GIUSTIZIA IN CRACK – TECNICHE PER “ARRESTARE” L’ATTIVITA’ FORENSE, UN LEGALE DI TIVOLI DENUNCIA

Storie di giustizia malata, in stato ormai comatoso. Di giustizia negata, di diritti elementari calpestati. Di un “percorso” che sembra segnato da mani invisibili ma capaci di stringere il cappio intorno al tuo collo, un po’ alla volta, tanto per sottrarti giorno per giorno le ultime dosi di ossigeno vitale…

Ecco un primo messaggio nella bottiglia. A scriverlo un avvocato di Tivoli, Roberto Castellano, che fa parte dell’Associazione Forense Nazionale. Già il titolo è un programma: “Non potendo arrestare gli avvocati, hanno deciso di arrestare la loro attività”.

“Esistono forze in Italia ed in Europa – esordisce Castellano – che vogliono ridurre in stato di sudditanza i cittadini, pur mantenendo la veste apparente della democrazia. Queste forze non possono, pertanto, dichiarare la sospensione dei diritti senza scoprire in modo evidente il loro orientamento dispotico ed assolutista. Possono però raggiungere egualmente il proprio obiettivo, eliminando lo strumento tecnico di cui i cittadini potrebbero servirsi per far valere effettivamente tutte quelle belle parole di cui è pieno l’ordinamento europeo e quello dei paesi membri come l’Italia. Non potendo arrestare gli avvocati (che nel loro diuturno lavoro sottopongono a verifica l’applicazione dei diritti), hanno deciso di arrestare la loro attività, la quale deve essere poco remunerativa e comunque repressa in ogni modo perché definita “poco moderna”. In realtà l’orientamento politico imperante in Europa (che evoca sotto vesti diverse, anche se altrettanto pericolose, quello comparso nei primi del secolo scorso e culminato con la secondo guerra mondiale) non ha assolutamente nulla di “moderno”, ma rappresenta un regresso grave ed inarrestabile della libertà e della democrazia in nome di una moneta che può essere tesaurizzata: l’euro e costituire così un baluardo di classe”.

Continua Castellano. “Per tali motivi ‘strategici’, è stata adottata la tattica di impoverire sistematicamente chi vuole continuare a fare l’avvocato, ma anche chi pretende, colpito da un torto, che vengano applicate presto e bene quelle norme di principio tanto sbandierate ma continuamente eluse dal sistema. Per tali motivi è divenuto “rischioso” rivolgersi ad un Giudice per ottenere giustizia e “scomodo” continuare a fare il difensore, mentre appare “conveniente” svolgere altre attività-rifugio tra le quali alcune sono “tradizionali” (= professore, amministratore di condominio, ecc.), altre aggiunte “ad arte” da un sistema che vuole in realtà solo asservire, senza nemmeno compensare adeguatamente chi lavora. Si propaga l’idea che l’avvocatura “deve modernizzarsi” e “svolgere compiti sociali” perché si teme che un giorno questa costruzione fondata sulla prevaricazione e sulla violenza del denaro possa miseramente cadere. Come un castello di carte”.

 

TESTA O CROCE

Giuseppe Testa. In apertura una protesta di avvocati

Giuseppe Testa. In apertura una protesta di avvocati

Passiamo ad un’altra vicenda, di diverso tenore ma ugualmente emblematica circa lo stato di totale disfacimento – sociale, economico, morale e via di questo passo – che viene generato dal tumore-giustizia. Sullo sfondo di questa storia, tante altre che vedono imprenditori che si tolgono la vita, perchè usurati dalle banche, da Equitalia, dal fisco o da sentenze che distruggono gli sforzi di una vita o stroncano letteralmente un’esistenza.

E’ successo ad un ingegnere di 89 anni suonati, Giuseppe Testa, da una quindicina sulle barricate per resistere al doppio attacco: di una banca che cerca di strangolarlo, l’ex Popolare dell’Irpinia, poi diventata BPER; e di sentenze “esecutive” che lo stanno portando sul lastrico. Anni fa la Voce ha indagato a fondo sullo scandalo, che vedeva alla ribalta non pochi personaggi dell’entourage dell’ex presidente del Senato, Nicola Mancino, storicamente in grandi rapporti (come l’ex segretario Dc Ciriaco De Mita) con l’istituto avellinese; poi una misteriosa sigla semi londinese, la Mutina, per finire il giro di valzer nella braccia della Popolare dell’Emilia Romagna. Su tutte le acrobazie finanziarie giocate sulla pelle di tanti risparmiatori (come sta capitando con lo scandalo Etruria e le 3 sorelle) accese i riflettori, tra il 207 e il 2008, l’ex pm di Catanzaro Luigi de Magistris, scoprendone delle belle. Costretto ad uscire dai ranghi della magistratura, de Magistris, proprio per via delle piste bollenti sulle quali stava indagando: non solo Why Not e Poseidone, ma anche il caso delle banche in crac finite sul groppone dei soliti risparmiatori truffati e tartassati.

Ecco cosa scrive il sito malagiustizia.org. “Barricato per 9 ore in tribunale. ‘Ho arrestato un giudice. Ho fatto un arresto da privato cittadino. Ma le forze dell’ordine l’hanno lasciata scappare. E’ evasa. Ma intanto, fino a quando non mi date il verbale d’arresto, io da qui non me ne vado”. La situazione, qualche ora dopo, si è sbloccata per l’intervento di alcuni agenti della polizia municipale di Avellino, che hanno raccolto le dichiarazioni dell’ingegnere. “Questo è un processo verbale – ha precisato Testa – voglio che venga ufficializzato il mio arresto del giudice, anche se in questo momento non si trova più qui”.

Il tribunale di Avellino

Il tribunale di Avellino

Quella mattina si teneva l’ennesima udienza per la vendita dei beni di proprietà delle società che fanno capo a Testa, per una presunta situazione debitoria cartolarizzata da Irpinia-Bper via Mutina. “E’ una procedura di espropriazione coattiva – spiega l’avvocato di Testa, Tiziana Teodosio – che va avanti dal 1990. Già in passato l’ingegnere ha sporto denunce penali e promosso azioni civili contro quel provvedimento ingiusto, ma senza ricevere mai alcun riscontro”. Veri muri di gomma, invalicabili per qualsiasi comune mortale. “Sono vittima di un accanimento che va avanti da 26 anni – denuncia Testa – era venuta l’ora di dire basta. Sto lottando per la vita della mia famiglia. Vogliono farmi passare per pazzo, ma non rinuncio ai miei diritti e alla mia battaglia di legalità. Vogliono vendere all’asta i miei beni e pretendono di farlo senza averne alcun titolo, né titoli. Sto difendendo un patrimonio che mi sono sudato una vita”. Risultato: il giudice ha sporto denuncia contro l’ingegnere. L’ennesima carta bollata in questa battaglia ultraventennale tra Davide contro tanti Golia.

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