Nel nome di Tenco

C’era una volta il sabato sera di “Senza rete”, territorio dello spettacolo affidato alla voce e alla presenza scenica di grandi della musica cosiddetta leggera. Maramaldi della prima serata di Rai1 erano personaggi eccelsi, in grado di garantire qualità: Mina, Celentano, Lucio Battisti, Modugno, Ornella Vanoni, introdotti da conduttori di grande professionalità e carisma. Era il tempo d’oro dei raffinati cantautori di scuola Genovese, di Paoli fra tutti, di chansonnier appassionati come Bindi, di poeti come De André e Luigi Tenco. Quest’ultimo e ha fatto nascere il premio omonimo, sprazzo di qualità in un panorama dominato, con rare e apprezzabili eccezioni, dall’industria effimera del disco che ottimizza la temporanea visibilità televisiva di meteore destinate a precoce oblio. Il massimo del degrado si deve allo sfruttamento televisivo di anime innocenti, spinte a esibirsi dalla libido di genitori velleitari, che, in trance familiare, tifano come allo stadio prima e dopo l’esibizione dei pargoli. Sacerdotessa di “Ti lascio una canzone” è la Clerici, prestata dalla gastronomia in diretta al programma tanto più seguito quanto più sono piccoli gli interpreti e si avvale di giurati che musicisti non sono: di soubrette, un conduttore di quiz, una delle recenti emanazioni della nouvelle vague del canzonettismo italico, proveniente dalle dilaganti competizioni canore a eliminatoria, e il figlio saccente di una stella del firmamento canoro italiano.

Il premio Tenco è la lodevole faccia B di un settore commercialmente in crisi per la concorrenza di siti internet da cui si può scaricare tutta la musica del mondo. In un contenitore sobrio, essenziale, il tema è l’abbraccio tra musicisti alternativi alla produzione non esaltante del cosiddetto mercato. L’edizione dell’anno in corso esalta la mitica figura di Francesco Guccini. La presenza di grandi interpreti e di prestigiosi autori nobilita la musico-diversità dell’evento. Significativa la scelta dei Tetes de Bois di affidare il rigore culturale della serata d’esordio a Léo Ferré, a un angolo sopraffino della canzone d’autore. I premi: a Cesare Basile, narratore dialettale del mondo essenziale della terra e, per la migliore canzone, a Pacifico e Bersani, autori di “Le storie che non conosci”,

due dei più accreditati autori italiani, raramente ospitati, non a caso, nello star system televisivo. Il momento magico della rassegna è da ascrivere all’esaltante esibizione di Bocephus Kink, interprete coinvolgente della bellissima “Autogrill” firmata da Guccini. Straordinaria la performance del giovane cantautore Truppi, protagonista di un’interpretazione esemplare di “Gli amici” , sempre dell’artista emiliano. A chiudere la serata sono stati i musicisti della band che hanno suonato da sempre con lui. Per il finale è apparsa appropriata la scelta di calare il sipario sull’esecuzione di “La locomotiva” e su un evento che fa bene alla canzone d’autore. Sarà un caso se a distanza di molti decenni la musica di Baglioni, Venditti, Bruno Lauzi, Endrigo, Conte, De Gregori è ancora eterna?

Nella foto Francesco Guccini

 

 

Dal comunismo alla destra omofoba e antieuropeista

E’ plausibile che alle spalle del successo elettorale della destra anti europeista della Polonia vi sia la lontana svolta moderata che portò l’elettricista Lech Walesa a fondare e guidare il sindacato Solidarnosc, sostenuto politicamente e finanziariamente dagli Stati Uniti, interessati a introdurre un cuneo liberista e filo americano nel traballante impero sovietico. L’elezione dell’ex operaio alla guida del Paese ha preceduto la successiva sintonia con il papato e il netto distacco dalla grande madre Russia. Di più, è intervenuta l’assegnazione a Walesa del premio Nobel per la pace. Tutto in funzione dell’evasione definitiva dall’ideologia comunista e di un’indipendenza che ha anticipato l’affermazione plebiscitaria della destra. La scomparsa progressiva della sinistra polacca è confermata dall’esito elettorale di questi giorni: nessun partito di quell’area entra in Parlamento. Jaros Kaczynski, gemello del successore di Walesa, leader del partito ostile alla comunità europea e nemico giurato dell’emigrazione, ha vinto le elezioni con percentuali “bulgare” e indicato (con riserva, perché potrebbe optare per un suo incarico) in Beata Szydlo la futura premier che potrà governare senza bisogno di stringere alleanze. Il successo di xenofobi e indipendentisti dall’eurozona apre scenari preoccupanti – per esempio quello di una probabile emulazione della chiusura ungherese all’esodo dei migranti decisa da Orban – e si pone all’ attenzione preoccupata di Bruxelles. A rischio, pensano i progressisti polacchi, è la stessa democrazia e lo conferma il direttore dell’ autorevole quotidiano Gazeta Wyborcza. La comunità europea è sul chi vive e osserva con legittimo timore la tendenza a inseguire nazionalismi, gli episodi di secessione che in poco tempo si sono affermati in Catalogna e in Svizzera, ora in Polonia. Sullo sfondo c’è poi la riflessione amara su Paesi, appunto, come la Polonia, che ricevono aiuti finanziari (anche italiani) e subito dopo si defilano dall’appartenenza al blocco politico che li ha sostenuti per aiutare l’uscita da crisi profonde e serie difficoltà di crescita.

 

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