Haley, voce di Trump all’Onu. Micce e ricatti

Un nome da non dimenticare: Nikki Haley, un’espressione da giustiziera della pace, lingua biforcuta per altrettante esternazioni nella sede prestigiosa delle Nazioni Unite che neppure despoti incalliti avrebbero osato pronunciare: Ha tuonato l’ambasciatrice americana all’ONU. Alla vigilia del voto sulla risoluzione che ha bocciato la decisione di Trump di trasferire la sede dell’ambasciata Usa da Tel Aviv a Gerusalemme, il falco in gonnella dell’amministrazione trumpista, rivolta ai Paesi contrari li ha minacciati: “Prenderemo i vostri nomi”. Dopo il voto quasi plebiscitario del “no” a Gerusalemme capitale di Israele ha così commentato: “Ci ricorderemo di questo voto”, in puro stile ricattatorio. Intende dire che l’America stringerà il cordone della borsa dei finanziamenti all’Onu. Replica Abu Mazen: “Il voto conferma la giusta causa palestinese, che gode del sostegno della comunità internazionale”. Netanyau: “Le Nazioni Unite sono la casa delle bugie”. Abu Mazen: “Metteremo fine all’occupazione dei nostri territori e stabiliremo il nostro Stato di Palestina con capitale Gerusalemme est”. La Haley: “Questo voto finirà nel secchio della spazzatura della Storia”.

Che sia Saviano il difensore d’ufficio di Gomorra ci vuole poco a capirlo: lo ha arricchito, gli ha regalato popolarità, è l’autore del testo da cui è tratta la fiction omonima. Che Maurizio Braucci lo segua a ruota, nella veste di sceneggiatore della fiction, è altrettanto evidente. A ridosso delle puntate di Gomorra proposte da Sky, si accendono i contrasti fra detrattori e fan. Punto nodale del contendere è l’effetto emulazione di un mondo spietato, violento, immorale. Sostengono i savianesi che la malavita dei gomorrani ha radici antiche, che non ha influenza su presunte clonazioni di camorristi raccontati dalla fiction. A smentirli è la cronaca e sono anche io, per esperienze professionali: c’è qualcuno che possa negare in buona fede il nesso tra reiterati racconti di violenze sulle donne e l’impennata tragica dei femminicidi? In conduzione di Telegiornale mi capitò di riferire l’inedito di una rapina “sui generis”: i malviventi, confusi tra i pazienti, fecero man bassa degli averi dei clienti in attesa e del medico. Nei giorni successivi, altri rapinatori agirono con identiche modalità. Un altro esempio? I film che descrivono minuziosamente le tecniche per saccheggiare banche e musei e la ferocia omicida di serial killer di giovani donne. Episodi reiterati. In visita a una scuola di periferia, per dialogare sulla piaga della delinquenza minorile, chiesi a una giovanissima studentessa cosa si aspettasse dal futuro. “Vorrei fidanzarmi e sposare Gennaro”. Chi era Gennaro? Il bullo del Paese, un duro affiliato al clan della zona. “Perché Gennaro?” “Perché è ’o meglio, tutti lo rispettano e con lui mi sentirei sicura”. La ragazza ragionava così, a imitazione di amiche che per sperare in un futuro diverso da parrucchiera, commessa, manicure, corteggiavano i componenti delle baby gang. Quanto c’è di emulazione nei casi di menti instabili, facilmente plagiabili che imbracciano armi micidiali e fanno stragi di innocenti negli Sati Uniti? Quanto nel bullismo di casa nostra, nelle ruberie di corrotti e corruttori? Quanto di perversa suggestione c’è nel proporre ombre, ma purtroppo qualche luce in fiction e romanzi che Gomorra rappresenta emblematicamente?

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