CAMPANIA / LA REGIONE SE NE FREGA DEL CONSIGLIO DI STATO

Non ha fine la sceneggiata alla Regione Campania per la nomina del difensore civico. Una sceneggiata che dura da anni e ha finalmente trovato un punto finale nella decisione adottata dal Consiglio di Stato il 5 dicembre 2017. Ma incredibilmente la Regione, invece di ottemperare alla decisione del Consiglio di Stato, tenta di riaprire la procedura daccapo, chiedendo di nuovo a tutti i candidati, che erano una novantina, di inviare il proprio curriculum. Ai confini della realtà. Ma procediamo con ordine.

QUANDO LA LEGGE VIENE BYPASSATA

La fresca sentenza del Consiglio di Stato – secondo gli addetti ai lavori – ha il pregio della linearità e della estrema chiarezza – una volta tanto, nei gineprai dei tecnicismi giudiziari e amministrativi – e mette nero su bianco come non sia più possibile perdere tempo in inutili lungaggini, perchè quell’incarico ha un destinatario ben preciso, ossia l’avvocato Giuseppe Fortunato, che da anni sta portando avanti una battaglia affinchè le procedure di nomina non vengano più condizionate dalle storiche clientele a tutti i livelli, ma avvengono nella più totale trasparenza e nel rispetto dei meriti.

Giuseppe Fortunato

Giuseppe Fortunato

In questo caso, comparando i curricula dei candidati, un obbligo di legge che viene regolarmente bypassato, come è successo non solo in Campania, ma anche in Lombardia, dove da qualche mese si è insediato tal Carlo Lio che nel suo pedigree presenta la sola “licenzia media inferiore” (testuale, la licenzia, nel curriculum allegato alla domanda). Lio è entrato nel Pirellone a vele spiegate, difeso a spada tratta dal governatore uscente Roberto Maroni.

Ma torniamo alla querelle campana. Così ha dettagliato, in una cronaca di metà dicembre 2017, il Corriere del Mezzogiorno. “Il Consiglio di Stato annulla la nomina a difensore civico della Regione Campania di Francesco Eriberto D’Ippolito, eletto con 27 preferenze dal consiglio regionale di luglio. C’è dunque una nuova puntata nella lunga querelle giudiziaria che ha avuto come protagonisti i due precedenti difensori civici, Giuseppe Fortunato e Francesco Bianco. Il secondo, ex capogruppo in Regione di Forza Italia, era stato nominato una prima volta nel 2012 dal consiglio regionale, che lo aveva preferito al primo; poi era stato destituito a seguito di una decisione dei giudici amministrativi. Bianco era stato poi rimesso in sella nel 2013 con un provvedimento firmato dal presidente Pietro Foglia. Anche questa seconda nomina era stata impugnata da Fortunato”.

 

IL PING PONG AMMINISTRATIVO

Così prosegue Fabrizio Geremicca sulle colonne della costola partenpea del Corsera: “Il Consiglio di Stato, nel 2016, aveva sancito che in effetti era illegittima per vari motivi, tra i quali la mancanza della necessaria comparazione tra i curricula dei pretendenti e il fatto che lo stesso Bianco, dipendente pubblico in pensione, non poteva conseguire alcuna nomina. Il consiglio regionale, tuttavia, a gennaio 2017 e dopo la sentenza, piuttosto che valutare la candidatura di Fortunato sulla base del concorso del 2012, aveva annullato in autotulea la procedura per il conferimento dell’incarico di difensore civico e, contestualmente, ne aveva indetta una nuova”.

Francesco Eriberto D'Ippolito

Francesco Eriberto D’Ippolito

E ancora: “All’esito di quest’ultima, arriviamo così a settembre 2017, era stato scelto D’Ippolito. Fortunato però non si è dato per vinto e ha impugnato davanti ai giudici amministrativi anche la nuova procedura, sostenendo che il consiglio regionale, dopo la decisione a lui favorevole del Consiglio di Stato nel 2016, avrebbe dovuto senza indugio esaminare il suo profilo e, se meritevole, nominarlo difensore civico. La nuova sentenza gli dà ragione e concede alla Regione 60 giorni di tempo per ottemperare. Se non lo farà, dovrà risarcire Fortunato con 200 euro per ogni giorno di ritardo. Nel frattempo, l’ente locale è stato già condannato a pagare 8000 euro per le spese di giudizio”.

Chiaro, no? Ma la Regione se ne fotte. E invece di mettere in pratica, senza perdere più tempo, quanto previsto dalla sentenza, invia una comunicazione a tutti i 92 candidati che avevano fatto domanda per ricoprire quella carica, chiedendo delucidazioni sui profili di “inconferibilità” e “incandidabilità”. Come se si ricominciasse tutto daccapo. Da 113.

A firmare questa nuova richiesta sono due funzionari della “Direzione generale attività legislativa – Unità dirigenziale”. Per la precisione il “Direttore Affari legali /Assistenza UPAlfredo Aurilio, e il Direttore generale Attività legislativa Magda Fabbrocini. Il tutto sotto il vigile occhio del presidente del consiglio regionale, la ex pci, poi pds, ds e ora Pd, l’irpina Rosetta D’Amelio.

 

TUTTE LE VIOLAZIONI ATTO PER ATTO

Ma Fortunato, davanti all’ennesima beffa, non ci sta. Inforca penna e carta, risponde alla missiva della Regione e denuncia: “I dirigenti titolari di alcuni uffici regionali con un nuovo avviso hanno aperto una procedimento che non ha nessun ancoraggio né nelle loro competenze, né nella normativa regionale, né nell’avviso pubblico”.

“Sostanzialmente ciò costituisce una riapertura di avviso o un nuovo avviso riservato, in violazione di par condicio, rivolta a precedenti candidati”.

“Non esiste in alcun modo la possibilità di reiniziare nuovamente con un nuovo elenco, definito, secondo la nota, di ‘non rinunciatari”.

Ancora: “mi trovo dinanzi a una nuova procedura che, tentando di approfittare di una norma legislativa adottata dallo stesso Consiglio regionale ad hoc a fine dicembre 2017, mira a far rientrare nei candidati valutabili persino quelli che nella procedura non erano eleggibili”.

“La Regione Campania mira a sfuggire ai rilievi cambiando le sue leggi”, e “la norma del 28 dicembre 2017 è stata confezionata, ancora una volta, per l’occasione ma giunta stavolta proprio fuori termine massimo”.

E Fortunato conclude: “Dopo sei anni trascorsi, dopo sei pronunce giudiziarie a mio favore, dopo aver subito un numero significativo di atti illegali, illeciti, illegittimi ed elusivi, intendo perseguire direttamente e personalmente, in ogni sede di giurisdizione civile, erariale e penale chi, utilizzando e/o abusando della sua funzione pubblica, mira a introdurre surretiziamente terzi controinteressati acquiescenti”.

Dettaglia un esperto di diritto amministrativo: “la giurispriudenza, su questo punto, è unanime nell’affermare che ai controinteressati acquiescenti rispetto a una nomina e poi a un giudicato non può essere esteso con un arbitrio di un atto dell’Ente contro il ricorrente vittorioso un giudicato che afferma una prescrizione sostanziale. Essi potevano esercitare un solo rimedio: l’opposizione di terzo davanti al giudice. L’arbitrio è voler reiniziare daccapo cancellando il giudicato e la sentenza di ottemperanza”.

Entro il 5 febbraio – ha stabilito il Consiglio di Stato – quella sentenza deve essere attuata, senza se e senza ma. Staremo a vedere fino a che punto possa arrivare l’arroganza del potere. Oppure vincere, una buona volta, la legalità.

 

Nella foto di apertura la presidenza del Consiglio Regionale della Campania. In alto Rosa D’Amelio e, sotto, Vincenzo De Luca.

 

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29 luglio 2017

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