Tutto il mondo (anche della politica) è paese

La saggezza popolare ha radici profonde e i suoi profeti sono i proverbi, uno dei quali (“il lupo perde il pelo, non il vizio”) calza come dire, a pennello, se si recuperano dalla memoria i reiterati episodi di gratuite volgarità che “infiorano” il linguaggio, parlamentare o social network di Peppe Grillo e della sua tribù. “Perla” del turpiloquio grillino sono gli insulti sessisti che volano grevi in parlamento e trovano spazio vigliacco su Facebook e twitter. Ne ha fatto le spese l’irreprensibile Boldrini, nelle vesti istituzionali di presidentessa della Camera, ne sono destinatarie la ministra Maria Elena Boschi e Pina Picierno del Pd. Ecco la becera frase: “ Boschi dove sei. In tangenziale con Pina?” Avviene mentre a Quarto, comune del napoletano, il movimento Cinquestelle incappa in un altro caso di malgoverno (dopo quelli di Livorno, Gela e Pomezia), considerato di gravità elevata se si valuta percentualmente in rapporto al numero minimo di comuni amministrati. Onestà e trasparenza? Slogan possibili solo al fanatismo dei pentastellati. Il rodaggio di amministratori locali dei nipotini di Casaleggio rivela il fallimento (lo scrive l’Unità) conseguente a disinvolta modalità di selezione della classe dirigente. Il caso di Quarto, e di un successo elettorale dei grillini che intercettazioni telefoniche dicono viziato dal sostegno camorristico, evoca tristemente l’assurdo di risultati spesso eclatanti del voto al Sud, condizionati dalle imposizioni di clan camorristici a favore di un partito in cambio di omertà e appalti sostanziosi.

Per meglio capire la stridente contraddizione tra proclami e comportamenti dei grillini basta un’occhiata alle reazioni scomposte alle contestazioni del PD. Di Maio e Fico, tra i più in vista del movimento alle accuse di voti sollecitati dalla camorra che hanno eletto sindaco di Quarto Rosa Capuozzo, non lo hanno negato, ma hanno minimizzato sostenendo che non hanno condizionato le elezioni. Ma che bravi. Che dire dell’ordine del sindaco che ha ordinato ai vigili urbani di rimuovere in consiglio comunale i cartelli che ironizzavano sull’onestà, slogan più volte sbandierato in Parlamento dai banchi dei Cinquestelle? In piena bagarre, che l’ambiguo intervento di Grillo ha reso ancora più turbolenta, Rosa Capuozzo, coinvolta personalmente in un caso di abusivismo edilizio, si è sciolta in lacrime. Di coccodrillo? Della vicenda Quarto ha preso coscienza perfino il direttore cinquestellato del Fatto Quotidiano Travaglio, ma dopo giorni di silenzio e con lievità che non gli è propria. “E’ una piccola storia ignobile, ma appunto piccola, che vuoi che sia… È una roba “lillipuziana”. Questo il suo scanzonato commento.

nella foto Rosa Capuozzo

 

L’Italia colonizzata

Quando il Giappone si preparava a competere con l’Occidente sul terreno economicamente decisivo della produzione e commercializzazione, in Europa si potevano osservare turisti con gli occhi a mandorla che armati di blocco e matita, copiavano quanto era esposto nelle vetrine: abbigliamento, oggetti tecnologici, prodotti alimentari e dolciari. Le intenzioni furono tradotte presto in concreta concorrenzialità ed esempi eclatanti sono l’industria di apparecchiature fotografiche che ha sancito il declino della mitica Zeiss, l’invasione della Sony, di Nissan e Toyota in campo automobilistico. La Cina non era ancora così vicina come oggi ma il fenomeno del suo boom industriale non ha tardato a emulare il Giappone. Cinese è diventato il mercato dell’abbigliamento a basso costo, nomi prestigiosi dell’alta moda sono finiti nelle mani di magnati carichi di yen, il nuovo treno di laminazione dell’Ilva di Bagnoli produce acciaio nella terra dei Mandarini e solo in ultimo la gloriosa Motorola, antesignana dei cellulari, diventa “Moto” dopo l’acquisto operato dai cinesi. Impressiona l’indagine che a Milano vede al primo posto, come cognome più diffuso, il classico “Rossi” ma seguito a un niente dal cinese “Hu”.

 

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