SINISTRA, CHE FARE ? LE PRIORITA’ PER ZIZEK  E CHIESA 

Sinistra, che fare? Ci si interroga su utopie & futuro in questi giorni a Roma, dove si tiene dal 18 al 22 gennaio “C17”, conferenza sul comunismo. Una boccata di vero ossigeno, ri-sentire quella parola che negli ultimi due decenni è stata presa a calci e trattata peggio di una appestata bestemmia. Dopo la prima rottamazione occhettiana, poi i fasti del parasocialismo modello I care di Veltroni l’Americano fino al neocentrodc in salsa Pd secondo le ricette di chef Renzi: il Nulla al Vertice, il Vuoto metafisico che si trasforma in realtà politica, come il più classico dei conigli dal cilindro dell’Otelma di turno.

Di seguito riportiamo alcuni passaggi dell’intervento clou al C17, quello del filosofo Slavoj Zizek.

Ecco l’incipit: “come escogitare politiche su larga scala di fronte alle questioni cruciali del mondo di oggi, dall’ecologia alla biogenetica al capitalismo finanziario? E’ chiaro che abbiamo bisogno di reinventare ampi meccanismi di controllo transnazionali ed efficaci meccanismi d’intervento, di superare l’ossessione della sinistra per l’autorganizzazione locale e la relazione diretta con la base in direzione di una più efficiente e ampia organizzazione a livello statale e sovrastatale”.

Giulietto Chiesa

Giulietto Chiesa

Dopo aver analizzato la totale inconsistenza, anzi la vera e propria sparizione della sinistra e della sua variegata fauna politica, nonchè il vuoto pneumatico della ‘sinistra liberale ufficiale’, che è “la migliore esecutrice delle politiche di austerità, anche se conserva il suo carattere progressista nelle nuove lotte sociali antirazziste e antisessiste”, Zizek passa alle sempre dolenti note del ‘che fare’ e così diagnostica.

“Siamo noi a dover cambiare, noi che ancora ci consideriamo di sinistra. Dobbiamo noi trovare il modo di rivolgerci ai lavoratori, superando la political correctness. Tutta questa confusione esige chiaramente la reinvenzione del comunismo. Quali sono le nostre più gravi crisi, oggi? L’ecologia, che è un problema di beni comuni sotto minaccia. La crisi finanziaria riguarda anch’essa i beni comuni. La crisi dei rifugiati mette in gioco gli elementari beni comuni dell’umanità in se stessa. E dobbiamo superare la logica eroica dello Stato-nazione. Come troviamo anche in Hegel, l’estremo sviluppo dell’eroismo patriottico è la guerra. Questa per me è l’essenza del comunismo: superare lo Stato-nazione e la logica del mercato e reinventare nuovi beni comuni. Per noi tutti, si tratta chiaramente di una questione di sopravvivenza”.

Tra le critiche alle tesi di Zizek spicca quella, al top della prima di Repubblica, di Michele Serra, un dop che dimostra la vacuità dei sinistri vati da salotto. “Nell’attesa che una sinistra rinata salvi l’umanità risolvendo le due o tre questioncine che lo stesso Zizek indica, come ingannare il tempo? Come convivere con l’energumeno che considera ‘casta’ un professore universitario e non Trump e il suo governo di banchieri? In attesa di un futuro radioso, prendere per i fondelli i nuovi duci e i loro fan plaudenti non mi sembra il più grave degli errori”. Ottimo e abbondante per i fan di quei salotti.

Chi cerca di ragionare, invece, sui temi della sinistra perduta, mosca bianca nel desolato panorama della nostra ‘cultura’, è Giulietto Chiesa, che giorni fa rispondendo sul suo sito ad un lettore ‘smarrito’ e in cerca appunto di quella sinistra, di quelle utopie, forniva non pochi elementi utili, strumenti di lavoro e di orientamento per riscoprire terreni una volta fertili e ormai desertificati.

Per avviare quella ricerca, suggerisce Chiesa, “si richiedono due cose che adesso mancano: studio e organizzazione. Tutti coloro che perdono tempo innamorandosi delle varie aggregazioni temporanee (prendo ad esempio l’ultima: Occupy Wall Street) sono vittime inconsapevoli di un’illusione. Che produce delusione e muore senza lasciare tracce”.

Secondo Giulietto Chiesa, occorre “un grande e lungo lavoro di formazione dei ‘quadri’ (così si diceva un tempo nei partiti). Cosa significa? Che ci vogliono operatori, e tanti, capaci di trasmettere sistematicamente ad altri un impianto di pensiero che li metta in grado di interpretare gli eventi fondamentali che li circondano. Mi spiego meglio: io e lei, pur appartenendo a generazioni diverse, abbiamo ricevuto (o ci siamo procurati) i binari su cui poggiare il nostro vagone. Milioni sono privi di qualunque binario (=criterio di interpretazione) che consenta loro di capire, e di scegliere. Peggio: sono accerchiati, soffocati, da un sistema di formazione, di informazione, di svago, tecnologico, che fanno ogni sforzo possibile per impedire loro di capire, quindi di scegliere.

Schermata 2017-01-18 alle 19.28.20Siamo al centro di una mutazione antropologica gravissima, che ha cambiato il modo di percepire la realtà di milioni di individui, che li ha privati dei meccanismi di formazione della personalità, imprigionandoli dentro Matrix. In quella prigione stanno ormai anche gran parte degl’intellettuali, dei professori universitari, dei magistrati, solo per fare alcuni esempi. Dunque il problema è quello di costruire delle casematte (come diceva Antonio Gramsci) da dove cominciare sortite sistematiche, organizzate, sempre più numerose. Naturalmente rivolte a spezzare il monopolio informativo (media), formativo (scuola), comunicativo (cultura e tutto il resto) dei padroni universali. Io penso al processo di creazione di una nuova élite intellettuale, che non deve essere costituita di “intellettuali” soltanto, ma che deve attraversare la società orizzontalmente, uomini e donne evasi da Matrix. Solo loro saranno e sono già i portatori di una morale simile a quella che lei descrive. Quindi in grado di trasmetterla, come virus alla rovescia. Inutile dire che si tratta di un’impresa molto pericolosa.

L’altro passaggio secondo me obbligato è quello di capire la complessità della crisi. Una delle ragioni del generale smarrimento è che pochi si rendono conto qual’è l’origine dell’attuale sconvolgimento generale. Ciascuno di quelli che “cercano” ne vede solo una parte, ma non riescono a vedere l’insieme. La complessità della crisi non ha precedenti e il suo know-how si sta creando solo adesso e troppo lentamente. Per raggiungere l’agire politico, cioè la massa critica necessaria per produrre il cambiamento, occorre che siano in molti a modificare la loro visione del mondo.

Poi c’è il fattore tempo. Che è tremendamente ristretto. La crisi procede più velocemente dei processi che io sto descrivendo. Con la attuale capacità umana, il disastro avverrà prima che noi riusciamo a costruire gli strumenti concettuali, non dico per arrestarlo, ma neppure per frenarlo. C’è solo da sperare che l’ecosistema che stiamo distruggendo ci infligga tali lezioni da costringere la specie umana a scendere a patti con esso.

Nel frattempo che fare? Io penso che qui l’elemento dominante sarà l’impulso morale. La politica sta diventando una scelta etica. Non importa quale sarà il risultato. Importa perseguirlo perché è giusto in sé; perché in sostanza è difendere l’esistenza della specie, dei nostri figli, dell’ecosistema nel quale viviamo e di cui siamo parte inscindibile. Solo coloro che capiranno di essere una cellula nell’insieme del cosmo potranno comprendere e battersi. Potranno non vincere come individui, ma parteciperanno ad una qualche salvezza collettiva. In ogni caso che scelta abbiamo, alternativa a questa? Solo quello di degradare al livello animale. E neanche questo, infine, ci sarà consentito.

Credo che abbia ragione Steve Hawkings, quando dice che l’intelligenza artificiale che abbiamo creato si sta già sviluppando indipendentemente da noi. Ci controllerà attentamente, e poiché siamo molto stupidi (la stupidità dell’uomo è l’unica grandezza infinita esistente dentro l’ecosistema) non necessariamente sarà comprensiva nei nostri riguardi. E nemmeno amichevole. Per quanto mi riguarda (l’ho già scritto qualche volta) io faccio come Diogene: vado in giro con la lanterna accesa. Guardo in faccia gli uomini e le donne che incontro per leggere nei loro occhi il barlume della loro intelligenza. li considero parte integrante della mia salvezza.

 

Nella foto di apertura Slavoj Zizek

Lascia un commento