KOSOVO / NATO E ISIS UNITI NELLA LOTTA

Rischi nucleari all’orizzonte? Una guerra con la Russia che più ghiacciata non si può? La spaventosa crisi economica che azzanna mezzo mondo? Chissenefrega. Le presidenziali Usa ora procedono a luci rosse, con un audio di dieci anni fa da usare come arma di distrazione di massa contro Donald Trump e le invettive lanciate dalle stars a stelle e strisce, in pole position Roberto De Niro che lo prenderebbe volentieri a cazzotti. La montagna di mail nascoste dalla immacolata candidata Hillary quando era Segretario di Stato? Chissenefrega? La montagna di dollari accumulata per fini non solo umanitari, ma soprattutto personali dalla Clinton Foundation? Chissenefrega. Al solito, le campagne Usa viaggiano sull’onda dei gusti sessuali: una corda nella casa dell’impiccato Bill, a suo tempo alle prese con gli esami orali ai quali sottoponeva la stagista Monica Levinsky.

In questa inchiesta la Voce porta alla luce un paio di spaccati da non poco sul fronte della politica estera e interna degli States. Sui quali i cittadini, prima del voto, farebbero bene a riflettere. Storie di oscure missioni Nato e azioni di supporto (ovviamente nascoste) del terrorismo combattuto solo a parole; e di potere, pezzi da novanta dell’establishment che dopo una militanza (sic) pubblica passano armi e bagagli con il privato. Per la serie: il finto antiterrorismo, la finta difesa degli interessi pubblici (in perfetto stile clintoniano). Ma – a quanto pare – a tirare è solo hot gossip…

 

TUTTI I SEGRETI NELLA POLVERIERA DEL KOSOVO

Il Kosovan Liberation Army. In apertura Hillary Clinton con Obama e, sullo sfondo, il Bondsteel Camp in Kosovo

Il Kosovan Liberation Army. In apertura Hillary Clinton con Obama e, sullo sfondo, il Bondsteel Camp in Kosovo

La più grande base estera della Nato è acquartierata in Kosovo. Si trova a Sojeve, un piccolo centro a pochi chilometri da Ferizaj, centomila abitanti e, soprattutto, vicina al confine con la Macedonia. Camp Bondsteel – questo il nome della base a stelle e strisce – secondo le descrizione degli esperti di affari internazionali è a dir poco mastodontica, adagiata su un perimetro da quasi 15 chilometri, impegnati oltre 7 mila tra militari e civili, dotata di tutte le più sofisticate strutture logistiche: è il maggior avamposto mai realizzato dagli Usa all’estero dopo la guerra in Vietnam.

Poco da stupirsi, comunque, visto che il Kosovo è un Paese oggi sotto tutela Nato, e nato – è il caso di dirlo – per precisa volontà statunitense dopo la deflagrazione dell’ex Jugoslavia e le guerre genocide scatenatesi per anni. E dopo le pulizie etniche – di cui venne accusato falsamente il solo Milosevic, come è emerso con enorme fatica all’Aja e nel più totale silenzio mediatico occidentale – la nascita del Kosovo ha significato la creazione di una autentica enclave.

Non poco “colorita”. Non solo le forzi militari che fanno capo al solito gendarme, la Nato, che è presente in migliaia e migliaia di unità. Ma anche – e sta qui la esplosiva scoperta – ben cinque super campi di addestramento targati Isis. Come dire: i diavoli e la (presunta) acqua santa. Il mostro a cinque teste del terrorismo islamico e chi – in teoria – dovrebbe combatterlo: d’amore e d’accordo a pochi chilometri gli uni dagli altri. Una sceneggiata che potrebbe comodamente trovare un teatro ad hoc alle falde del Vesuvio.

Ecco come ricostruisce il contesto l’analista britannico Nick Griffin. “Dopo aver costretto i serbi a consegnare il Kosovo ai terroristi islamici del cosiddetto ‘Kosovan Liberation Army’ (il famigerato UCK, ndr) che includeva migliaia di volontari salafiti provenienti dal Medio Oriente, gli Stati Uniti e l’Italia hanno usato la scusa di proteggere il nuovo regime islamico dalla Serbia per mettere in piedi basi militari”. Ed è così che nasce Camp Bondsteel: “l’enclave islamica non è solo diventata il più grande quartiere generale della Nato, ma anche il posto giusto perchè vi trovassero accoglienza cinque campi di addestramento delle forze ISIS, uno di questi solo a un paio di miglia da Bondsteel”. Incredible! Ai confini della realtà. La perfetta dimostrazione di come e quanto l’establishment Usa intenda sul serio combattere il radicalismo e il terrorismo di tutto il mondo…

Donald Rumsfeld

Donald Rumsfeld

“Tutto ciò – commenta un analista di New York – fa perfettamente il paio con la stessa vicenda delle Torri Gemelle e le responsabilità che ora stanno venendo finalmente alla luce sulla regia operata dall’Arabia Saudita in perfetta sintonia con i Bush. Lo stesso Obama, che pure ha voluto la desecretazione di alcuni documenti, ora fa marcia indietro, perchè il ‘Sistema’ non vuole che i rapporti con lo storico alleato saudita si rompano. E che non vengano scoperti tutti gli altarini, soprattutto prima del voto presidenziale: altrimenti salterebbero fuori le clamorose responsabilità non solo della famiglia Bush, ma anche dei Clinton. E gli ultimi abbracci degli Obama non solo con i Clinton, ma anche con i Bush, sono la perfetta istantanea di quel Potere che si è nutrito sempre di colossali menzogne e altrettanto colossali affari. Ma adesso, tanto per distrarre meglio la gente, meglio buttare in faccia a tutti il fumo delle manie sessuali di Trump…”.

Continua Griffin: “I principali campi di addestramento sono quelli di Ferzaj, Giakovica, Decani, e quelli di minori dimensioni a Prizren e Peje. Si tratta della palese dimostrazione che la Nato ha completamente fallito nel suo obiettivo di contrasto all’espansione del radicalismo islamico e che invece esistono forti connection tra quel radicalismo, quei campi di addestramento, e il super avamposto della Nato a poca distanza”. La prova del nove è fornita da numeri e fatti. Poco più di due anni fa, agosto 2014, le autorità kosovare conducono a termine un’operazione antiterrorismo: ebbene, su 40 arrestati, 11 provengono proprio da Ferzaj. Senza contare che hanno fatto capolino – non come detenuti, ma come ospiti o ‘visitors’ – a Camp Bondsteel pezzi da novanta del calibro di un Lavdrim Muhaxheri, il feroce capo della ‘brigata balcanica’, o di un Blerim Heta, uno dei kamikaze che si sono fatti saltare in aria a Bagdad.

Lavdrim Muhaxheri

Lavdrim Muhaxheri

Anche gli altri avamposti jihadisti localizzati a Gjacovika, Peje e Prizren sono ben mixati: nella prima cittadina, ad esempio, si trova anche il presidio Amiko, ossia la base aerea militare italiana in Kosovo; è sempre il nostro tricolore a sventolare al Villaggio Italia di Peje. Ingenti forze Nato sono acquartierate a Prizen, mentre nella vicina Decani troneggia l’antico monastero ortodosso, oggi patrimonio Unesco e al tempo stesso occupato in forze dalle truppe Nato!

Basi del terrorismo e gendarmi (presunti) antiterrorismo, dunque, uniti logisticamente nella lotta. Del resto, è stato proprio uno dei pezzi da novanta della Difesa (sic) Usa, Donald Rumsfeld, a battezzare con familiarità quei presidi kosovari i “lily pads”: una simbologia para floreale che fa un pochino a cazzotti con le mire prettamente militari.

Non solo armi, comunque, in quel martoriato contesto. Ma smisurati interessi petroliferi. E traffici di droga, fiumi di eroina da milioni di dollari. Tanto per non farsi mancare niente. Leggiamo ancora cosa scrive Nick Griffin: “Il controllo militare del Kosovo serve a Washington anche per altri scopi geo strategici. In primo luogo rende possibile il controllo sulle rotte di petrolio e gas che arrivano in Europa dal Mar Caspio e dal Medio Oriente, così come su quelle che dalla Ue portano verso il Mar Nero. E serve anche a proteggere il commercio multi miliardario di eroina (“the multi billion dollar trade of heroin”) che è cresciuto in modo esponenziale in Afghanistan per la regia Usa. Kosovo e Albania – precisa Griffin – sono i canali principali delle droghe in direzione Europa, perchè i Balcani sono il corridoio strategico. E proprio il Kosovo, nei recenti report di analisi, viene citato come lo snodo base per trasferire eroina da Afghanistan e Turchia ai paesi dell’Europa occidentale. Quelle droghe passano sotto gli attenti occhi del governo Thaci”.

“Una storia che comincia da lontano – continua Griffin – fin dai tempi di Laos e Vietnam, quando la Cia copriva i traffici di droga, mentre negli States a riciclare e lavare i billioni di dollari provvedevano le banche più rispettabili, Citigroup in testa”. Parole che pesano come macigni: per il lontano passato e per il presente che la Bush/Clinton band cerca a tutti i costi di nascondere.

I fatti più recenti ci rimbalzano dal Kosovo fino in Italia. Poche settimane fa a Pristina sono stati condannati 5 militanti dell’Isis, pene tra 4 e 13 anni. Non solo messaggi in rete, ma perfino sulla facciata della chiesa ortodossa di San Nicola, “Isis is coming”. Mentre la procura di Brescia ha scovato e neutralizzato, mesi fa, una cellula jihadista diretta dal Kosovo: non certo nascosto il suo obiettivo, e cioè quello di “disintegrare l’Europa e imporre la sharia”. E tutto, adesso si viene a sapere, in quel Kosovo controllato palmo palmo da intelligence e plotoni militari yankee!

 

LE DORATE PORTE GIREVOLI MADE IN USA

Passiamo al secondo capitolo della story. Le performance dei big del Potere Usa, improvvisamente folgorati – dopo una super carriera al servizio del (sic) Paese – sulla via della finanza privata, spesso di quei fondi, gli “hedge funds”, che hanno segnato l’inizio del crac in quel maledetto 2008. I titoli salsiccia che come il peggior tumore hanno prodotto le loro metastasi nelle economie occidentali, intossicandole alla radice, come è successo ovviamente anche in Italia. Ecco, in rapida carrellata, i percorsi stellari di alcuni boss a stelle e strisce.

Greg Berman

Greg Berman

Fresco di metà settembre uno dei casi più clamorosi, le improvvise dimissioni di uno dei pezzi da novanta della Sec, il super organismo di controllo finanziario negli Usa, inflessibile come nessuno al mondo (Sic): Gregg Berman, il quale ricopriva la carica di “Associate Director of the Office of Analytic and Research in the Division of Trading and Markets”, in soldoni uno dei pezzi da novanta made in Sec, con la supervisione su tutto il Commercio negli States. Ebbene, con gran disinvoltura mister Bernan ha lasciato quella super poltrona per accomodarsi nel salotto di “Citadel”, ovvero il colosso di Fondi made in Usa.

Così commenta il sito francese ‘wikistrikes’: “il gendarme della Sec Gregg Berman, grande esperto di frodi azionarie, abbraccia Citadel. Per i lettori che non conoscono Citadel – viene aggiunto – è un hedge fund di cui si serve la FED per manipolare i mercati finanziari internazionali a suo piacimento. E’ il suo braccio armato, e al suo fianco c’è l’altro colosso, Blackrock. Tutto va nel migliore dei modi per i banchieri”. O – se preferite – i Bankster, come li ha etichettati qualche anno fa, nel 2010, il presidente di Adusbef Elio Lannutti nel suo “Bankster – Peggio peggio di Al Capone i Vampiri di Wall Strett e piazza affari”. Profetico: perchè già allora si passava dai crac a stelle e strisce come Lehman e non solo, ai disastri creditizi di casa nostra, un iceberg che verrà alla luce (al solito) solo anni più tardi, quando i buoi sono abbondantemente usciti dalle stalle alla faccia di tanti risparmiatori truffati.

Non solo Berman, sul palcoscenico delle acrobazie finanziarie Usa. Pochi mesi fa un altro caso che ha fatto rumore (ma non poi troppo, soprattutto dalle nostre parte, abituati come siamo alle ricche ‘porte girevoli’). L’ex super Commissario Ue, per anni, il portoghese Manuel Barroso, ha pensato bene di passare armi e bagagli alla corte di Goldman Sachs, il gioiello della finanza, solito ospitare nel suo parterre de roi big del calibro di un Romano Prodi o di un Mario Draghi: senza dimenticare Carlo Costamagna, ora renziano doc, da alcuni mesi alla guida dalla sempre più invasiva Cassa Depositi e Prestiti (ora alle prese con la patata bollente dei futuri destini dell’Ilva che bussano ormai alle porte, pena il crac definitivo).

Ben Bernanke

Ben Bernanke

Le danze, comunque, non sono certo finite. E, incredibilmente, ruotano sempre intorno a Fed – la Banca Centrale Americana – e Citadel (per la serie: controllore e controllato, e prima avevamo trovato anche la ciliegina di Sec, il super controllore). Circa un anno fa l’ex presidente Fed, Ben Bernanke, ha indossato la maglietta di Citadel, in qualità di super consulente. L’uomo che ha ‘gestito’ la famosa crisi 2008, Bernanke, poi passato al think tank della ‘Brooking Institution’, quindi il grande salto tra le braccia della mamma di tutti gli hedge, il grande ventre degli affari a stelle strisce. Così ad aprile 2015 scriveva Marco Valsania per il Sole 24 Ore: “Bernanke ha affermato di aver scelto Citadel, oltre perchè giudicata una società interessante, perchè riesce a evitare l’apparenza del conflitto di interesse. Non è infatti regolamentata dalla Fed, essendo un hedge fund da 25 miliardi di dollari di asset, seppur con forte utilizzo della leva del debito, e non una banca o una finanziaria di importanza sistemica. C’è chi critica la ‘porta girevole’ come troppo facile e eccessiva in un clima post crisi. Il sito finanziario Zero Hedge sottolinea come Citadel sia in realtà considerata vicina alla Fed di New York, che eseguirebbe attraverso di lei sue operazioni sui mercati. Tanto da far sospettare, nel contratto di Bernanke, una forma di ringraziamento pecuniario, viste le commissioni che l’hedge dovrebbe aver intascato negli anni”. Guanti bianchi, quelli di Valsania, per descrivere le acrobazie firmate Fed: visto che i francesi parlano in modo esplicito di smaccate manipolazioni…

La lista dei “passaggi dorati” non è finita qui. E regolarmente popolata da vip (tranne il caso Barroso) yankee. Un passaggio da novanta quello di Timothy Geithner, ex Segretario del Tesoro Usa, nel multimilionario paradiso finanziario griffato “Warburg Pincus”, dopo un passaggio intermedio nelle ovattate stanze di JP Morgan Chase, non proprio una bocciofila. Un colosso da 500 dipendenti, Pincus, e investimenti medi annui da 40 miliardi di dollari, non proprio ‘nuts’. E neanche di bruscolini era il fatturato annuo prodotto da mister Giethner pre Picus: 3,2 milioni di dollari. Figurarsi dopo.

Manuel Barroso

Manuel Barroso

Da Pincus a Pimco il passo non è poi così lungo Ed eccoci alla presenza di Alan Greenspan, per anni al vertice della stessa Fed poi passata sotto l’ala protettiva di Bernanke. Mister Greenspan ha poi prestato consigli & servizi a un bel tris, Deutsche Bank, Pimco e Paulson & C.: un perfetto mix per frullare affari con la pala.

A tutto “Fondo” anche l’ex capo della Cia, il generale David Petraeus, caduto in disgrazia per la travolgente love story con una spy woman, in perfetto stile James Bond. Ha potuto abbondantemente consolarsi anche grazie ai profumati assegni staccati da KKR, un “Global Institute” di private equity. Cin cin.

Brinda anche l’ex capo staff della Casa Bianca al sevizio di Obama, William Daley: per il futuro non ha grossi problemi, va anche lui a segno e a “Fondo” con gli svizzeri di “Argentiere Capital”.

Ma il cerchio non può che chiudersi tornando a Fed, la Banca Centrale a stelle e strisce, autentico crocevia della finanza non solo a stelle e strisce, con tutta evidenza. Un altro grosso calibro, l’ex governatore Jeremy Stein, ha trovato eccellente ospitalità all’ombra di BlueMoountain Capital, un nome che è tutto un eco-programma. Cosa sarà mai? Un “Fondo”, of course…

 

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