SERVIZI SEGRETI / TORNA IN CAMPO IL PIDUISTA VALORI

Servizi di casa nostra stile Mossad? Più stretti i legami della “Nuova Intelligence” che si sta formando per impulso del premier Renzi con Netanyahu & C.? Parecchi segnali sembrano condurre in questa direzione, mentre gli scenari di guerra sui cieli libici si fanno man mano più plumbei e si profila un intervento italiano sotto la regia dei “Servizi” per precisa volontà Usa. E i segnali hanno due nomi ben precisi: Giancarlo Elia Valori, l’uomo di tanti misteri che sta tornando alla ribalta dopo qualche anno in “sonno”; e Marco Carrai, l’amico del cuore del primo ministro, già in pole position per guidare la Cibersecurity che – Nuovo Grande Fratello – “proteggerà” i nostri destini.

La Libia, oggi. In apertura Giancarlo Elia Valori e, sullo sfondo, truppe militari in azione

La Libia, oggi. In apertura Giancarlo Elia Valori e, sullo sfondo, truppe militari in azione

Lo scenario “ufficiale” ha cominciato a delinearsi esattamente un mese fa, quando il 10 febbraio è stato approvato un decreto del presidente del Consiglio dei ministri: atto secretato – val la pena di sottolinearlo – materia incandescente che Renzi qualche giorno prima aveva affrontato in un colloquio riservato con il capo dello stato Sergio Mattarella. Snello, solo 5 articoli, il Dpcm, e tale da poter incidere sui nostri destini a breve, sul fronte della sicurezza in un momento tanto delicato. Ecco cosa recita l’articolo 2: “Nelle situazioni di crisi e di emergenza che richiedono l’attuazione di provvedimenti eccezionali e urgenti, il presidente del Consiglio, previa attivazione di ogni misura preliminare ritenuta opportuna, può autorizzare, avvalendosi del Dis, l’Aise, ad adottare misure di intelligence e di contrasto anche con la cooperazione tecnica operativa fornita dalle forze speciali della Difesa con i conseguenti assetti di supporto della Difesa stessa”.

Licio Gelli

Licio Gelli

In soldoni: un premier da poteri quasi assoluti, con gli altri ministri (in particolare della Difesa e degli Esteri), semplici maggiordomi-spettatori. Anello di congiunzione strategico sarà il Dis, ossia il Dipartimento Informazione Sicurezza, alle dipendenze dirette del premier e, in subordine, del sottosegretario con delega ai Servizi, il pd (un tempo dalemiano doc) Marco Minniti: a guidarlo Giampiero Massolo, ora renziano convinto dopo il decollo ai tempi di Gianfranco Fini agli Esteri. E’ Massolo l’uomo che ha annunciato il nuovo verbo di Matteo in tema di glasnost sui misteri e le stragi di Stato: fino ad oggi una autentica bufala, come hanno denunciato, ad un anno dal taumaturgico provvedimento parecchie associazioni di familiari delle vittime.

Braccio operativo, invece, sarà l’Aise, ossia il servizio segreto sul fronte della sicurezza estera: sarà l’Aise, infatti, a dirigere le operazioni a base delle

Giampiero Massolo

Giampiero Massolo

Unità Speciali, un dream team composto da 007 che, a quanto pare, come tutti i James Bond che si rispettino avranno “licenza di uccidere e impunità per ogni eventuale reato commesso” (è stato il leit motiv che ha condotto in passato i vertici dei Servizi made in Pollari ad oltrepassare abbondantemente i confini della legalità – come nel caso Abu Omar e nei dossieraggi di magistrati e giornalisti scomodi – invocando il Segreto di Stato). A sua volta, la super task force dei nostri 007 potrà avvalersi in territorio libico del supporto di tre ulteriori team, ognuno composto da 12 unità altrettanto speciali, che già da mesi operano in zona, e a loro volta hanno creato reti di intelligence. Tutto trasparente? Tutto approvato dal parlamento? Non se siamo così sicuri, dal momento che – fanno notare alla Difesa – “il Parlamento verrà informato solo con atti scritti e sempre secretati, tramite il Copasir, circa le missioni che verranno affidate alle unità speciali”.

Una delle prime nomine made in Renzi, quella del nuovo vertice dell’Aise: Alberto Manenti, infatti, ha preso il posto del generale Alberto Santini ad aprile 2014. Ricorda Giorgio Dell’Arti, nel suo Catalogo dei Viventi: “Manenti ha guidato l’ottava divisione ai tempi di Telekom Serbia ed è stato capo dell’unità ‘Armi di distruzione di massa’ ai tempi dell’inchiesta Nigergate. Ha ottimi rapporti con la Cia, con il Mossad e Shin Bet. Il suo nome è finito nei verbali di Lorenzo Borgogni, ex numero due di Finmeccanica (e capo delle relazioni esterne, ndr), quando ha cominciato a raccontarne il sistema e ha spiegato che era proprio il generale la loro ‘copertura’ con l’intelligence. Ha fama di eccellente negoziatore, gode di credito all’estero, è molto attento alle nuove tecnologie”.

 

VALORI BOLLATI GELLI E MOSSAD

Giancarlo Elia Valori

Giancarlo Elia Valori

Passiamo ad un uomo che ha costruito molto della sua carriera proprio basandosi su strategiche amicizie estere, Giancarlo Elia Valori. Che ora – passato qualche anno dietro le quinte dopo i grandi affari del parastato a partire dai ’70 – sta tornando alla ribalta. Proprio per occuparsi di alta “Intelligence” e super “Security”. Lo fa al timone di una neonata sigla, “Italian Council for National Security Affairs”, da noi più semplicemente “Associazione per la Sicurezza Nazionale Italiana”. Evidente l’ispirazione a già sperimentati modelli stranieri, stella polare il “Center for Strategic & International Studies” di Washington. “E’ proprio il sistema inaugurato dal Csis che lo ispira – notano alla Farnesina – con la sua sigla Valori intende creare una sorta di intercapedine tra la sua struttura, che sarà al servizio di grossi clienti privati, come banche, finanziarie, aziende impegnate in settori strategici come quello energetico, e gli apparati statali, che dal canto loro tendono in qualche modo a privatizzarsi sempre di più, come sta dimostrando la vicenda Carrai”.

Ma ecco, dalla penna dell’ex piduista pronto a trasformarsi nel Salvatore della Patria, la ricetta per il nostro futuro: “L’Intelligence oggi è sempre più il vero centro dello Stato. L’espansione delle funzioni statuali, la sempre maggiore complessità sociale e produttiva, la globalizzazione dei mercati e della produzione fanno sì che l’intelligence divenga l’asse portante delle decisioni pubbliche”. E più nel merito: “Una intelligence economica, finanziaria, industriale, quindi, laddove, tradizionalmente, i Servizi si occupavano solo di equilibri di potenza e organizzazioni militari. I Servizi stanno quindi divenendo il centro dell’azione e delle attività statali, ma vi è una domanda di intelligence che sorge dalle organizzazioni private, dalle imprese, dalle strutture finanziarie che devono conoscere il meccanismo generatore dei pensieri e delle decisioni dell’avversario, del concorrente, dell’alleato”.

Prosegue l’analisi di Valori: “Trasformazione dell’intelligence, quindi, sempre più indirizzata a organizzazioni ‘civili’ e sua espansione, visto che ormai oggi ogni decisione di rilievo ha bisogno di una sua base di conoscenza riservata”. Ed ecco la mission della sua creatura: l’Italian Council nasce per coordinare “le attività di studio e ricerca sull’intelligence e la politica estera di buona parte delle imprese, dei centri di ricerca, delle stesse Agenzie dello Stato”. Poi in concreto: “Sarà una rete, un network stabile e strutturato tra figure delle Forze dell’Ordine, della Magistratura, dei mass media, dell’Accademia e delle Forze Armate, oltre ai manager d’impresa e agli studiosi ed esperti del settore”. E ancor più nello specifico: “Costituiremo, all’interno dell’Italian Council, un centro di analisi che si occuperà della sicurezza nazionale in senso ampio: la sicurezza informatica e la protezione dei sistemi produttivi sensibili, le tecnologie di punta, anche in un mercato globalizzato, la cybersecurity in senso stretto, quindi la tutela delle reti informatiche”.

Non può mancare, poi, un esplicito cenno agli “amici” di sempre: Usa e Regno Unito, quindi i poli strategici emergenti (Russia e Cina), ma “mantenendo un rapporto di particolare amicizia con Israele”. Il faro di sempre, negli orizzonti “politici” di Valori: che però non ha mai mancato di tessere rapporti d’affari anche col mondo arabo. Come successe, tanti anni fa, quando era vicedirettore generale del colosso d’infrastrutture pubbliche Italstrade, fine anni ’70, e tramite il Sismi degli amici Nicola Falde e soprattutto Giuseppe Santovito (protagonista anche nelle trattative con camorra e Bierre per il caso Cirillo) tesseva rapporti con Libia, Iran, Algeria, Arabia Saudita e Turchia.

Proprio a proposito degli scenari libici, il sito “Formiche” ha appena pubblicato un ampio saggio firmato Valori. Ecco un estratto del suo Pensiero Schermata 2016-03-10 alle 08.47.20strategico: “Se avverrà un intervento europeo o, per essere più esatti, francese, italiano e britannico, con il sostegno degli Usa, la sequenza dei fatti diviene ancor più prevedibile. Ci sarà una richiesta di aiuti del governo unitario libico, che non per questo certo metterà a tacere le discordie e gli interessi divergenti al suo interno, una risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, quella organizzazione che Francesco Cossiga (suo grande amico, ndr) definiva un ‘ente inutile’, poi arriveranno i militari (i 3000 di cui si parla in questi giorni, ndr), magari con un comando unitario dell’Italia, ad ‘addestrare’ la polizia locale, con qualche operazione dei Corpi Speciali. Anche tutto ciò avviene troppo tardi e troppo poco”. Pessimistico anche lo scenario finale delineato dall’ex vice di Licio Gelli: “L’Ue mostra una debolezza strutturale che fa pensare ad un rapido decadimento geopolitico ed economico, gli Stati Uniti stanno subendo la loro ciclica tensione isolazionista; e allora il mondo sunnita vuole prendersi quel Maghreb per minacciare l’Europa, inondarla di immigrati, controllarla con il petrolio nordafricano che farà, tra poco, concorrenza a quello russo (e iraniano)”.

Ma scorriamo in rapida carrellata il curriculum del Profeta. Veneziano da Meolo, virgulto fresco di laurea entra subito in Rai come consulente (ha 25 anni!), per passare presto alle “relazioni internazionali” di viale Mazzini. Ottimi e abbondanti i rapporti vaticani, tanto da essere incoronato “Cameriere di cappa e spada”. E’ poi la volta dei Cappucci, quando, nel 1965, si iscrive alla Loggia Romagnosi del Grande Oriente d’Italia, per poi spiccare il salto verso la P2. Da cui anni dopo verrà espulso dal Venerabile in persona, al quale aveva non garbava una presenza di tal peso, quasi da fargli ombra. Fervono, intensi, i rapporti con il Sismi, soprattutto per accrescere la sfera d’influenza sui mercati esteri (strategico anche l’appoggio del fratello, che dalla sua postazione di responsabile Eni per l’Argentina, gli apre quello e altri mercati sudamericani). All’amico Santovito chiederà una “manina” sul fronte nordafricano, “per eventuali lavori da compiere in quei paesi con la società Italstrade, società a capitale Iri”, verbalizza davanti al giudice Rosario Priore. Strategico, il suo ruolo, in una vicenda che fa parlare il mondo, il rapimento di tre francesi nel 1985 in Iran, ad opera di “estremisti islamici”: a quanto pare fa intervenire addirittura il dittatore nordcoreano Kim II Sung – suo amico – per ottenere la liberazione dei tre ostaggi, tanto che Francois Mitterand gli conferirà la Legion d’Onore. E’ il personaggio centrale, Valori, in un’altra maxi inchiesta, la Why Not di Luigi de Magistris, che verrà fermato dal guardasigilli Clemente Mastella ed “espulso” dalla magistratura che non tollerava certo venissero scoperchiati i suoi santuari. In Why Not la figura di Valori è basilare per comprendere i nuovi, potenti assetti della “massoneria contemporanea”: il pm, in particolare, indagava sul ruolo svolto in quegli anni da Valori al timone di Torno International, altra carica nel suo vastissimo arcipelago del parastato (dalla SME ad Autostrade per l’Italia, passando per Sviluppo Lazio).

Continuo, negli anni, l’impegno massonico e al fianco di Israele. Nel 2012 pubblica due corposi studi per la rivista del Grande Oriente “Hiram” sulle “Società dello Spirito”. Mentre l’università ebraica di Gerusalemme gli affida la presidenza della “Cattedra della pace e della cooperazione regionale”. E’ al timone anche dell’associazione “Israele 60”, che più volte esprime la sua solidarietà alle forze armate israeliane impegnate nell’occupazione (illegale) della striscia di Gaza.

 

TUTTE LE SIGLE E GLI AMICI DI CYBER MARCO CARRAI

Marco Carrai con Matteo Renzi

Marco Carrai con Matteo Renzi

Ma passiamo al secondo protagonista delle “Security” stories di casa nostra, e altro grande amico di pezzi da novanta dell’establishment israeliano, Marco Carrai, l’uomo che sussurra all’orecchio del premier Renzi. Primattore, Carrai, nella nomina di Fiamma Nirensteim come ambasciatrice di Israele a Roma. La giornalista ed ex parlamentare berlusconiana, infatti, è un’amica storica di casa Carrai, così come il figlio trentaquattrenne, che lavora per i Servizi. Ed è stato proprio Marco ad accogliere all’aeroporto di Firenze (del quale è stato presidente) Bibi Netanyahu, che ha restituito a Renzi la visita di metà 2015.

Del resto, l’ammiraglia nella sempre più numerosa flotta societaria targata Carrai, la fresca CYS4 che dovrebbe occuparsi dei nostri futuri destini per la Cibersecurity – la clamorosa decisione ora è andata in stand by, dopo le polemiche suscitate per la montagna di conflitti d’interesse e non solo che comporterebbe – parla non poco in ebraico. Nel suo azionariato, infatti, fa capolino Jonathan Pacifici, imprenditore italo-israeliano, quartier generale a Gerusalemme, amministratore delegato del “World Jewish Economic Forum”. Una compagine societaria da novanta, quella firmata Cys4. In formazione Leonardo Bellodi, un passato come braccio destro di Paolo Scaroni (oggi in pole position per la guida della futura Ilva post Riva secondo i progetti renziani) all’Eni, e oggi in ottimi rapporti con il capo dell’Aise Manenti. Altra presenza strategica quella dell’ex vertice Telecom Franco Bernabè, a bordo del suo FB Group, attraverso cui ha arruolato svariati partner tecnologici per l’amico Carrai, in larga prevalenza – guarda caso – israeliani. Last but not least, Mauro Tanzi, che al timone della fiorentina Aicom è l’azionista di maggioranza: specializzata in sicurezza informatica, Aicom può contare, nel suo cda, anche sulla presenza di Stefano Carrai, fratello di Marco (a sua volta socio dell’immobiliare “Chiantishire” in compagnia dell’ex presidente Fiat Paolo Fresco). Per anni alla guida, Tanzi, di Real Estate targata Finmeccanica, che gestiva un immenso patrimonio immobiliare: voluto su quella poltrona proprio dal toscano Francesco Guarguaglini, l’ex super vertice formatosi alla Sant’Anna di Pisa (ottima leva anche per tanti cervelli della “sinistra”, da Giuliano Amato a Vannino Chiti, passando per l’ex premier Enrico Letta) e poi “dimissionato” per una serie di inchieste giudiziarie partite dalla procura di Napoli.

Nelle altre sigle made in Carrai è di nuovo un via vai di potenti soci & amici. Che spesso e volentieri ritornano. Nella compagine della “Cambridge Management Consulting”, ad esempio, torna alla ribalta l’ubiquo Bernabè; mentre nella formazione battezzata “CGNAL”, una newco, si ripropone la “Jonathan Pacifici & Partners Ldt”: evidentemente si continua a parlare in prevalenza la lingua di Abramo.

Non può mancare una pasticca miracolosa, nel pedigree del rampante Carrai. Eccoci quindi alla presidenza di un’altra sigla fiorentina, “K Cube”, newco che si interessa ad “investimenti in progetti di ricerca in settori tecnologici con possibili applicazioni produttive e nei servizi, con particolare interesse nel settore farmaceutico e nelle nuove tecnologie in campo biomedicale”. Un settore, il farmaceutico, che super tira a livello mondiale, e molto caro ai Renzi boys, in prima linea Andrea Marcucci, “l’antenna” del premier al Senato, al vertice della dinasty leader nazionale (e non solo) nel milionario settore degli emoderivati (in questi giorni a Napoli comincia il processo per il sangue infetto, alla sbarra il re Mida della Sanità Duilio Poggiolini).

Veniamo, per finire il tour made in Carrai, alla compagine di K Cube. In prima fila Flavio Maffeis, ex consigliere di Ferbanca, l’istituto di credito promosso dai farmacisti, riconducibile alla Banca Popolare di Vicenza, oggi al centro del maxi scandalo per prestiti & affari intrecciati col mattonaro Alfio Marchini, in corsa per il Campidoglio. Nel pedigree di Maffeis c’è però un’altra gemma: è stato responsabile in Italia della multinazionale farmaceutica Glaxo, finita nelle maglie della magistratura per la celebre “Farmatruffa” anni 90 che ha portato alle condanne definitive proprio di Poggiolini e dell’allora ministro della Sanità Franco De Lorenzo (5 milioni di euro a testa di risarcimento decisi dalla Corte dei Conti per i danni d’immagine provocati allo Stato). In quella vicenda Maffei riuscì a farla franca. Altri partner eccellenti di Marco Carrai, nell’occasione, sono l’avvocato Carlo Alberto Bianchi, nominato dall’esecutivo Renzi nel cda di Enel. E il commercialista d’oro Tommaso Di Tanno: il quale, nel suo pedigree, può contare sulla importante poltrona nel cda di Alitalia-Etihad; mentre più indigesta è risultata per lui la presidenza del collegio sindacale del Monte dei Paschi di Siena, era Mussari, quella dello scandalo Antonveneta per il quale Di Tanno è stato rinviato a giudizio, nel processo che, partito a Siena, è passato a Milano.

 

PER APPROFONDIRE

leggi l’articolo di ottobre 2007

articolo Voce ottobre 2007