SERGIO PIRO / GLI ULTIMI DEI SUOI ‘MANICOMI’

sopra la pancaE’ scomparso otto anni fa, Sergio Piro, una vulcanica mente che per tutta la vita si è dedicata alle menti degli altri, soprattutto degli ultimi, i dereletti, la ‘scarti’ umani segregati nei manicomi di un tempo. Come il Materdomini di Nocera Inferiore, nel quale lavorò da giovane, o nel Frullone di Napoli, dove ne inventava di tutti i colori per dare una speranza a chi non ne aveva ormai più, abbandonato da tutti e soprattutto dalle istituzioni.

E lui, Piro, ha sempre combattuto contro quelle famigerate ‘istituzioni totali’, come i manicomi (oltre le carceri) in cui veniva obbligata la diversità, la disobbedienza. Suo maestro e compagno di tante battaglie Franco Basaglia, che dallo storico avamposto triestino aveva deciso di liberare i ‘matti’, di aprire le porte di quei lager.

E fu la battaglia, iniziata esattamente 40 anni fa, che portò al varo dalla 180, la mitica legge però rimasta sempre inattuata. Proprio perchè la classe politica tutta a favore delle baronie mediche e degli affari ‘mentali’ delle cliniche private non voleva certo che, sui territori, quelle conquiste trovassero attuazione.

Sergio Piro fu in prima linea, in Italia e soprattutto nella sua martoriata Campania, per portare avanti la battaglia contro ignoranze, abusi & poteri.

Impegno civile e intelligenza, le sue armi migliori. Comunista fino al midollo, aprì il suo Frullone, a metà anni ’70, alle esperienze più innovative. Un vero crocevia di teatro, cinema, performance, attività e partecipazione nel senso più autentico del termine, nel fermento creativo di quegli anni post ’68.

Per una vita ha scritto sulla Voce. Mitiche le sue rubriche, ‘La Biro di Piro’ e ‘Senzatitolo’. E il primo libro edito dalla Voce, nel 1985, fu “Sopra La Panca – storie senza conclusione di follia, manicomi e riforme in Campania”, scritto in collaborazione con un allievo di allora, Walter Di Munzio, e illustrato dalle stupende foto di Luciano D’Alessandro, un maestro nel cogliere gli attimi fuggenti dei senza speranza.

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