Quest’Italia, terra di miti

E’ terra di miti facili l’Italia, con il decisivo contributo dei media che innalzano sul altari stratosferici i signori “ics” per non morire di noia nel racconto della routine quotidiana. Mito, tirato via da palcoscenici e comparsate televisive è certamente l’assurdo di un comico che ha lucrato sull’anti tutto, in primo luogo sull’antipolitica, gioco di prestigio facile nell’Italia dei corrotti e corruttori, degli incapaci.

Di soggetti comici come Scilipoti, rozzo giullare del Parlamento, oggetto di barzellette e sarcasmo a volontà, nominato vicepresidente della commissione scienze, tecnologia e sicurezza della Nato. Non ci credereste ma dovrà occuparsi dei rapporti con l’Ucraina. C’è di peggio. Il “nostro” fa parte della delegazione italiana presso ‘assemblea parlamentare della Nato. Incredibile, ma vero.

Il primato dello stupore collettivo spetta senz’ombra di dubbio a Beppe Grillo, guitto e abile trasformista assurto a dignità di politico grazie a reiterati “vaffan…” e a un manipolo di nullafacenti, per lo più giovani disoccupati, che sono saltati sul carro del populismo con veemenza e impudenza goliardica. L’incombente “culo e camicia” con il neofascista Salvini ha prodotto il plagio di omicidi della libertà propri del duo mefitico Hitler-Mussolini. Dal cappello a cilindro Grillo ha estratto l’idea ammazzamedia (proposta on line dallo sparuto esercito di internauti cinquestelle) di una “giuria popolare che fustighi i direttori di giornali e redattori che pubblicano notizie false e li costringano a chiedere scusa se i loro articoli sono bocciati da cittadini estratti a sorte”. Detto da spacciatori di “bufale” fa davvero impressione. Non a Mentana. Ha querelato Grillo che nel post ha mostrato anche il logo del tg7 tra tanti accusati di pubblicare notizie false per favorire chi sta al potere. Il pentimento tardivo di Grillo è strumentalmente teso a evitare la condanna in tribunale.

Con un dietro-front a trecentosessanta gradi i pentastellati, in paura per casi giudiziari in corso o in fieri di loro esponenti, hanno azzerato il passato giustizialista, quando Di Maio e soci mimavano le manette per inquisiti altrui e hanno sposato il garantismo. Avvisi di garanzia e di conclusione delle indagini non certificano automaticamente una condotta da sanzionare. Accidenti che giravolta, gli acrobati del Circle Du Soleil al confronto impallidiscono. Che sia un marchingegno ala Casaleggio junior salva Raggi è opinione diffusa e non priva di logica. Somiglia come due gocce d’acqua al salva Previti berlusconiano.

Il terzo personaggio in odore di beatitudine, e se gli si attribuisce un qualche miracolo, di santità, è l’autore di un paio di libri pubblicati con astuto tempismo, abile sintesi di quanto i quotidiani nazionali e locali raccontano giorno dopo giorno della piaga sociale della camorra e del fenomeno che come una delle sue tragiche conseguenze vede protagonisti della criminalità giovani e ragazzi della marginalità urbana. Il mito di Saviano si autoalimenta con ritmi vertiginosi. La macchina schiacciasassi della promozione pubblicitaria lo ha consacrato eroe del nostro tempo, grazie a permanenti presenze televisive, a collaborazioni con testate leader della carta stampata (articoli, pagine e doppie pagine, citazioni su argomenti di varia attualità), a escamotage da ribalta ben illuminata, primo fra tanti la pietosa commiserazione per dieci anni si vita sotto scorta (inutile com’è ampiamente dimostrato e, che non gli ha impedito il rischio di bagni di folla). Repubblica, che spende al meglio l’acquisita popolarità di Saviano, racconta di Verdelli, direttore editoriale della Rai dimissionario. Aveva in animo alcune innovazioni, bocciate dal consiglio di amministrazione. Tra queste l’idea di un telegiornale del Sud. Scommette su sicuro: la direzione di questo ipotizzato TgSud sarebbe stata la affidata a turno, per un anno, a Michele Santoro, Lucia Annunziata e indovinate a chi? A Roberto Saviano, ovvio. A quando la candidatura alla Presidenza della Repubblica?

Nella foto Grillo-Mentana

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