L’INQUIETANTE INSEDIAMENTO DI TRUMP

Giulietto Chiesa.

Giulietto Chiesa.

C’è più di uno “stato profondo” negli Stati Uniti. Uno è quello che ha portato alla presidenza Donald Trump, sorprendendo I “liberals” del Partito Democratico e il Grand Old Party repubblicano. Ma stiamo osservando l’emergere di un altro “stato profondo” trasversale, che si evidenzia come alleanza tra liberals, media, servizi segreti. Tutti impegnati a sovvertire l’ordine costituito e a procedere senza badare agli ostacoli frapposti dalle leggi, dalle norme, dalla decenza.

La vicenda delle “fake news” contro Trump ne è prova evidente. Il tentativo in corso è quello di sovvertire il risultato elettorale. Il fatto è già inquietante. Ma le modalità lo sono ancora di più, anche perché ciò che accade sotto gli occhi del mondo indica che non si tratta di un episodio: cambiano le regole e ciò è destinato a durare a lungo, anche oltre l’insediamento. Inoltre questo “stato profondo” conta su vaste alleanze esterne e i suoi metodi, che dire spregiudicati è poco, sono già in via di esportazione in Europa. Quindi la cosa ci riguarda doppiamente. E riguarda tutti, anche la Russia, e la Cina. Insomma se l’Impero traballa le onde saranno planetarie.

L’ultima offensiva, in ordine di tempo, a pochi giorni dall’insediamento, è partita da un documento di – pare – 35 cartelle (le formule dubitative a disposizione non basteranno a descriverlo) che, ad un primo esame perfino del meno smaliziato dei lettori, appare come totalmente non credibile, non verificato, grossolanamente pieno di errori e contraddizioni. Risulta ora, dopo l’esplosione dello scandalo, che il suo – presunto – autore è sconosciuto anche a chi ha diffuso il testo. Un anonimo “ex agente del Mi6 britannico” che non si sa se lavorasse a Mosca o in qualche altro posto. Che fu assoldato da una agenzia privata di Washington che stava lavorando per raccogliere materiali compromettenti per i candidati di entrambi i partiti concorrenti.

Uno dei problemi è che questo “documento” circolava da tempo, da prima dell’elezione, ed era già stato considerato immaneggiabile da autorevoli esponenti del mainstream media americano. Per esempio il direttore esecutivo del New York Times, Dean Bacquet, lo aveva definito “totalmente privo di sostanza”, composto di “insinuazioni” su cui “abbiamo indagato”, avendo raggiunto la conclusione “che non era affare nostro pubblicare cose di cui non potevamo fidarci”. L’altro problema è che i capi della CIA, dell’FBI, della NSA, con diversi gradi di convinzione, hanno invece deciso che l’ex agente dell’Mi6 era invece “credibile”. Ma era in primo luogo la loro stessa credibilità ad essere in dubbio. Tutti avevano pubblicamente sostenuto la candidata Hillary Clinton. Lo scorso agosto l’ex direttore della CIA, Michale Morrel, aveva definito Trump, sul New York Times, come un “reclutato da Putin e agente coperto della Federazione Russa.” Gli aveva fatto eco, sul Washington Post, l’ex direttore della CIA e della NSA (sotto George W. Bush), Michael Hayden, definendo Trump “un utile strumento manipolato da Mosca, un ingenuo, in realtà disprezzato, ma il cui cieco sostegno è felicemente accettato e usato.”

A elezione avvenuta si registra una processione di gole profonde dei servizi segreti che si affolla negli uffici della CNN, la corazzata mediatica dell’élite americana e il suggeritore universale di tutte le fake news del mainstream mondiale. La CNN annuncia, nelle sue breaking news, che “i vertici dell’intelligence nazionale” hanno riferito sia ad Obama che a Trump che la Russia aveva impacchettato informazioni “compromettenti per il presidente eletto Trump”. Dove si nota qui un duplice avvitamento carpiato delle “fake news”: sono i russi (Chi?, Come? Quando? In che forma?) ad avere scaricato il loro agente.

In realtà sarebbe stato l’ex agente dell’Mi6 a “far capire” di “avere saputo” a Mosca (Come? Da chi? Quando?) che Trump era stato registrato e filmato, in una stanza del Ritz Carlton Hotel, in compagnia di un gruppo di prostitute, intente a fare pipì sul letto della più elegante delle suites, dove avevano dormito, qualche tempo prima, Obama e consorte. La prova? “Beh, si sa che il Ritz è pieno di telecamere dei servizi segreti russi”.

Nelle foto, Donald Trump

Nelle foto, Donald Trump

Ma di questo la CNN, elegantemente, non ha detto nulla, limitandosi a commentare di non aver potuto “verificare”. Bastava la parola del vertici dell’intelligence, noti per essere all’origine di tutte le bufale prodotte per costruire le aggressioni militari contro i paesi ritenuti non fedeli. Ma poiché la CNN ne è stata il fedele altoparlante da quando esiste, non le è stato difficile continuare nel compito. A questo punto, con l’autorizzazione della CNN, la palla passava ai media sottostanti affinchè propalassero i dettagli. Il primo dei quali fu l’emittente Buzzfeed. Tutti ovviamente senza fare verifiche di sorta. il direttore di Buzzfeed, Ben Smith, spiega la decisione accompagnadola con la dicitura “sebbene vi siano seri dubbi su queste indiscrezioni”, ma lasciando al pubblico l’incombenza di decidere se crederci oppure no. I vassalli informativi europei, quasi all’unanimità, seguiranno con lo stesso sistema, salvo rare eccezioni. E, ad ogni passaggio, I dubbi spariranno e aumenterà, nei giorni successivi, il numero dei giornalisti e politici che giureranno di avere letto che Mosca spiava Trump e che quindi sarebbe stata in grado di ricattarlo per l’eternità.

Il presunto ex agente, tuttora anonimo, dell’Mi6 aveva aggiunto, nel suo presunto dossier, che Trump aveva inviato a Praga il suo avvocato, Michael Cohen, nel probabile intento di dissuadere “i russi”. Cohen fa sapere alla stampa, che ignora i suoi dinieghi, di non essere mai stato a Praga in tutta la sua vita. E a nessuno viene in mente di chiedersi cosa c’entri Praga in tutta la faccenda. “I russi” non stanno a Praga, ma a Mosca. Solo qualche smaliziato ricorda che Praga (da tempo passata in occidente) è il posto giusto per sollevare ricordi subliminali. Fu infatti a Praga che, secondo la CIA, si sarebbe svolto l’incontro tra alti ufficiali dei servizi segreti di Saddam Hussein e i dirottatori dell’11 settembre 2001. Naturalmente quell’incontro non esistette in natura e fu inventato dalla CIA. Con il risultato che, nell’autunno del 2003, a guerra irachena ormai consumata, il 70% degli americani era convinto che a organizzare gli attentati contro le Torri Gemelle e il Pentagono fosse stato Saddam Hussein.

Dettagli. Essenziale ricordare a questo punto che tutto l’establishment del Partito Democratico, e quasi tutta la stampa liberale, i suoi commentatori più illustri, perfino Michael Moore, hanno dato pieno credito e quasi totale supporto a questa operazione eversiva. Resta solo da aggiungere una vera chicca, la ciliegina sulla torta. A dicembre fu il senatore repubblicano John McCaine, quello che incontrò il Califfo al Baghdadi prima che diventasse il Califfo dello Stato Islamico, a “passare” una copia del fake-rapporto all’FBI.

 

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