“Traffico di influenze illecite”. E’ uno dei capi d’imputazione che stanno facendo tendenza. Tanto per non toccare la ormai solita – ma mai perseguita realmente fino in fondo – corruzione, il cancro che sta divorando l’Italia, nonostante sia alacremente al lavoro un’Autorithy ad hoc (ma ne occorrerebbe forse una ad ogni “cantone” ministeriale, regionale, comunale e di qualsivoglia “organismo pubblico”).
Ci inciampa, in modo clamoroso, il “compagno” dell’ex lady Economia, l’uomo dei petrolieri, il Gemelli per tutti gli affari. E ci è cascato l’ex braccio destro di Giulio Tremonti negli anni d’oro al ministero di quella stessa “Economia”, ossia Marco Milanese, che ora becca una condanna in primo grado a 2 anni e mezzo per “traffico di influenze illecite” in merito allo scandalo del Mose di Venezia. L’accusa è di aver dirottato per quel maxi appalto 400 milioni che stazionavano al Cipe, il comitato interministeriale, in attesa di destinazione, con ogni probabilità le regioni meridionali: particolarmente abile – secondo gli inquirenti – l’ex fiamma gialla di origini avellinesi poi passato in politica (e, non a caso, subito passato alla Commissione Finanze) a dirottare quei fondi in laguna, nelle casse del Consorzio Venezia Nuova capitanato da Giovanni Mazzacurati.
Gli stessi protagonisti dell’affaire, Ministero dell’Economia e Venezia Nova, sono stati condannati ad una provvisionale da 100 mila euro ciascuno. I legali di Milanese (tra cui il noto penalista Franco Coppi) sostengono che il loro assistito non aveva ricevuto “alcuna delega” da Tremonti, mentre i pm hanno ricostruito in questi termini la storia: è stato il numero uno della società “Palladio Finanziaria”, Marco Meneguzzo, a fungere da trait d’union per l’incontro clou fra Mazzacurati e Tremonti, al quale è seguito un successivo meeting, stavolta tra il braccio “operativo”, Milanese, e il presidente di Venezia Nova.
Milanese viene definito dagli inquirenti come “soggetto competente a gestire i finanziamenti” Mose per conto del ministero all’epoca guidato da Giulio Tremonti.
Così ha verbalizzato Mazzacurati: “fu Milanese a chiedermi 500 mila euro per ottenere di volta in volta il parere positivo per procurare fondi al Mose”. Singolari le modalità di recapito: contanti contenuti in una “scatola” e consegnati a Milanese in persona, nel 2010, a Milano, negli uffici della Palladio. Gli inquirenti, però, si spingono più in là. Secondo loro, infatti, la maxi tangente non serviva a solo a direzionare in modo appropriato la delibera del Cipe, ma l’obiettivo era più ambizioso: Mazzacurati “con 500 mila euro ha voluto comprare un uomo intraneo al ministero che seguisse i finanziamenti e svolgesse un’attività di protezione del Consorzio e di pressione”.
La Voce a dicembre 2008 scrisse una cover story dedicata a uomini & affari all’interno del ministero guidato da Giulio Tremonti, con un’eminenza grigia di cui, fino a quel momento, nessuno aveva mai scritto: proprio l’irpino Marco Milanese. In basso il link di quella inchiesta titolata: “Tremonti boys – Tutti i segreti dello staff di via XX settembre”.
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