto elettriche”.

Ammesso che ci sia una industria automobilistica disposta a produrle sta il fatto che il parco macchine del nostro paese è di 37 milioni di auto, oltre agli autocarri, agli autoburs, alle motociclette, alle navi, ai treni e agli aerei. E non sarebbero certo un milioni di auto elettriche a migliorare la qualità dell’aria che respiriamo.

Rebus sic stantibus, resta da auspicare che l’accozzaglia di delusi, arrabbiati, frustrati, disoccupati, giustizialisti e protestatari, che hanno dato finora fiducia al M5S, abbiano un sussulto di intelligenza e si accorgano della suo populismo e della inconsistenza politica dei suoi gerarchi e gerarchetti.

E che decidano di non votarli il prossimo 4 marzo.

Il paese gliene sarebbe molto grato.

Gerardo Mazziotti, premio internazionale di giornalismo civile 2008

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