RESPONSABILITA’ CIVILE DEI MAGISTRATI / PERCHE’ NESSUNO TOCCA MAI LE CARRIERE? MA CI VORREBBE UN CSM…

Magistrati sotto attacco? Toghe nel mirino del governo? Gli interrogativi rimbalzano al convegno nazionale di Bari dell’ANM, dove Angelino Alfano usa il bastone – “dovete fare autocritica” – il guardasigilli Andrea Orlando la carota – “siete fondamentali” – il vicepresidente del Csm Giovanni Legnini inforca codici & cazzuola per commentare: “io sono per la costruzione di ponti: meglio la costruzione che la loro rottura”. E’ forse per questo che “Lego” fa boom e non riesce più a star dietro agli ordinativi: non solo i bimbi vanno pazzi per i mattoncini colorati.

Tra i piatti in tavola, oltre alle rituali intercettazioni, anche la super trita responsabilità civile dei magistrati. Sono una casta di intoccabili o no, le toghe di casa nostra? Qualche piccola “apertura”, nel consueto impenetrabile cemento di autodifesa, emerge da alcuni interventi. Un pm di prima linea alla procura di Napoli, Fabrizio Vanorio, evidenzia “lentezze ed esitazioni della procura generale della Cassazione che spesso coltiva iniziative disciplinari a ‘due velocità’: implacabile per i ritardi di qualche collega, in passato lentissima di fronte a conclamati casi di malaffare”. Secondo il consigliere del Csm ed ex pm di Palermo Giorgio Morosini, “occorre fare una profonda riflessione sul nostro sistema interno, sull’efficacia dei controlli e sull’assunzione di responsabilità da parte di coloro che sono chiamati a vigilare e che in molti casi, evidentemente, non hanno vigilato”.

Ma torniamo alla responsabilità civile. Storicamente una mina vagante, per l’Anm, un ghigliottina che compromette l’indipendenza e la serenità delle toghe nell’espletamento delle loro funzioni istituzionali. “Non si tratta di uno scontro continuo fra magistratura e politica come spesso e volentieri si vuol far credere – osserva un costituzionalista – perchè al di là degli scontri formali, di facciata, esiste da sempre una sorta di patto non scritto fra i due poteri. Piuttosto, è con la società civile che si è aperta una ferita, difficile da colmare se non si adottano i provvedimenti necessari. La Vassalli fu una finta riforma sulle spalle dei cittadini e le ultime riformette sono bazzecole”.

Si torna sempre a monte. Quel referendum tradito, quella volontà popolare finita in discarica. E i freschi “aggiustamenti” ancor peggiori: incomprensibili, contraddittori, in palese conflitto tra un articolo e l’altro, “scritti da qualche abilissimo avvocato ora in Parlamento perchè tutto cambi e nulla mai succeda”.

Qualche interrogativo sorge spontaneo. Possibile mai che sfugga agli “operatori” di giustizia che il problema è di diversa prospettiva? Che per risolverlo sia necessario imboccare un’altra strada?

Circa un anno fa, in un’intervista, il pm di Venezia Carlo Nordio disse poche ma significative parole, che nessuno ha poi più voluto prendere – chissà perchè – in considerazione, cosa che avrebbe risparmiato fiumi di inchiostro e polemiche artificiose. Osservò testualmente Nordio. “Per punire i magistrati colpevoli, le pene pecuniarie sono del tutto inutili. Perchè siamo tutti quanti assicurati. L’unica soluzione è quella di colpire le carriere, anche con la sospensione dal servizio. Per i magistrati questo è l’unico deterrente”.

Giudizio confermato da un magistrato napoletano che per anni ha lavorato alla sezione lavoro, e da alcuni anni esercita la professione di avvocato, Mario Colantonio, nel corso di un dibattito promosso dalla Camera Europea di Giustizia  (in collaborazione con il Consiglio dell’Ordine degli avvocati e dell’Unione italiana forense) al tribunale di Napoli. “Soltanto la sanzione disciplinare può avere un suo effetto – ha sottolineato Colantonio – come il cartellino giallo che gli arbitri mostrano ai giocatori che fanno un fallo. E se succede, poi, anche il cartellino rosso…”. Cinque giornate di squalifica, infatti, si fanno sentire, al contrario di 20 mila euro di multa che per un vip del pallone sono bazzecole. Tutto ciò, ferma restando l’ovvia necessità di risarcire le vittime di malagiustizia.

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E così per le toghe. Cosa sono 50 mila euro di risarcimento quando c’è lo Stato che, dopo un lunghissimo iter, nel caso paga in prima battuta? E una su mille, c’è poi la polizza assicurativa che risolve ogni problema. E allora, dove sta il “timore”, la “ghigliottina”, la perduta indipendenza e serenità? Quindi, solo la via delle sanzioni, il percorso disciplinare.

Ma eccoci al vero nodo, evidenziato da Morosini. I “controlli”, quelli che dovrebbero in teoria “vigilare”. E dove sono? Al Csm. Per la precisione la sezione disciplinare. Ma si hanno mai notizie di rilievo su sanzioni comminate a colleghi? Si contano – negli anni – sulle dita di una mano. Quindi si torna a bomba. “Fino a che avremo questo Csm non andremo da nessuna parte. La Casta continuerà a fregarsene e a dettare legge”.

Intanto i problemi – quelli veri – della giustizia non si risolvono mai. Un esempio tra i tanti, gli affarismi che regnano sovrani in alcuni distretti giudiziari, sul versante “fallimentare”, delle “misure di prevenzione”, di confische e gestioni milionarie di beni mafiosi, come dimostra in modo clamoroso il caso Saguto a Palermo (con una mafia dell’antimafia che finalmente comincia a passare sotto i riflettori). Perchè – come nota Morosini – “già negli anni scorsi ci sono stati episodi in cui magistrati erano coinvolti in cordate di personaggi non limpidi che facevano affari. La magistratura è costruita dello stesso cemento sociale delle altre categorie”.

Chissà perchè solo pochi hanno il coraggio di vederlo.

In apertura, Carlo Nordio. Qui sopra, una foto dal ciclo di seminari sulla responsabilità civile e disciplinare dei magistrati, organizzati dalla Camera Europea di Giustizia, che si svolgono al Palazzo di Giustizia di Napoli, Sala Uif, tutti i giovedì mattina, fino a gennaio.

segui il programma dei seminari

Un commento su “RESPONSABILITA’ CIVILE DEI MAGISTRATI / PERCHE’ NESSUNO TOCCA MAI LE CARRIERE? MA CI VORREBBE UN CSM…”

  1. Giuseppe Tizzani ha detto:

    Leggendo tra le righe ho (solo) recepito che alla fine dovranno essere i cittadini (“unici depredati”) che dovranno (o potranno) risolvere il problema (magari) usando la stessa violenza di cui sono ogni giorno sono fatti oggetto.

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