MISTERI MALTESI /CHE FINE HANNO FATTO LE INCHIESTE SUI RICICLAGGI CASALESI ?

Un mese fa il tesoro di Massimo Carminati a Londra. Stavolta il tesoro di Gomorra a Malta. E’ caccia sempre grossa all’Espresso, che questa settimana rivolta l’isola come un calzino, scoprendo un paradiso off shore che più comodo non si può. E la chicca dei Casalesi, che già nel 2005 potevano contare un un amico imprenditore per i più vari riciclaggi.

Si tratta di tale Bruno Tucci, del quale una delle più ponderose “Ordinanze Schiavone” – quella del 2005 firmata dai pm Marco Del Gaudio e Antonio Ardituro e supervisionata dall’allora procuratore aggiunto e coordinatore della Dda Federico Cafiero de Raho, poi passato al vertice della procura di Reggio Calabria e papabile per il ritorno a Napoli – parlava a profusione come referente base in quel di Malta per le più spericolate operazioni di lavaggio del denaro sporco.

‘O INGEGNERE LIBERO COME UN FRINGUELLO 

Sorge a questo punto spontanea la domanda: come mai il colletto bianco Bruno Tucci, ‘O ingegnere, è rimasto per dodici anni ed è tuttora libero e bello? Come mai un riciclator più che accertato, allora, è oggi un fringuello, investe a Malta e chissà dove a bordo delle sue società?

Partiamo dello scoop dell’Espresso firmato a quattro mani, Vittorio Malagutti, Gloria Riva, Giovanni Tizian e Stefano Vergine: proprio come era successo per l’altro pezzo da pulitzer, quello sulle performance dei mafiosi capitali a Londra.

L'arresto di Francesco Schiavone detto Sandokan. In apertura   una veduta di Malta

L’arresto di Francesco Schiavone detto Sandokan. In apertura una veduta di Malta

Descrivono i quattro: “Un colpo di fortuna. Un caso del destino che poteva permettere di scovare il tesoro di Gomorra. Succede nel 2005, quando Nicola Schiavone, figlio del famigerato boss Sandokan, perde il portafoglio per strada. Lo raccolgono i carabinieri del Ros che tra una banconota e uno scontrino trovano anche un biglietto da visita. E’ quello di Bruno Tucci, un imprenditore italiano con casa a Malta. Gli investigatori lo intercettano”.

E poi: “così i magistrati inviano una rogatoria alle autorità della Valletta. Peccato che la risposta di Malta si faccia attendere e quando arriva risulta incompleta. Il risultato è che del possibile tesoro offshore di Gomorra finora non si è più avuta notizia. Finora, appunto, perchè grazie ai documenti ottenuti dall’Espresso oggi è possibile tornare a seguire le tracce di Tucci. L’italiano residente a Malta è azionista di due società sull’isola: la Mbt Services Limited, fondata nel 1996, e la Genergia Ltd, creata nel 2010. Nessuna delle due ha mai pubblicato un bilancio: impossibile dunque sapere quali siano il patrimonio e l’attività economica delle aziende. Informazioni che lo stesso Tucci, contattato dal nostro giornale, non ha fornito. L’unica certezza è che le sue società sono attive”.

Stop. Cala il sipario.

Mentre l’altra certezza super assodata è che l’ordinanza della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli del 2005, che mandava agli arresti una sfilza di camorristi capeggiati proprio da Nicola Schiavone, il figlio di Sandokan, era già allora straricca di particolari sull’attività maltese di Tucci e soprattutto sui suoi incontri con i vertici dei Casalesi. Proprio in terra di Gomorra, a Casal di Principe.

QUELL’ORDINANZA DEL 2005 

A questo punto, di seguito, pubblichiamo gli stralci più significativi di quella ordinanza che tratteggiano incontri, rapporti & affari tra il colletto bianco Tucci, ‘0 ingegnere, e i guappi di Casale e dintorni.

Ecco cosa scrivono i pm Del Gaudio e Ardituro a pagina 471: “Tucci Bruno Mario risultava titolare di una doppia cittadinanza: italiana e maltese. Quest’ultimo dato era di particolare importanza investigativa perchè poteva essere correlato ai dati emersi dalla comunicazione del mese di febbraio 2005 da parte del comando provinciale di Modena al ROS di Napoli, con la quale i carabinieri emiliani rappresentavano che erano stati rinvenuti casualmente in Modena documenti già appartenuti a Schiavone Nicola di Francesco e da questi smarriti”. Siamo allo smarrimento raccontato dall’Espresso.

Continuano i pm: “Tra i documenti rinvenuti era emerso un biglietto da visita intestato a Bruno Tucci ‘Industrial chemist‘ riportante dei numeri telefonici e due carte magnetiche di ingresso presso i locali casinò Oracle e Dragonara. Il Tucci, nel mese di settembre, grazie ad una lettura globale dei dati investigativi fino a quel momento emersi, appariva legato agli interessi del clan dei Casalesi nel campo del riciclaggio dei proventi illeciti all’estero, anche nel campo immobiliare, in considerazione dei riferimenti desumibili dalle intercettazioni in corso”.

Riavvolgiamo il nastro e partiamo dall’inizio di questo filone d’inchiesta. L’uomo che permette di arrivare al nome di Tucci è quello di un altro boss dei casalesi, Nicola Della Corte, 46 anni e originario di Villa di Briano.

Federico Cafiero de Raho

Federico Cafiero de Raho

Così dettagliano – ribadiamo, nel 2005 – gli inquirenti: “l’attività tecnica sulle utenze in uso a Della Corte permetteva di individuare un soggetto collegato agli interessi economici del capo clan all’estero e, quindi, all’episodio dello scambio del denaro tra i due cugini Schiavone. Nel corso delle conversazioni avvenute nel periodo tra il 5 e l’8 settembre 2005 erano state censurate, tra l’altro, diverse conversazioni che avevano documentato l’incontro tra Schiavone Nicola di Francesco e una persona indicata con il nome di battesimo di Bruno, rientrato da poco in Italia dall’estero – stando alle sue affermazioni – per assistere il proprio genitore malato. L’incontro era scaturito da una esplicita richiesta effettuata dal Bruno (tramite un Sms prima e una telefonata poi) al Della Corte, il quale avrebbe dovuto fungere da mediatore per permettere all’uomo di sottoporre non meglio specificati disegni all’attenzione dello Schiavone Nicola”.

Si tratta, in sostanza, di planimetrie e progetti per realizzazioni edilizie da mettere in campo a Malta, evidenti riciclaggi del clan.

Seguono svariati dettagli circa un summit da tenersi proprio a Casal di Principe, e le modalità organizzative, soprattutto a livello logistico, per poter allestire l’arrivo, il trasporto, il pernottamento e la ripartenza via aereo e poi via nave per il solerte ingegnere del clan.

Ecco qualche passaggio saliente. “Effettivamente in giorno successivo (è il giorno 8 settembre 2005, ndr) Bruno aveva ricontattato il Della Corte e gli aveva comunicato il proprio imminente arrivo a Casal di Principe. Pochi minuti dopo aver appreso che il Bruno stava per arrivare a Casal di Principe, Della Corte aveva cercato di rintracciare il diretto interessato, Schiavone Nicola, tramite la persona in quel momento incaricata di curare i suoi appuntamenti, Ciervo Bernardo. Alle ore 15 e 47 il Della Corte era stato raggiunto telefonicamente dal Ciervo ed aveva dato comunicazione a quest’ultimo del suo imminente arrivo presso l’abitazione dello Schiavone in compagnia del Bruno, indicato nell’occasione come l’ingegnere”.

TI HO CHIAMATO 50 VOLTE !

Segue il testo di una conversazione tra vecchi amici, ossia Nicola Schiavone e Bruno Tucci, il quale ad un certo punto esclama, “ti ho chiamato 50 volte… ti ho chiamato…”.

Spiegano i pm che erano riusciti a scoprire che “il Tucci Bruno si sarebbe recato in Italia il 30 settembre 2005 al fine di ricevere dal Della Corte Nicola una somma di denaro necessaria per effettuare degli investimenti nell’isola di Malta in nome e per conto di Nicola Schiavone, classe ’79”, tanto per identificare meglio nel ginepraio della Schiavone dinasty.

Ancora: “Tale fatto era perfettamente compatibile con le ragioni che avevano spinto il capo clan Schiavone Nicola, classe ’79, ad effettuare ‘dalla sera alla mattina’ una richiesta straordinaria di denaro al proprio omonimo cugino, classe ’78”.

Poi: “I dati emersi ricollegavano la programmazione del viaggio di Tucci Bruno in Italia all’impellente necessità di ottenere materialmente la caparra necessaria ad una transazione economica per l’acquisto di attività commerciali nell’isola di Malta in nome e per conto del clan”. Più chiari di così. E siamo – val la pena di ricordarlo per l’ennesima volta – nella tarda estate 2005…

Gli inquirenti della Direzione distrettuale antimafia partenopea, comunque, dettagliano ancora i contorni delle vaste operazioni di riciclaggio messe in campo dai Casalesi via Tucci.

Il pm antimafia Antonello Ardituro

Il pm antimafia Antonello Ardituro

E così proseguono: “L’indicazione dello Schiavone Nicola, classe ’79, quale dominus dell’intera operazione finanziaria, era già emersa dall’ascolto delle attività tecniche quale, ad esempio, quella registrata tra il Della Corte e Cacciapuoti Bartolo il 20 settembre 2005, nel corso della quale Nicola chiedeva a Bartolo, all’epoca in compagnia del capo clan, quando sarebbe rientrato in Casal di Principe; il secondo nell’occasione aveva risposto ‘verso domani o dopo domani… forse scendiamo insieme… perchè è il fatto di Bruno di…’. Il fatto di Bruno, al quale gli indagati avevano fatto riferimento, evidentemente, era l’operazione di 150 milioni di vecchie lire (o trentaseimila lire maltesi) che, in data 20 settembre 2005, era stata menzionata dal Tucci Bruno a Della Corte Nicola nel corso di una conversazione nella quale aggiungeva di aver ottenuto la risposta per PACEVIL (indicazione, questa, che i conseguenti accertamenti hanno ricondotto ad una località turistica sita in Malta): ‘ti ho chiamato perchè oggi ho avuta la risposta da PACEVIL, quello che voleva 36 mila lire, 150 milioni di regalo per quel negozio. Quelli vogliono concludere entro questa settimana altrimenti hanno un altro acquirente”.

Vien anche fatto riferimento ad un appuntamento da un notaio, il giorno seguente, per sottoscrivere l’atto di compravendita.

Così concludevano Del Gaudio e Ardituro quel filone d’inchiesta: “Indipendentemente dagli esiti dell’operazione finanziaria del Tucci Bruno a Malta, che risultano tuttora in fase di sviluppo a seguito di attività rogatoriale, l’episodio sopra esposto dimostra inequivocabilmente che le componenti del sodalizio investigato agiscono con spiccato spirito impenditoriale e grazie ad una collaudata esperienza in materia riescono molto celermente ad occultare gli ingenti profitti derivanti dalle numerose attività illecite poste in essere attraverso reinvestimenti in altre attività economiche ed a far perdere, così, le tracce della loro provenienza”.

La rogatoria, ci spiega l’Espresso, non è andata a buon fine.

E allora? Non era il caso di riproporla, caso mai con un minimo di maggior piglio? E comunque, è il caso di alzare bandiera bianca e di veder razzolare & riciclare impunemente per la bellezza di 12 anni? Tanto che mister Tucci risponde tranquillo ai redattori dell’Espresso e dice ‘scordammoce ‘o passato’?

Non sarebbe il caso di scoprire, a questo punto, quel filone d’inchiesta sul tesoro dei Casalesi che fine ha fatto? E come mai s’è insabbiato sulle spiagge maltesi?

Lascia un commento