Contro il razzismo lo storico gemellaggio Genoa-Napoli

Bello a vedersi lo spettacolo delle tifoserie gemellate di Genoa e Napoli. Sana, allegra e pacifica festa nel prepartita, con gli sbandieratori dei due vessilli a centrocampo e sulle gradinate, applausi alle lettura di un passo del diario di Anna Frank, ma altrove fischi, cori degli inni per la squadra del cuore e perfino “Fratelli d’Italia”. A Bologna magliette dei giocatori laziali antisemite, con l’immagine di Anna Frank al di sopra della divisa da gioco, ma sugli spalti mani alzate per il saluto fascista degli zulù al seguito della squadra di Lotito e un sonoro “me ne frego”. Resterà anche questo impunito.

Nella stessa giornata lo sputtanamento di Lotito, presidente del Lazio e di quella masnada di tifosi che hanno tappezzato lo stadio Olimpico di Anna Frank in maglia giallorossa. All’indignazione generale, che in passato si è conclusa con blandi provvedimenti repressivi di manifestazioni razziste e antisemite delle tifoserie, si è accodato anche Lotito, latore di una mazzo di fiori bianchi e azzurri alla sinagoga di Roma (poi rimossi perché indesiderati) dove ha esibito toni da comizio populista e vaghe promesse di solidarietà ai vertici della comunità ebraica, che si è guardata bene dal presenziare e che ha esternato indignazione quando è diventato di pubblico dominio il fuori onda del presidente laziale, colto prima che si avviasse alla sinagoga: “E famo questa sceneggiata”. Come sperare che il calcio malato, complici alcune società, guarisca da comportamenti intollerabili e adotti decisioni drastiche di repressione? Il timore che non accada è sostanziato da reiterati episodi di razzismo di città del Nord (Bergamo, Verona, Milano, Torino) e di Roma. Martedì, presente alla partita del Napoli contro l’Inter, una folta rappresentanza di tifosi nerazzurri urlato l’insulto indecente “Che il fuoco del Vesuvio lavi i napoletani”. Chi farà zittire questi imbecilli?

In poche righe

L’ultimo round dello scontro dialettico che registra la vittoria ai punti della Boschi sul candidato premier del grillismo, si è concluso con la sua fuga del pentastellato dal confronto proposto dalla sottosegretaria dem, stufa di subire stolking dialettico sul tema Banca Etruria. Il “grilletto” ha detto no al democratico faccia a faccia televisivo, poi ha scartato anche la sua alternativa di farlo in piazza e infine, per squagliarsela in via definitiva ha inventato che la sua priorità al momento è la Sicilia. Sarebbe stato più attendibile l’alibi del mal di denti, di un lutto in famiglia, utilizzato dagli studenti impreparati per sottrarsi all’interrogazione.

Tra non molto servirà un archivio telematico per annotare i casi di carabinieri che disonorano la divisa. Troppi gli episodi di uomini della “Benemerita” imputati di corruzione e collusone, di pestaggi letali su soggetti indifesi e di recente di stupri, perfino durante i turni dii servizio. Ultimo caso la condanna della Corte d’Assise a sei anni e mezzo di carcere per un carabiniere in servizio, responsabile di violenza sessuale, vittima una ragazza modenese di vent’anni. L’abuso è avvenuto nei bagni di un locale a conclusione di una serata tra amici. I fatti risalgono alla primavera del 2012, vittima una ventenne (all’epoca dei fatti) che denunciò di essere stata stuprata dal militare, dopo una serata tra amici, nei bagni di un locale del modenese. La vigliacca tesi difensiva? “E’ stato un rapporto consenziente”, classico alibi auto assolutorio, smentito da sms e contatti sui social.

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