AFFARI PETROLIFERI / SALISCENDI SAIPEM E INSIDER TRADING

Saliscendi continuo per il titolo Saipem, già in passato al centro di manovre non poco opache. Il titolo guadagna il 5,7 per cento il 31 agosto, secondo Repubblica “dopo le commesse da 370 milioni di dollari in Angola e in Ghana”.

Una settimana prima, il 23 agosto, s’era però verificato un crollo storico, che gli analisti hanno spiegato con la crisi – ben più grave – del colosso norvegese Seadrill che ha trascinato giù parecchie consorelle legate al business petrolifero.

A inizio mese, invece, un altro rialzo, per via una commessa in arrivo dalla joint venture tra la Oman Oil Company e la Kuwait Petroleum International, che avrebbe intenzione di assegnare a Saipem lavori per la realizzazione di strutture di stoccaggio e esportazione dalla raffineria Duqum in Oman.

Ma le news riguardano anche una manovra di insider trading che avrebbe preso di mira le azioni Saipem. A rendersene responsabile un grande affarista dell’oro nero, il petroliere anglo-siriano Ayman Asfari (proprietario anche del colosso Petrofac), il quale ha ottenuto alcune notizie riservate su una bega che coinvolge Saipem, ha rastrellato azioni al ribasso e le ha rivendute pochi giorno dopo guadagnando circa 300 mila euro.

Lula Ignacio da Silva

Lula Ignacio da Silva

E’ appena arrivata, a suo carico, una sanzione da parte della Consob. Lui smentisce, minimizza, ma la fonte – anch’essa multata con 150 mila euro – conferma.

Si tratta dell’ex vertice di Saipem Pietro Franco Tali, il quale ha “preannunciato” al raider siriano l’intenzione di dimettersi due giorni dopo, con un prevedibile tonfo in Borsa. La cosa è successa e da qui la pesante accusa di insider trading.

Le dimissioni erano dovute all’inchiesta da tempo ormai avviata dalla procura di Milano a carico di Saipem per le tangenti algerine, con la pesantissima accusa di “corruzione internazionale”.

Non si tratta della sola inchiesta, portata avanti sempre a Milano, e sempre per corruzione internazionale. Un’altra riguarda mazzette nigeriane ed una terza la maxi tangente del secolo, quella griffata Petrobras, che ha mandato con l’inchiesta Lava Jato in tilt il governo brasiliano ed è costata l’impeachment alla presidente carioca Dilma Rousseff, nonché una pesante condanna in primo grado allo storico numero uno verdeoro Ignacio Lula Da Silva.

In quest’ultimo scandalo che fino ad oggi ammonta a circa 5 miliardi di dollari in mazzette (ma si potrebbe arrivare fino a 20 milioni!), sono coinvolte, oltre a Saipem, anche il nostro colosso energetico Eni e la numero uno del settore privato, la Techint che fa capo al gruppo di Gianfelice Rocca e fratelli.

E Milano sta indagando anche sul tesoro elvetico di casa Rocca, quel pozzo di San Faustin di cui la Voce ha scritto in diverse occasioni.

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