LE “SOFFERENZE” DI ‘O MINISTRO / POMICINO SVELA SUL “FATTO” IL GIALLO GENERALI

C’era una volta Geronimo, ora c’è Radiofante. Ma l’autore è sempre lo stesso, ‘O Ministro.

Torna a colpire, Paolo Cirino Pomicino, il presidente della commissione Sportello ai tempi d’oro della prima repubblica, poi titolare della Funzione Pubblica e, of course, del Bilancio.

Dopo le bufere di Tangentopoli ovviamente trascorse in pantofole nei suoi attici – quello degli amici di rispetto, i Sorrentino, poi del re del grano Franco Ambrosio, entrambi acquistati a prezzi catastali – quindi benedetto dal suo inquisitore per la maxi tangente Enimont Antonio Di Pietro, convocato al capezzale per le ultime volontà dopo un bypass, ‘O Ministro ha vissuto la sua seconda giovinezza inforcando la penna. Autore di punta a casa Mondadori e columnist di successo con il nickname di Geronimo per le testate griffate Berlusconi, dal Giornale a Libero. Mentre il protetto, Mario Orfeo (nipote del suo uomo ombra, Vincenzo Maria Greco), dava la scalata prima alle roccaforti mediatiche made in Caltagirone (il Mattino, il Messaggero), poi ai vertici dei Tg, col botto del Tg1.

Maturo ora, ‘O Ministro, per il grande salto tra le braccia di Marco Travaglio. L’antipasto è servito il 31 gennaio – quasi mezza pagina tuttocorsivo e pubblicata come lettera – dove l’ex numero uno della scuderia Andreotti dà il meglio di sé, una lezione di economia politica e morale, come del resto ha fatto in qualità di docente alla terza università di Roma (dieci anni fa l’editrice Banda Bassotti editò un pamphlet su quelle mitiche lezioni) e poi come presidente di una commissione parlamentare per “la trasparenza negli atti della pubblica amministrazione”. Perfette cure omeopatiche.

Ma eccoci alle diagnosi stilate dal novello Keynes circa la salute delle finanze di casa nostra, a cominciare dal giallo Intesa-Generali-Unicredit, un labirinto nel quale ‘O Ministro sa perfettamente come aggirarsi & districarsi.

Empatico l’incipit: “Caro direttore, ormai è sotto gli occhi di tutti la lotta per il controllo delle Generali, la multinazionale italiana oggetto del desiderio del capitalismo francese fin dai tempi di Enrico Cuccia e da questi sempre osteggiata insieme alla politica del tempo”. Ovvio il riferimento ai padri della patria e strenui difensori delle nostre casse pubbliche.

Marco Travaglio con Antonio Di Pietro. In alto Paolo Cirino Pomicino

Marco Travaglio con Antonio Di Pietro. In alto Paolo Cirino Pomicino

Intuisce subito il Vate: “Non c’è bisogno della zingara per capire che il desiderio sia quello antico del capitalismo francese”.

Poi da psichiatra di razza: “se un fondo compra 17 miliardi di crediti in sofferenza con quel tipo di sconto pensa di guadagnarci”.

Quindi da Sherlock s’interroga: “Non si capisce per quale motivo l’Unicredit non abbia esso stesso gestito le sofferenze proponendo ai debitori la chiusura definitiva della propria pratica con un così forte sconto”. Mumble mumble.

Quindi quel noi che rassicura gli italiani: “Noi abbiamo la documentazione che la banca acquirente chiude le partite con appena il 40-50 per cento di sconto, per cui questi fondi che acquistano crediti e sofferenze a valori molto più bassi entro pochi anni portano a casa plusvalenze da capogiro, togliendo ingenti risorse agli azionisti bancari e anche allo Stato”.

Noi? Noi chi? A nome e a quale titolo scrive e discetta con tante sicumera ‘O Ministro?

Punta i riflettori sui fondi, ormai strumenti pret a porter delle finanze predatorie di casa nostra. Sponsorizza le sorti di qualche Fondo dal cuore buono & gentile? Caso mai Prelios dell’amico di una vita Massimo Caputi, anni fa socio in Proger di Ludovico Greco, rampollo di Vincenzo Maria?

I patemi per i nostri destini pubblici, comunque, non sono finiti qui. E si manifestato negli angosciati interrogativi finali di ‘O Ministro consegnati al Fatto: “Perchè un grande istituto bancario non riconverte parte della propria forza lavoro di cui annuncia esuberi impressionanti per gestire direttamente queste sofferenze dopo averle pesantemente svalutate? Radiofante risponde che è colpa del regolatore (Bce e Banca d’Italia)”.

Spiega e s’interroga Patriota-Pomicino: “ma se un regolatore dà indicazioni incoerenti e lesive degli interessi degli azionisti, perchè la banca non lo contraddice argomentando e investendo altri poteri dello stato nazionale e dell’Ue? E’ malizia allora pensare che si sommano interessi a dir poco strani per cui si licenzieranno migliaia di dipendenti, un soggetto terzo farà una barca di quattrini comprando sofferenze bancarie a prezzi irrisori e il corto circuito tra Unicredit, Mediobanca e Generali si realizzerà, Intesa permettendo, con maggiore celerità nel silenzio attonito del governo e del Parlamento?”.

A pensar male – come osservava il suo Profeta, Giulio Andreotti si fa peccato. Ma spesso ci si azzecca. E lui, ‘O Ministro, novello Radiofante, ora prova ad azzeccarci col Fatto.

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