CONTRO L’ISIS IL MONDO SCHIERA UN’ARMATA BRANCALEONE

Sandro Provvisionato

Sandro Provvisionato

Se non si trattasse di una tragedia come una guerra, potremmo di dire che contro l’Isis si sta schierando una vera e propria Armata Brancaleone.

Sulla carta la coalizione anti-Isis è composta da più di 20 Paesi. Ma al momento, effettivamente impegnati in Siria, ma solo dall’alto dei cieli, sono:

1) Russia (interessata a salvare Assad e a conservare in Siria i due porti di cui dispone, unici accessi al Mediterraneo rimasti dopo la dissoluzione dell’Unione sovietica).
2) Francia e Stati Uniti, ambedue intenzionati ad abbattere il regime di Assad.
3) A terra, ma molto limitatamente e lungo i propri confini, agiscono solo i Curdi che vivono in Turchia e quelli del Kurdistan siriano. Assieme all’Esercito siriano di Assad ci sono per ora solo piccole milizie di Hezbollah libanese e di iraniani. Poca cosa.

Schermata 2015-01-01 alle 19.21.45E tutti gli altri Paesi?
Per illustrare possibili e probabili scenari futuri dobbiamo tenere conto di una frase scritta di recente da un’analista serio e realista come Sergio Romano: “Quanto più l’Isis appare pericoloso e minaccioso, tanto meno le democrazie sono disposte a rischiare la vita dei loro soldati”. Le lezione afghana e irachena sono state molto utili alle democrazie occidentali. In Afghanistan, dopo 14 anni di guerra, i talebani controllano un territorio maggiore di quello che controllavano l’11 settembre 2011. L’Iraq è oggi, dopo l’aggressione anglo-americana, completamente destabilizzato e per metà nelle mani dell’Isis.

1) Paesi europei: solo Gran Bretagna e Germania hanno appena ottenuto dai rispettivi parlamenti il via libera per operazioni militari dall’alto. La Gran Bretagna fornirà alla coalizione solo quattro caccia e una nave, mentre la Germania – che ne ha forniti altrettanti – non può però bombardare ma solo fare ricognizioni aeree. Olanda e Belgio forniranno solo assistenza militare, mentre tutti gli altri Paesi, Italia compresa, restano alla finestra o al massimo forniranno truppe di peacekeeping per sostituire i francesi negli scenari mondiali, Mali e Libano in primo luogo.
2) Turchia: è ora nell’occhio del ciclone per le pesanti accuse rivolte da Mosca circa gli affari dei familiari del premier Erdogan con l’Isis in materia di contrabbando di petrolio e finanziamenti al califfo. La Turchia, comunque, sembra più interessata a risolvere con le armi l’annosa questione curda che a combattere l’Isis.
3) Israele: ha già gridato a squarciagola che il nemico principale è l’Iran e quindi un suo impegno militare sembrerebbe escluso ma così non è. Come riporta l’agenzia Nena news, il canale 2 israeliano ha riferito che i jet di Tel Aviv hanno compiuto alcuni raid nella notte del 3 dicembre scorso vicino a Damasco. Target dei bombardamenti, afferma la rete televisiva, sarebbe stato un convoglio di 4 camion che trasportavano missili e che erano appena usciti da una base militare. Questi raid giungono a pochi giorni dall’ammissione di Netanyahu secondo cui, “di tanto in tanto”, l’aviazione israeliana opera in Siria per prevenire il trasferimento di armi in Libano. Ammettendo per la prima volta che lo stato ebraico sta intervenendo militarmente nel Paese arabo, il leader della destra israeliana ha spiegato come i bombardamenti aerei siano finalizzati ad impedire che si apra un fronte contro Israele, quello che «l’Iran sta cercando di costruire sul Golan». L’obiettivo, ha sottolineato, è “contrastare il trasferimento di particolari armi dannose dalla Siria al Libano. Continueremo a farlo”.
Israele è impegnato in modo ampio e da lungo tempo in Siria, anche se in maniera ambigua e solitamente di nascosto ma focalizza il suo intervento militare sulle regioni meridionali del Paese arabo. Inoltre Israele intrattiene contatti regolari con gruppi armati che combattono contro Damasco. Un rapporto delle Nazioni Unite riferì un anno fa che le Forze di Disimpegno degli Osservatori delle Nazioni Unite (Undof), schierate lungo le linee di armistizio del Golan, avevano registrato relazioni frequenti tra ufficiali israeliani e miliziani siriani che combattono contro Damasco.
4) Canada: ha annunciato il suo disimpegno da operazioni militari in Siria.
5) Ci sono poi i Paesi del Golfo che prediligono come obiettivo lo Yemen.

In apertura, Putin, Cameron, Obama e Hollande

 

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