L’ATTACCO FINALE A VIRGINIA RAGGI / MATTONI PESANTI & PIOMBO ROVENTE

Virginia Raggi sotto assedio. E’ iniziato il conto alla rovescia per farla fuori. Riusciranno i suoi oppositori esterni e interni nel clamoroso ribaltone? Vincerà a Roma, per l’ennesima volta, il potere degli appalti, del mattone, degli affari? Questione di giorni, forse di ore, e poi il giallo sarà risolto, e sulla scena non sarà difficile trovare le impronte degli autori del killeraggio politico. Intanto, mentre la magistratura capitolina scopre la pistola poco fumante della polizza assicurativa da 30 mila euro, il fronte dei media è unito e compatto per sbatterla quotidianamente in prima pagina. Mentre le vicende milanesi di Giuseppe Sala, centomila volte più pesanti e un Expo flop per le casse pubbliche e manna per faccendieri e mafie, vengono regolarmente e scientificamente oscurate.

Marcello De Vito. In apertura Virginia Raggi e, a destra, Roberta Lombardi. Sullo sfondo la Procura di Roma

Marcello De Vito. In apertura Virginia Raggi e, a destra, Roberta Lombardi. Sullo sfondo la Procura di Roma

Ecco cosa ricostruisce un dirigente del Campidoglio. “Esistono due fatti convergenti che rischiano di portare al patatrac. Da un lato la Raggi ha infilato una serie di autogol a raffica, con il primo peccato originale di farsi trovare senza squadra già allestita appena dopo il voto, come invece ha fatto Chiara Appendino a Torino. Poi gli errori continui nella scelta degli assessori, le retromarce, i cambi di fronte. Detto questo, però, c’è la seconda questione: i grandi business, a cominciare dallo stadio, il vero banco di prova e il nodo che ha spaccato i grillini. Con i cosiddetti duri e puri, la base teoricamente rappresentata da Marcello De Vito e da Roberta Lombardi, che sono i veri cavalli di Troia sul quale puntano tutti coloro che non intendono rinunciare al maxi affare dei prossimi anni per il quale si stanno mobilitando non solo i Parnasi, ma anche il fondo Prelios, Unicredit, la Roma calcio con i suoi americani, e tutti possono contare anche sulla massa di manovra del tifo organizzato. L’impianto di Tor di Valle è ancora più strategico adesso che sta praticamente tramontando l’ultima chance per afferrare al volo le Olimpiadi”.

 

QUEL SINDACO DEVE ANDARE A “FONDO”

Appena perso l’ultimo autobus per Roma 2014, infatti, perchè non è stata spedita al Comitato Olimpico Internazionale la terza e ultima tranche dei documenti in grado di supportare i progetti e quindi la candidatura. C’è chi parla di una dead line che potrebbe ancora slittare a fine febbraio – sempre che cada la giunta Raggi – ma si tratterebbe di attivare una procedura molto complessa e senza alcuna sicurezza sull’esito.

Luca Parnasi

Luca Parnasi

A questo punto, quindi, è impossibile che i Palazzi si lascino sfuggire l’altra maxi occasione, quella targata Stadio. Dove tutto è ancora possibile, tra stop and go, almeno sino a fine mese, vista la fresca proroga appena decisa dall’assessore all’urbanistica Paolo Berdini, il più fiero oppositore delle maxi cubature extra stadio previste dal progetto (con l’impianto vero e proprio che rappresenta addirittura meno di un quinto del totale). In un palleggio continuo di carte tra Comune e Regione, conferenza dei servizi e tavoli tecnici, c’è il tempo – proprio in questi giorni – per la spallata definitiva alla Raggi, al suo esecutivo, all’assessore rompiscatole: in modo che la nuova giunta grillina riveduta e corretta, “per il bene della città, del lavoro e del futuro”, possa serenamente sedersi al tavolo e condurre in porto il progetto pallonaro e soprattutto extrapallonaro, considerate le gigantesche colate di cemento previste per gli interventi di contorno, dalle tre torri ai centri commerciali, dai palacongressi agli edifici multiuso (e le necessarie, altrettanto maxi infrastrutture, soprattutto di trasporto, al seguito).

Fiducioso sull’esito positivo della trattativa il numero uno del gruppo protagonista, Luca Parnasi, che si dichiara disposto ad apportare le modifiche richieste al progetto: “si tratta di piccole cose, non abbiamo alcun problema ad effettuarle”. Bazzecole. Anche lo smisurato carico di cubature in più previsto per dar vita ad una vera città satellite alla periferia dell’urbe? Boh.

Masssimo Caputi

Masssimo Caputi

La holding mattonara, a caccia di liquidità per tamponare le grosse falle nei suoi conti soprattutto con le banche (un buco da quasi 800 milioni), può contare su alcuni assi nella manica. In primo luogo la possente spinta di Unicredit, l’istituto più esposto che non vede l’ora di poter mettere le mani su una parte di quel bottino, mentre è previsto anche il nuovo quartier generale griffato Unicredit. D’altro canto la banca guidata dal francese Jean Pierre Mustier è stata la regista dell’ingresso degli americani nella formazione base della Roma, capitanata da James Pallotta. In secondo luogo – ma non meno forte – il sostegno di uno dei fondi più agguerriti, Prelios, al timone il re delle finanze creative, Massimo Caputi, in compagnia del francese Daniel Buaron e dell’ex vertice di Enel Fulvio Conti. A fine dicembre Prelios ha siglato un memorandum di intesa con i Parnasi per dar vita ad uno strumento finanziario ad hoc in grado di gestire l’affare-stadio. Dell’accordo il trio d’attacco della Roma, il modulo a tre punte PPP (Parnasi-Prelios-Pallotta) ha subito informato il Campidoglio, ragguagliandolo nel corso di una riunione che si è svolta proprio a ridosso dei botti di Capodanno, la mattina del 31 dicembre.

 

LA Z DI ZAGHIS

Sponsor politico dell’intesa – secondo radio Campidoglio – proprio il presidente dell’assemblea capitolina e aspirante alla poltrona nel dopo Raggi, De Vito. A sussurrargli all’orecchio la parolina magica, Prelios, è stato uno dei suoi più stretti collaboratori, Stefano Zaghis, legato a doppio filo con Caputi e da anni impegnato in prima fila nelle sigle che si occupano di fondi e real estate. L’amico giusto nel posto giusto.

“Quell’intesa, quegli accordi – viene precisato – sono più forti di ogni altra cosa. Del resto ormai le sirene stanno suonando una musica graditissima per tifosi giallorossi e non solo: il Roma club Testaccio che ha indetto per la prossima partita una mobilitazione, ha appena varato una petizione in cui si parla di più ricchezza a Roma con il nuovo stadio, scrivono addirittura di 20 miliardi di euro in città nei prossimi dieci anni, di più fondi per Roma, di 20mila posti di lavoro nello stadio e nell’area business, di una straordinaria possibilità di adeguare e ammodernare i trasporti, nonchè – figurarsi – di rigenerazione urbana e salvaguardia ambientale. Insomma, si danno i numeri e si spaccia una nuova mani sulla città per un miracolo!

Salvatore Romeo e Virginia Raggi

Salvatore Romeo e Virginia Raggi

Torniamo alle faide e ai regolamenti di conti in casa grillina. Ecco cosa scrive Marco Zonetti per Next Quotidiano: “La Roma pentastellata è diventata il Far West. Messa da parte assieme al suo uomo (politico) di riferimento Marcello De Vito, Roberta Lombardi non ha perdonato la Raggi e ha tessuto in tutti questi mesi l’ordito di una ragnatela di attacchi più o meno velati. La Raggi ha finito per cadere suo malgrado nella trappola della nemica”. Ed ecco lo scenario da ‘imenoplastica politica’ ipotizzato: “la soluzione è quella di un passo indietro della sindaca per favorire l’ascesa di De Vito, con ogni probabilità operando un rimpasto nella giunta così da nominarlo vicesindaco e affidando a Luca Bergamo un altro incarico. Nominando De Vito vicesindaco verrebbe di conseguenza la sua investitura a primo cittadino”, con una sindaca delegittimata e costretta a fare un passo indietro.

Gongola lady Lombardi, prossima a parlare di sé in terza persona, la nuova Marthin Luther King de noantri (lo cita spesso nei suoi post): “il 29 gennaio da perfetta emula o erede di Luther King – commenta Zonetti – ha pubblicato uno scritto in cui ripercorre la propria storia decennale nel m5s lasciando intendere di essere quella pura, quella giusta che ci aveva visto bene fin da subito proponendo il suo uomo di riferimento De Vito contro la Raggi. Che il sostegno alla Lombardi sia una carta vincente per far carriera politica nel m5s romano è un dato di fatto. Senza entrare nel merito della chat al vaglio della procura di Roma – prosegue – basti pensare che nel terzo municipio romano, feudo della Lombardi e del suo protégé De Vito, abbiamo come presidente Roberta Capoccioni, ex assistente della deputata; fra gli assessori troviamo Giovanna Tadonio, moglie di De Vito; e quest’ultimo è stato nell’ordine candidato sindaco della capitale, consigliere comunale, presidente dell’assemblea capitolina e, in un futuro prossimo, forse addirittura sindaco di Roma”. Senza dimenticare i post al veleno scritti a getto continuo da Francesca De Vito, sorella di Marcello, contro la Raggi.

Ma eccoci al fuoco di fila incrociato, la caccia al sindaco in piena savana mediatica.

 

PIOMBO DI FUOCO

Scava Fiorenza Sarzanini per il Corsera del 3 febbraio. “E’ di 90 mila euro la provvista che Salvatore Romeo aveva investito in polizze sulla vita. Adesso i magistrati vogliono scoprire come mai abbia deciso di mettere in cima alla lista dei beneficiari proprio Virginia Raggi. Lei dice di non saperne nulla ma non convince. Il sospetto è che almeno una parte di quei soldi provenissero da chi aveva deciso di puntare tutto sulla giovane avvocatessa facendole vincere le primarie e portandola poi alla guida della giunta capitolina”. Come Soros che ‘scommette’ sulla Clinton contro Trump. Anzi peggio: perchè il sospetto che aleggia tra le stanze di via Solferino è che quei soldi “servissero a comprare voti”.

Il progetto del nuovo stadio

Il progetto del nuovo stadio

Sempre per il Corsera, Alessandro Trocino, tanto per non parteggiare, pennella “le offese alla Lombardi e le false accuse al suo futuro sfidante Marcello De Vito”, quella Lombardi che adesso “è la vera vincitrice della vicenda”. Ancora: “la vicenda del dossieraggio contro De Vito, accusato con toni da inquisizione di reati e abusi, tutte accuse poi cadute rapidamente, sta acquisendo toni shakespeariani”. E davvero teatrale un reportage precedente, a base di dossieraggi, insabbiamenti, fantomatici pareri legali: “poche ora dopo De Vito invierà la mail che lo scagiona”, e poi: “nel terzo incontro i tre sono costretti ad arrendersi all’evidenza e De Vito viene scagionato”. E la conclusione: “e fu così che, dopo una falsa accusa e il relativo fango sparso nelle chat, le comunarie videro il trionfo della Raggi”. Elementare, Watson.

Colorisce e sentenzia Carlo Bonini sulle colonne di Repubblica 3 febbraio. “Ora dunque si capisce perchè, come si dice da queste parti, ‘andavano per tetti’ i ‘quattro amici al bar’. Non per godere l’aria del Campidoglio, ma perchè il cemento che li teneva insieme era ed è evidentemente inconfessabile”. Le polizze-bomba? “Tutte accese prima che la Raggi sbaragliasse a colpi di dossier l’avversario Marcello De Vito nelle comunarie”. Polizze non solo private, ma con ogni probabilità anche politiche, secondo lo Sherlock del quotidiano diretto da Mario Calabresi: “fiche puntate su una delle anime del Movimento cinquestelle romano”, quella nera, contigua all’ex sindaco Gianni Alemanno, o allo studio Sammarco dove ha fatto pratica la Raggi, oppure a quel “sistema di poteri e relazioni che a Roma ha nomi e indirizzi”, secondo lo 007 di Repubblica.

Peccato che quei recapiti portino – al contrario – in direzione dell’oltraggiato De Vito e del suo scudiero, Stefano Zaghis.

Al vetriolo, due giorni prima, un servizio del tandem Maria Elena Vincenzi e Giovanna Vitale, sempre sulle colonne del quotidiano fondato da Scalfari. In perfetto stile british l’esordio: “Raffaele Marra e la fabbrica dei dossier patacca. A finire nel mirino dei pm è ora quello confezionato ai danni di Marcello De Vito. Un’operazione di killeraggio politico che potrebbe non risultare unica”. E tanto per chi non abbia capito, a proposito delle comunarie: “lo sfidante che tutti ritenevano il più forte venne fatto oggetto di una campagna di fango, inscenando un processo pubblico che finì per azzopparlo. Le primarie furono vinte dall’avvocata della borgata d’Ottavia, poi entrata trionfalmente in Campidoglio”. E guarda caso le due croniste-preveggenti delineano il prossimo scenario, il piano B dei 5 Stelle con Mr Preferenze De Vito alla poltronissima del Campidoglio…

In queste ore, più asettiche le cronache de il Fatto, che pure con Marco Lillo – due giorni prima del voto amministrativo nella Capitale, il 17 giugno 2016 – sparò in prima pagina la notizia della consulenza alla Asl di Civitavecchia non dichiarata dalla Raggi nel suo pedigree. Lo stesso Lillo e Valeria Pacelli non mancano in un pezzo del 31 gennaio di rammentare “la storia già raccontata dal Fatto a luglio. Un anno fa De Vito è stato vittima di una campagna condotta contro di lui dall’attuale sindaco Raggi, dall’assessore Daniele Frongia e dal vicepresidente dell’assemblea capitolina Enrico Stefàno. Dopo essere uscito acciaccato dall’accusa, l’allora capogruppo ha preparato con i suoi consulenti legali un esposto. Il Fatto – prosegue la ricostruzione – ha visionato la bozza di esposto con le accuse ipotizzate nel momento di rabbia: diffamazione, calunnia e falso”. Sbollita la rabbia, però, quell’esposto non è stato mai presentato ai pm romani.

E davanti ai microfoni di Enrico Mentana, tra le opacità nel curriculum targato Raggi, Lillo cita “la pratica allo studio Previti”, equivocando con quello Sammarco che patrocinava Previti in alcuni contenziosi.

 

TUTTI EMBEDDED A MILANO

Il sindaco di Milano Beppe Sala

Il sindaco di Milano Beppe Sala

A Milano, intanto, tutto tace. Silenzio tombale sull’inchiesta per l’affare-Expo, per la Piastra d’oro indagata dalla procura. E indagato il sindaco, Giuseppe Sala, che come la celebre ala destra del Torino, Claudio Sala, ha operato la perfetta finta delle dimissioni durate neanche una settimana, cercando di mettere in fuorigioco gli inquirenti. Che però hanno chiesto un supplemento d’inchiesta, altri sei mesi.

Ora salta fuori – ovviamente silenziato dai media di casa nostra e segnalato unicamente dal sito Giustiziami animato da Frank Cimini, storica firma di giudiziaria a Milano – un appalto da circa 2 milioni di euro, con i soldi dell’Expo, per l’installazione di ben 200 monitor nel palazzo di giustizia meneghino. Scrive Manuela D’Alessandro a proposito di quei ‘cari’ monitor: “spenti ormai da secoli, ormai un arredo inerte che punteggia ogni angolo della cittadella giudiziaria, rappresentano lo spreco più evidente del ‘tesoro’ assegnato alla magistratura milanese in nome di Expo”.

Forse qualcosina in più una polizza vita da 30 mila euro…

 

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Sala a Palazzo: “Fare accendere i monitor di Expo? Ne ho già abbastanza qua dentro…” – http://www.giustiziami.it

 

 

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