L’utopia della libertà di stampa

Una riflessione del “Fatto Quotidiano” sul tema della libertà di stampa, fondante per la democrazia, omette, per un’evidente e venale distrazione il caso Turchia, dove Erdogan imbavaglia il giornalismo e incarcera direttori di quotidiani e redattori critici nei confronti del suo governo. Poco male, se confrontato alla maglia nera dell’Italia che nella classifica di Paesi repressivi dell’informazione è ad un incredibile settantasettesimo posto e da un anno all’altro scende di quattro posti, collocandosi dopo Botswana e Nicaragua, preceduta, ma è magrissima soddisfazione, da Cipro, Grecia, Moldavia, Armenia e Bulgaria. Tra i Paesi virtuosi, prima è la Finlandia, seguita da Olanda, Norvegia, Danimarca, Nuova Zelanda, Svizzera. Il peggiore censore è l’Eritrea. Contribuiscono alla posizione infima dell’Italia le decine di giornalisti sotto protezione della polizia (fonte la Repubblica) e il caso di Nuzzi e Fittipaldi, autori delle inchieste sul malaffare del Vaticano. A tenerci in basso è l’Rsf, Reporters sans frontières che descrive pressioni, minacce e violenze subite dai cronisti, il sistema giudiziario della Santa Sede che attacca i media e che potrebbe condannare gli autori dello scandalo “Vatileaks” a otto anni di carcere. Fin qui gli eccessi di regimi ma c’è un angolo buio della questione non esplorato dall’indagine. Sono i modelli di censura preventiva e di autocensura. Consistono nella sofisticata tecnica degli editori e dei loro uomini di vertice nelle testate che promuovono e gratificano con premi ad personam chi interpreta la linea politica del giornale pedissequamente ed emarginano chi non si adegua. Un classico, dell’epoca monopolistica della DC in Rai era il placet della direzione del TG1 alla messa in onda dei servizi dopo aver consultato la segreteria del partito di governo. E’ prassi, sempre della Rai, di collocare alla responsabilità delle redazioni regionali, caporedattori organici al colore politico di sindaci e governatori in carica. Cos’altro sovrintende ai cambi al vertice di giornali radio e Tg se non la formazione politica che governa e i suoi alleati? Per fortuna c’è compensazione e si deve ai “social”, alla loro quota di controinformazione.

 

Puzza di petrolio

E’ andata bene a Renzi e alle compagnie petrolifere. Default del referendum cosiddetto delle trivelle, ricorso (inutile) dei sì al ministero per le risorse economiche e richiesta di bloccare immediatamente le cinque concessioni estrattive entro le dodici miglia di mare. Ancora incandescente la polemica sull’esito della consultazione popolare, lo spazio principale dei media punta sul disastro ambientale nel genovese. Dalla rottura per esplosione di una tubatura di grandi dimensioni dell’oleodotto Iplom fuoriesce un fiume di petrolio che ha invaso il rio Fegino e il Polcevera, in parte anche il mare. Gli abitanti di Cornigliano, della zona interessata all’inquinamento avvertono un odore nauseabondo, le idrovore succhiano petrolio e tentano di evitare che finisca in mare, il caso sembra dar ragione a chi si batte per l’investimento di risorse nelle energie rinnovabili e l’accelerazione dei progetti di settore. L’indagine a carico di ignoti, che tocca in prima persona il responsabile dell’oleodotto, ha come titolo il disastro colposo. La Iplom informa che la rottura della tubazione è avvenuta mentre si trasferiva il petrolio da una nave nel porto petroli (!) di Multedo e si rinnovano le preoccupazioni per l’intenso traffico di navi che trasportano il greggio nel mare Mediterraneo.

 

Tangenti? Un’epidemia molto contagiosa

Non c’è segmento della società italiana estraneo al teorema delle tangenti, della corruzione invasiva, patologia cronica che contagia con ritmi da epidemia l’aggrovigliato intreccio tra criminalità e politica, imprenditoria, amministratori locali e vertici di banche: infettata è anche la quota di società istituzionalmente impegnata nel rispetto della legge. La cronaca racconta di poliziotti, carabinieri, uomini della finanza, militari tangentisti e purtroppo anche di magistrati presi con le mani nel sacco. L’ultimo episodio vede falcidiato il reparto napoletano Infrastrutture di via Metastasio. Da la Repubblica: tangenti ( da 3500 a 20.000 euro) in cambio di appalti è l’accusa della procura di Santa Maria Capua Vetere: Guardia di Finanza e Squadra Mobile di Caserta, in operazioni congiunte, hanno arrestato il comandante della struttura, colonnello Cannarile, il colonnello Bisogno, due impiegati civili. Misure cautelari anche per i colonnelli Mautone e Crisileo, per l’imprenditore Francesco Caprio, beneficiario delle gare truccate. Le intercettazioni telefoniche sono raccapriccianti. Nervoso per il ritardo nel pagamento delle mazzette, il colonnello Mautone sbotta, con la moglie, che gli dà corda, in un “La delusione è il porco, perché pensa di prendere per il c”…”Mi stai facendo incazzare in maniera mostruosa. Sto bastardo ha vinto la gara sei mesi fa, aveva il tempo per metterseli da parte…” In altre conversazioni tra malversatori, il colonnello Crisileo precisa “Se quello mi porta quarantamila euro, a noi ci piazzano il 10 (percento, ndr) e tu e il comandante fanno fifty-fifty”. Le tangenti? Frutta fresca la definisce Crisileo che chiede all’imprenditore Caprio “Se stasera cortesemente passi, avrei bisogno di un po’ di frutta fresca”.

 

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